Si tratta di un volume che intende completare quello che il De Ruggiero dedicò alla “Filosofia contemporanea”, come lo stesso autore afferma nella prefazione. Il testo vuole quindi illustrare le ultime tendenze filosofiche, successive alla pubblicazione del precedente scritto, con esclusione di quelle manifestatesi in Italia, che vi avevano già trovato posto.
Lo stile dell’esposizione riesce in genere particolarmente limpido e scorrevole (tranne forse in qualche passo, dove il testo originale degli autori stranieri trattati si sarebbe potuto rendere con maggiore chiarezza, e nella trattazione di argomenti relativi alle novità della fisica dell’epoca), qua e là punteggiato di affermazioni da cui traspare l’adesione all’idealismo dell’autore, del resto esplicitamente affermata.
Da segnalare come particolarmente “godibile” (letta con gli occhi di oggi) la pesante stroncatura delle idee introdotte dalla psicoanalisi (a fine volume), al limite del sarcasmo e dell’irrisione. Nulla di cui meravigliarsi, quindi, se dettero luogo alle reazioni dei seguaci di Freud, cui il De Ruggiero rispose ancor più sprezzantemente con un breve scritto polemico, riportato nell’ultimo capitolo del volume.
Sinossi a cura di Roberto Rogai
Dall’incipit del libro:
Più di trent’anni fa, in un libro su la La filosofia contemporanea, io cercai di tracciare un quadro delle principali correnti filosofiche che si eran venute delineando nel pensiero europeo durante la seconda metà del secolo scorso e il primo decennio del nostro. Poiché in questo frattempo la carta topografica dell’Europa intellettuale si è sensibilmente mutata, io mi propongo ora di aggiornare il mio quadro con una rassegna della produzione filosofica più recente. Ma, a differenza dal precedente lavoro, cercherò questa volta di trascurare quelle manifestazioni mentali che rientrano soltanto nei quadri professionali e accademici della filosofia, volendomi curare, piuttosto che della compiutezza del disegno, dell’effettivo interesse di qualche particolare.
La filosofia inglese è quella che, dal 1912 ad oggi, presenta un più radicale mutamento di fisonomia. Allora, l’indirizzo dominante era l’idealismo che, da Coleridge a Carlyle, a Stirling, a Green, a McTaggart, a Caird, a Bradley, aveva formato, attraverso tutto il secolo XIX, una solida e ininterrotta tradizione. Pur avendo le sue origini nel romanticismo tedesco, esso era riuscito ad acclimatarsi in Inghilterra ed a trarre dal proprio fondo accenti propri ed originali. E, come tutto ciò che ha una sua ragione essenziale di vita, esso aveva esercitato influssi durevoli anche sulle altre manifestazioni dell’attività spirituale: aveva permeato l’arte, la religione, la storia, e s’era anche imposto alla considerazione degl’indirizzi mentali antagonistici: basti qui ricordare che l’empirista John Stuart Mill, in un momento decisivo del suo sviluppo mentale, aveva sentito il bisogno di rinfrescare, a quella fonte, l’arido benthamismo istillatogli dall’educazione paterna.

