Lauro De BosisRingraziando Daniela Gangale, la volontaria di Liber Liber che ha compilato la biografia di Lauro De Bosis che qui compariva, abbiamo ritenuto indispensabile procedere ad un’integrazione, a seguito del lavoro che abbiamo fatto sull’opera Il ramo d’oro di James George Frazer (che comparirà a breve su Liber Liber), che Lauro De Bosis nel 1925 fece conoscere in Italia, grazie alla eccellente traduzione dell’edizione ridotta del 1922, riduzione curata dallo stesso Frazer.

Adolfo Lauro De Bosis, noto sempre come Lauro, è stato un uomo dai molti interessi e dai molti ingegni. Nato a Roma il 9 dicembre 1901, nella sua brevissima vita ha lasciato un ridotto ma autorevole patrimonio di opere letterarie, di traduzioni e soprattutto un importante esempio di vita.

La famiglia era originaria di Ancona. Dopo il trasferimento a Roma, nella zona presso Portonovo ai De Bosis restava il possesso della Torre Clementina o Torre De Bosis, una torre di guardia sul mare Adriatico a sud del Conero, costruita nel 1716 per volere di Papa Clemente XI Albani, come presidio di avvistamento delle navi nemiche. Il padre di Lauro, il poeta Adolfo De Bosis, l’acquistò alla fine dell’Ottocento, la ristrutturò, la rese una residenza estiva e vi accolse vari poeti, tra i quali Gabriele D’Annunzio. Per Lauro fu un luogo del cuore. Oggi è ancora di proprietà della famiglia ed è sede di un’associazione culturale. È anche uno dei luoghi del cuore del FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano, che la apre al pubblico nelle giornate dedicate.

Il padre di Lauro, Adolfo De Bosis (1863 – 1924), era un dirigente d’azienda e insieme poeta; fondò a Roma, finanziò e diresse la rivista “Il Convito” (1895-1907), che raccolse le firme più illustri dell’epoca. La madre di Lauro era Lilian Vernon (1865 – 1952), nata a Springfield (Missouri), scrittrice, vissuta fin da ragazza in Italia, dove il padre aveva fondato la Chiesa Metodista Episcopale. Se dal padre Lauro ereditò l’amore per le lettere e la poesia, dalla madre prese anche un’innata gioia di vivere, un sereno ottimismo e una grande generosità. Sembra che il motto riportato sui suoi ex libris fosse ”Lauro de Bosis et amicorum liber”. La famiglia De Bosis era composta da sette figli; Lauro era l’ultimo. Ebbe tra i suoi fratelli e sorelle Virginia (1891 – 1988), che sarebbe diventata un’importante islamista; Valente, decorato di medaglia d’argento con i Granatieri di Sardegna nel 1917, passato all’aeronautica e diventato Comandante di una squadriglia di idrovolanti antisommergibili a Palermo; dopo numerose azioni, precipitò nel mare antistante la città; Percy (1893 – 1967), che nel 1943 sposò Donna Brianna Carafa; Elena (1895 – 1963) che tenne un importante salotto letterario; Charis, che sarebbe diventata la madre dell’ambasciatore Alessandro Cortese de Bosis; e Vittorio. La passione delle lettere era in tuttə, genitori, sorelle e fratelli.

Lauro frequentò il liceo classico romano Torquato Tasso – questi studi gli permisero la traduzione di drammi classici direttamente dal greco antico – e si laureò nel 1922 in Chimica all’Università di Roma La Sapienza. Può stupire questa laurea in Chimica, visti i suoi chiari interessi letterari. Ma in realtà egli, oltre a nutrire la speranza che quella laurea avrebbe potuto facilitargli la ricerca di un lavoro che lo rendesse autonomo, era anche molto interessato all’evoluzione della scienza moderna e ai misteri sulla natura dell’universo e dell’uomo e delle sue superstizioni e credenze, dalle quali l’uomo doveva essere liberato. Per questo intraprese la traduzione de Il ramo d’oro di Frazer, che proprio nel 1922 l’antropologo inglese aveva pubblicato in versione ridotta.

De Bosis aveva anche scritto qualche componimento poetico di chiara tendenza dannunziana e aveva tradotto l’Edipo Re di Sofocle; questa traduzione fu pubblicata nel 1924 ma l’anno prima era stata rappresentata all’aperto, nello Stadio Palatino. De Bosis conosceva perfettamente l’inglese tanto da essere invitato, nel 1924, a New York dalla Italy America Society per illustrare in una serie di conferenze la situazione italiana da tutti i punti di vista. Partì per New York pochi mesi dopo la morte del padre. È di quegli anni un bel ritratto che del giovane – almeno la maggior parte della critica crede che sia proprio un ritratto di Lauro – fece il pittore Antonio Donghi (1897 – 1963), il maggiore esponente della corrente pittorica nota come Realismo magico.

Questo soggiorno negli Stati Uniti fu il primo di una lunga serie: nel 1925 a New York Lauro pubblicò la prima traduzione italiana dei tre volumi de Il ramo d’oro di Frazer, nella versione ridotta; nel 1926 tenne un ciclo di lezioni di italiano alla Harvard University di Cambridge (Massachusetts). Lì sono ancora attive e a lui dedicate una “Lauro de Bosis Postdoctoral Fellowship” e, annualmente, un ciclo di lezioni sulla cultura italiana. I corsi sono tenuti in italiano e in inglese; i docenti sono scelti da uno speciale “Lauro De Bosis Committee” istituito dall’Università “in memoria di Lauro de Bosis, poeta e intellettuale che aveva dato la vita combattendo il fascismo.” La creazione della cattedra di ‘civiltà italiana’ fu in particolare promossa da Ruth Draper in ricordo di Lauro. Il primo a tenere un corso fu, nel 1934, Salvemini, nonostante la palese opposizione dei fascisti. Per superare questa opposizione egli si dovette impegnare a fare insegnamento puro di cultura italiana, senza parlare di politica e soprattutto senza raccontare chi fosse Lauro De Bosis al quale la cattedra era intitolata.

Durante i soggiorni negli USA De Bosis si rese conto di quanto fosse forte la propaganda degli italiani all’estero e come questi cercassero di far credere nella bontà del regime fascista, che, asserivano, era fondamentale per poter governare su un popolo che veniva dipinto come “una razza di selvaggi e di delinquenti” (G. Salvemini, Prefazione a Storia della mia morte e ultimi scritti, di Lauro De Bosis), regime che peraltro godeva di simpatie anche tra gli statunitensi. Ne rimase indignato. Si ricordi che il principe Gelasio Caetani, dopo aver partecipato di persona alla marcia su Roma, pochi mesi dopo fu inviato in missione speciale per spendere tutto il suo fascino e la sua esperienza a favore della causa fascista negli USA.

De Bosis era un liberale – liberale nel senso di conservatore di quell’Italia che era nata dal Risorgimento – monarchico e cattolico. Da giovane era stato testimone degli effetti devastanti della prima guerra mondiale, che avevano lasciato un diffuso senso di smarrimento nella popolazione. E, se all’inizio non aveva visto in maniera negativa l’avvento del fascismo, alla prova dei fatti maturò invece un pensiero decisamente critico. A cambiare totalmente la sua opinione furono il delitto del deputato Matteotti (giugno 1924) e la promulgazione delle leggi eccezionali, cosiddette leggi fascistissime (1925–1926). Per questo, come primo atto, curò la traduzione di Antigone di Sofocle, che venne pubblicata nel 1927: la tragedia rappresenta per eccellenza il diritto alla disobbedienza civile di fronte a leggi ingiuste promosse da un despota crudele, rappresentato, in Antigone, dalla figura di Creonte.

Nel 1927 compose un dramma in versi dedicato a Valente, il fratello pilota defunto, dal titolo Icaro. L’anno successivo la composizione ottenne la medaglia d’argento – l’oro non fu assegnato – ai Giochi della IX Olimpiade ad Amsterdam 1928 nella categoria Letteratura. De Bosis si presentò alla competizione anche con il nome alternativo ‘Paulo maiora canamus’. I Giochi Olimpici, è credo cosa poco nota, dal 1912 al 1948 ospitarono anche cinque discipline artistiche, o meglio in occasione delle Olimpiadi vennero organizzati dei concorsi nelle discipline delle arti: architettura, letteratura, musica, pittura e scultura, con relative sottocategorie. Gli elaborati dovevano in qualche modo ispirarsi allo sport. Icaro fu poi pubblicato nel 1930. Il tema, che era stato suggerito dalla madre di Lauro, si ispirava alle opere di Philippe Desportes (1546 – 1606), di Jacopo Sannazaro (1457 – 1530), di D’Annunzio, che ne aveva scritto nelle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi (1903) Ditirambo IV di Alcyone, ma anche all’audace impresa di Charles Lindbergh, il quale nel maggio del 1927 aveva compiuto la prima trasvolata atlantica, in solitaria e senza scali. La figura mitica di Icaro ha sempre peraltro ispirato gli artisti: De Bosis ne aveva fatto l’eroe che sacrifica la vita per ottenere la libertà che il tirannico Minosse gli nega.

Nel 1928 l’Italy America Society assunse De Bosis come segretario esecutivo ma i rapporti con gli iscritti non erano affatto facili: coloro che erano legati al fascismo non condividevano le idee liberali di lui, gli antifascisti osteggiavano la sua idea di cercare un’alleanza tra monarchici, liberali e cattolici contro il regime. Conobbe allora e stabilì una sintonia con il socialista Gaetano Salvemini. In quegli anni conobbe anche ed ebbe un forte legame sentimentale con Ruth Draper (1884 – 1956), nata a New York, bellissima figura di attrice, drammaturga, studiosa della cultura italiana e fervente antifascista, che rimase la compagna della sua vita fino alla fine. In realtà Ruth Draper non era esattamente un’attrice: fin da piccola era affascinata dall’interpretare personaggi caratteristici presi dalla vita di ogni giorno e dal raccontare storie e situazioni inventate, cosa che allora faceva molto volentieri davanti ai suoi piccoli amici. Poi di fatto continuò a farlo tutta la vita. Draper aveva iniziato la sua carriera da professionista abbastanza tardi, nel 1910-11 a circa 35 anni e quando conobbe Lauro – a Roma nel marzo 1928 – era in un momento magico della sua carriera, con recite nei grandi teatri del mondo davanti a tutti i tipi di pubblico, dalle famiglie reali agli operai, sempre accompagnata da un successo enorme. Sarah Bernhardt le chiese perché non recitasse testi scritti e Eleonora Duse le consigliò di non farlo. Nel 1922 aveva incontrato in varie occasioni le due grandi attrici ed aveva tenuto i suoi monologhi anche davanti a loro. Henry James scrisse un monologo per lei, che lei garbatamente rifiutò.

L’incontro con Lauro, preso d’amore al primo istante, sconvolse letteralmente Ruth. Ella scelse di prendersi un periodo di riflessione e partì per gli USA con il transatlantico Île de France per passare l’estate in famiglia. De Bosis partì a sua volta per ritornare al suo incarico all’Italy America Society. Sono gli anni in cui De Bosis tradusse La vita privata di Elena di Troia di John Erskine, Il ponte di San Luis Rey di Thornton Wilder e il Prometeo incatenato di Eschilo. Preparò anche un’antologia della poesia italiana, Golden Book of Italian Poetry, che però vedrà la luce solo postuma, nel 1932, a cura della Oxford University Press.

Nel maggio 1929 Lauro chiese un periodo di licenza e tornò per l’estate in Italia, dove visse intense settimane con Ruth, che nel frattempo aveva accettato la loro relazione. Il loro profondo rapporto ovviamente dovette affrontare anche temi come il matrimonio o l’idea di mettere al mondo dei figli, legami che Ruth si sentiva ‘costituzionalmente’ impossibilitata ad assumersi ma il futuro avrebbe tolto questi temi dall’ordine del giorno. E questo rimase un cruccio per il resto della vita di Ruth. Dopo un periodo di ferie passate anche a Portonovo, tornarono insieme Negli Stati Uniti.

Con un nuovo periodo di licenza estiva, nel 1930, De Bosis andò a Londra e lì venne in contatto con don Luigi Sturzo, già molto attivo nel tentativo di conciliare conservatori e democratici cristiani e decisamente schierato contro il fascismo, tanto da lasciare l’Italia nel 1924 e recarsi in esilio volontario. A luglio del 1930, pur presente Ruth che però cercò sempre di tenere lontana dalla politica, Lauro, insieme con lo storico Mario Vinciguerra (1887 – 1972) e il pubblicista Renzo Rendi, fondò l’associazione segreta Alleanza Nazionale per la Libertà allo scopo di fare attività di propaganda antifascista, attraverso la diffusione tramite la posta di migliaia di messaggi, con una decina di testi diversi, che cercavano di spronare gli italiani a risollevarsi dall’inerzia. Nulla vi era in quei testi che incoraggiasse ad azioni rivoluzionarie, non era assolutamente quello l’intento di De Bosis, ma certo costituiva una critica puntuale rispetto alle leggi liberticide promosse dal regime. Benedetto Croce, pur non facendosi coinvolgere, approvò l’azione di De Bosis. L’Alleanza avrebbe dovuto raccogliere tutte le istanze politiche antifasciste ad esclusione di repubblicani e socialcomunisti. Appoggiarono l’iniziativa importanti personalità. De Bosis cercò di coinvolgere più ambienti possibile come i socialisti riformisti, coloro che parteciparono alla secessione sull’Aventino ed elementi di quello che poi avrebbe costituito il Comitato di Liberazione Nazionale, ma tenendone fuori coloro che ne erano il nerbo e cioè i comunisti e il movimento di Giustizia e Libertà. De Bosis era convinto che la minaccia di una rivoluzione contro la monarchia e la Chiesa avrebbe favorito il regime fascista e che solo un’alleanza che escludesse le forze repubblicane e comuniste ma accogliesse quelle monarchiche, liberali e cattoliche avrebbe potuto aiutare la causa antifascista. Ma se da una parte egli plaudé alla caduta, nelle elezioni del 1931, della monarchia in Spagna – riteneva che se un re non era capace, era necessario deporlo – , dall’altra considerava il cattolicesimo e la religione come realtà di cui tenere conto, valutandone non la spinta ideale ma la forza da utilizzare nella lotta contro il fascismo. Di fatto si può ipotizzare che le idee e l’operato di De Bosis siano state in qualche misura propedeutiche alla seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943 con la quale venne estromesso Mussolini dagli incarichi di governo, piuttosto che al sorgere della Resistenza. Tuttavia, all’indomani della morte tragica di De Bosis nel 1931, tutti, anche gli esclusi, tra i quali spiccano i nomi dei fratelli Rosselli, di Sandro Pertini, di Piero Calamandrei, lo avrebbero ricordato come un eroe per la libertà.

Nell’autunno 1930 De Bosis tornò negli USA per dimettersi dalla Society; ma, alla ricerca di un lavoro che gli permettesse di vivere in Italia, per essere nominato rappresentante in Italia dell’Institute of International Education, organizzazione privata nata nel 1919 per facilitare gli scambi internazionali, gli venne richiesto dall’ambasciatore italiano un atto di fedeltà e di sottomissione al fascismo. Cosa che De Bosis fece con una lettera.

Sul finire del novembre 1930 si imbarcò sul Mauritania, pensando di fare una breve tappa a Londra per incontrare di nuovo Don Sturzo. Ma intanto l’Alleanza Nazionale per la Libertà era stata scoperta ed egli ebbe la notizia degli arresti che ne seguirono, proprio mentre stava per giungere in Inghilterra, il giorno prima di sbarcare a Southampton. Furono arrestati – con il rischio di una condanna capitale –, tra gli altri, la madre di Lauro, anziana e malata, Mario Vinciguerra e Renzo Rendi. Il tribunale condannò Vinciguerra e Rendi a quindici anni di carcere e la madre fu assolta dopo essere stata obbligata a scrivere un atto di sottomissione a Mussolini. La sorella di Lauro, Charis, si decise a convincere la madre a cedere perché, dichiarò, l’amore per la salvezza della madre superava il suo amore per l’Italia. Nella madre Lilian il dolore e la vergogna per il tradimento degli ideali antifascisti con la lettera a Mussolini si sciolse solo nel 1949 quando Salvemini, finalmente tornato in Italia, l’andò a trovare e l’abbracciò. Allora si sentì finalmente perdonata.

De Bosis scatenò una campagna di stampa ma fu tutto inutile. In occasione del processo, tenutosi il 22 dicembre 1930, il documento che Lauro aveva dovuto scrivere negli USA per l’Ambasciatore italiano venne divulgato in aula, screditando De Bosis agli occhi degli antifascisti. Ormai egli non aveva prospettive di lavoro né in Europa né negli USA, dove il suo peggior detrattore fu Arnaldo Cortesi, capo dell’ufficio romano del “New York Times” a partire dal 1922, figlio di Salvatore Cortesi, corrispondente romano dell’Associated Press e sostenitore del regime fascista. Il suo morale era distrutto: dopo il processo scriveva a Ruth di essere “terribilmente deluso di non aver ricevuto una condanna a morte e nemmeno una piccola condanna”… “forse sperano che questa sentenza in sospeso mi induca a stare tranquillo, se è così, si sbagliano di certo” (Storia della mia morte e ultimi scritti, di Lauro De Bosis, a cura di G. Salvemini). In questo periodo molto buio, De Bosis, soggiornò ora in Svizzera, ora a Parigi, ora a Londra e, mantenendosi anche come portiere d’albergo a Parigi, cercava di uscire dalla situazione che si era creata: rientrare in Italia e farsi arrestare? risvegliare in qualche modo i monarchici? immaginare un’eclatante azione dimostrativa, forse nel ricordo di quella di D’Annunzio del 1918 su Vienna (nella quale peraltro il vate non compariva come pilota) o, in particolare, di quella di Giovanni Bassanesi, un giovane antifascista che l’11 luglio 1930 aveva sorvolato Milano, gettando volantini di propaganda antifascista? Sentiva che l’azione avrebbe avuto una motivazione morale, di rispetto per i compagni che erano stati incarcerati, e politica, per dimostrare che la sua lotta non era stata soffocata. Comunque questa azione presentava grandi difficoltà pratiche, economiche, politiche e tecniche. Lauro stesso, in Storia della mia morte, ha scritto che non sapeva neanche guidare una motocicletta. Lauro si mise anche in contatto con Bassanesi ed ipotizzò anche di fare una doppia azione: un altro volo di Bassanesi nel Nord e in contemporanea il suo su Roma.

In quel periodo Salvemini espresse la sua opinione sul fatto che fosse importante che chiunque si sentisse antifascista partecipasse “sotto la propria bandiera e coi metodi propri” alla caduta del fascismo. “Caduto il nemico comune ognuno avrebbe preso la sua strada nel nuovo clima di libertà per tutti.” (G. Salvemini, Memorie di un fuoruscito, Milano 1973, p.161). Cassa di risonanza del suo pensiero fu il numero del maggio 1931 della rivista “Italy To-Day” animata da un gruppo chiamato Friends of Italian Freedom, dedicato in particolare al caso Vinciguerra e Rendi. Un altro numero della rivista fu pubblicato nel novembre-dicembre 1931 dedicato tutto a De Bosis.

Lauro era determinato a compiere la sua impresa aerea. Si mise in contatto con Eric Wilmer Wood, un suo vecchio amico di Harvard ed eroico pilota in pensione, per avere tutti i consigli necessari. Sono veramente interessanti le lettere tra i due riportate da Iris Origo (Bisogno di testimoniare, Milano, 1985, p.73-76). Wood tra l’altro spiegò chiaramente che il pilota avrebbe dovuto avere almeno 600-800 ore di volo alle spalle. Ma Lauro non se la sentiva di coinvolgere un’altra persona in una impresa molto rischiosa e che, con molte probabilità, sarebbe finita tragicamente.

Nel 1931 il monarchico, anticlericale, anticomunista e antifascista, Auguste d’Arsac, proprietario del giornale belga “Le Soir”, gli finanziò un corso di pilotaggio e Lauro il 24 maggio compì il primo volo da solo e subito acquistò un piccolo aereo che sarebbe dovuto arrivare in Corsica con un carico di volantini. Da lì De Bosis, dopo una tappa di rifornimento, sarebbe partito per la sua missione sui cieli di Roma. Non è assolutamente chiaro dalle fonti se a pilotare in questa occasione sia stato lo stesso de Bosis o un altro pilota: Lauro scrive che era solo. Comunque tutto andò a monte perché nel mal riuscito atterraggio sull’isola – siamo nel luglio 1931 – i volantini si sparsero ovunque. De Bosis fuggì in Germania in incognito – si fece passare per Mr. Morris, un eccentrico inglese – e acquistò un altro aereo, che gli istruttori tedeschi portarono fino all’aeroporto di Cannes il 2 ottobre e il giorno dopo all’aeroporto Marignane di Marsiglia. Da lì Lauro decollò e nella serata del 3 ottobre 1931, dopo una discesa “gatton gattoni” – così lo stesso Lauro definì la planata che avrebbe fatto su Roma, in una bellissima lettera alla madre inviata da Londra nel giugno 1931 – lanciò sulla città manifestini indirizzati al re Vittorio Emanuele III, richiamandolo ai suoi doveri nei confronti della libertà della patria. Altri manifestini erano indirizzati agli italiani, ai quali, biasimandone l’inerzia e ricordando i valori risorgimentali, scriveva che “Il disfattismo degli italiani è la vera base del regime fascista”. Il testo diretto agli italiani era datato “Roma, anno VII dal delitto Matteotti”. Calamandrei scrisse (vedi Fonti) che “sulla scalinata della Trinità dei Monti parve quasi che risalisse i gradini tanto volava basso”. Poi De Bosis si diresse verso il Tirreno dove l’aereo, probabilmente rimasto privo di carburante, precipitò. Secondo alcune attendibili testimonianze, sembra infatti che ai due tecnici tedeschi, che avrebbero allestito l’aereo, De Bosis, preoccupato per il peso dei circa 400.000 volantini, avesse detto che sarebbe andato e tornato da Barcellona. L’aereo, Pegaso, fu dunque riempito con meno del carburante necessario. La sera precedente al decollo aveva inviato all’amico e giornalista Francesco Luigi Ferrari una relazione dell’impresa, dal titolo Histoire de ma mort (che Lauro aveva iniziato a scrivere dal giugno 1931), insieme con un gruppo di lettere da inoltrare alla madre, a Ruth e ad altri. Inviò la relazione anche al giornale “Le Soir”, che la pubblicò immediatamente dopo accertata la scomparsa di De Bosis; L’Histoire de ma mort comparve poi sul “Sunday Times” di Londra, il “New York Times” ed altre testate europee. Ruth e la famiglia De Bosis, che avevano sempre nutrito un fortissimo affetto reciproco, ebbero per qualche tempo varie comunicazioni più o meno ufficiali che alimentavano la speranza che Lauro fosse ancora in vita. Poi la triste verità si fece strada.

L’Histoire de ma mort, originariamente in francese, ebbe una prima traduzione in inglese grazie a Ruth Draper; in Italia il testo, con il titolo Storia della mia morte, fu pubblicato una prima volta nel 1948, tradotto da Salvemini con una sua prefazione; una nuova edizione, con documenti inediti, fu edita nel 1995 (ed è quella che qui Liber Liber presenta), con il titolo Storia della mia morte : il volo antifascista su Roma, a cura di Alessandro Cortese De Bosis, figlio di Charis, sorella di Lauro.

Nel testo Lauro scriveva di affrontare volontariamente i rischi e dichiarava che, pur prevedendo la probabilità della sua morte, riconosceva che l’affare, comunque sarebbe andato, sarebbe stato in positivo:

«La mia morte, benché importuna per me che personalmente ho ancora tante cose da completare, non potrà che accrescere il successo del volo.»

Lauro sosteneva nel suo scritto che non sono tanti gli italiani che si ribellano, perché nessuno prende veramente sul serio il fascismo e tutti ne prevedono la prossima fine: quindi tanto vale non sacrificarsi. Calamandrei nella sua testimonianza su De Bosis a questo punto pose il problema “angoscioso e misterioso” del perché, nei momenti difficili e cruciali, il sacrificio individuale sia assolutamente indispensabile perché un’idea trionfi, perché le coscienze si smuovano, perché solo il sacrificio sia capace di trasmettere all’idea una “forza di vita”. Vale dunque l’affermazione, scrisse Calamandrei, che “la verità delle idee si dimostra soltanto col sacrificio della vita”.
Lauro così chiude il suo scritto:

«Se il mio amico Balbo ha fatto il suo dovere, essi ora sono là che mi attendono. Tanto meglio: Varrò più morto che vivo.»

De Bosis aveva alle spalle l’esperienza di una manciata di ore (7) di volo solitario. Né l’aereo né il corpo del pilota furono mai ritrovati. Il volo ebbe una enorme eco nel mondo ma in Italia l’azione venne del tutto censurata. Quando, il 4 ottobre 1931, i giornali internazionali diedero la notizia, l’identità del pilota era sconosciuta e tale rimase per circa una settimana. La sera del 4 ottobre a mezzanotte fu organizzata a Roma una dimostrazione ‘spontanea’ di fedeltà al fascismo. Poi fu pubblicato un brevissimo resoconto dell’accaduto su “Il Tevere” del 7 ottobre, dal titolo Una carogna.

Dal 1933 Ruth Draper, che rimase poi sempre in contatto con la famiglia De Bosis, riprese la sua vita di artista, così come le aveva chiesto Lauro nella sua ultima lettera:

«Non avrei potuto desiderare una soluzione migliore per la mia aspirazione a servire il mio paese e i miei ideali. Se fossi tornato indietro vivo, sarebbe stato soltanto un beau geste. In questo modo è molto di più. Se fossi vissuto, tu avresti fatto per me migliaia di cose. Non vuoi farne ancora solamente una? La mia ultima e più profonda aspirazione? Sii felice e continua la tua splendida vita non come se qualcosa ne fosse stato tolto, ma come se qualcosa ne fosse stato aggiunto.»

In varie città italiane sono intitolate strade e scuole a Lauro De Bosis. L’anniversario del volo viene ricordato ancora dall’Università di Harvard. Thornton Wilder (1897 – 1975), del quale De Bosis aveva tradotto in italiano l’opera The Bridge of San Luis Rey (1927 Premio Pulitzer nel 1928, Il ponte di San Luis Rey) dedicò a De Bosis il romanzo The Ides of March (1948, Le idi di marzo), in cui lo scrittore americano faceva un parallelo tra Giulio Cesare e Mussolini. Nel 2020 è stata pubblicata da Le Lettere l’opera La religione della libertà e altre conferenze americane su Europa e umanismo, che raccoglie anche alcuni saggi di Lauro de Bosis, già tradotti e pubblicati nel 1948 da Salvemini, con note di Vinciguerra, per la collana “Biblioteca Leone Ginzburg” dell’editore De Silva di Torino.

Sono stati prodotti numerosi documentari sulla figura eroica ed indubbiamente romantica di Lauro De Bosis. Ne citiamo due. Nel 1972 la RAI produsse e proiettò un documentario, Le radici della libertà, di Corrado Staiano ed Ermanno Olmi, nel quale viene raccontato l’impegno antifascista attraverso quattro figure rappresentative di diverse tendenze politiche: il parroco don Giovanni Minzoni, il deputato liberale Giovanni Amendola, lo scrittore monarchico Lauro De Bosis, l’esponente comunista Camilla Ravera. Purtroppo il video è molto rovinato e l’intervista a Ravera è quasi inudibile. Il video è reperibile su YouTube. Lo storico Giovanni De Luna ha curato un documentario per la RAI dal titolo Lauro De Bosis. Storia del volo antifascista su Roma (2014) ora visionabile in RaiPlay tra gli Speciali Storia. Giovanni Grasso nel 2021 ha pubblicato un romanzo storico, Icaro, il volo su Roma, nel quale, anche attingendo a materiale d’archivio, racconta la vicenda umana di Lauro De Bosis ed anche la sua storia d’amore con Ruth Draper.

È inevitabile un richiamo, con tutti i distinguo del caso, fra il destino del giovane De Bosis con la figura greca di Icaro e con il destino di Antoine de Saint-Exupéry, autore de Il piccolo principe. Un elemento realmente interessante della figura e della cultura di Lauro De Bosis è proprio la mescolanza tra amore della classicità (vedi le sue traduzioni dal greco antico) e il suo anelito alla modernità: il volo aereo come metafora moderna di Icaro.

Fonti:

  • Sibilla Aleramo, Tre fanciulli, in “La Nuova Europa”, 15 aprile 1945, p. 6
    https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/NUE/NUE02-1500/6/
    Aleramo ricorda con affetto gli incontri avuti con Piero Gobetti, Lauro de Bosis e Leo Ferrero, tutti e tre morti giovanissimi.
  • Mario Vinciguerra, Lauro, in “La Nuova Europa”, 22 aprile 1945, p. 2
    https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/NUE/NUE02-1600/?#2
    Così Vinciguerra chiude l’articolo di precisazione sulle posizioni politiche di De Bosis: “Sui marosi della politica italiana di quegli anni Lauro volò come un gabbiano.”
  • Barbara Allason, Memorie di un’antifascista, Roma, 1946.
  • Gaetano Salvemini, Prefazione a Storia della mia morte e ultimi scritti, di Lauro De Bosis. Torino, 1948. Il libro di Salvemini contiene, oltre al testo di De Bosis, le circolari di Alleanza Nazionale per la Libertà dal luglio al dicembre 1930, il facsimile dei volantini lanciati su Roma, la Relazione sul processo, la Prefazione al Golden Book of Italian Poetry, il testo delle tre conferenze che De Bosis avrebbe dovuto tenere negli USA se fosse sopravvissuto e infine le lettere, dal dicembre 1930 all’ottobre 1931, a Ruth Draper, a Giorgio La Piana (storico antifascista che Lauro conobbe ad Harvard), a Gaetano Salvemini, a Francesco Luigi Ferrari e alla madre.
  • Piero Calamandrei, «Varrò più morto che vivo», (1. ed. 1955). Ora in Piero Calamandrei, Uomini e città della Resistenza, a cura di Sergio Luzzato e prefazione di Carlo Azelio Ciampi. Bari 2006, p. 39-55. Il testo su De Bosis riporta un discorso tenuto da Calamandrei ad Ancona al teatro Goldoni il 25 Aprile 1951. In una Nota al testo, Calamandrei cita la bibliografia utilizzata oltre a Icaro e Storia della mia morte con un cenno biografico scritto da Charis De Bosis, essenzialmente articoli di Romain Rolland, Lionello Venturi, Ernest Barker e Le memorie di un’antifascista di Barbara Allason.
  • Gaetano Salvemini, Memorie di un fuoruscito, Milano, 1960.
  • Iris Origo, Bisogno di testimoniare. Quattro vite e un saggio sulla biografia, Milano 1985, p. 45-137. Le quattro vite di cui scrive Origo sono quelle di Lauro de Bosis, Ruth Draper, Gaetano Salvemini e Ignazio Silone, tutte persone che ella ha conosciuto direttamente. Nel testo sono riportate molte lettere e brani di lettere di De Bosis e Draper raccolte nel libro curato da Neilla Warren The Letters of Ruth Draper : 1920-1956, a Self-Portrait of a Great Actress, New York 1979.
  • Magda Vigilante, De Bosis, Adolfo Lauro, in Dizionario Biografico degli Italiani, v. 33, 1987
    https://www.treccani.it/enciclopedia/de-bosis-adolfo-lauro_(Dizionario-Biografico)/
  • Federica Pinelli, L’Italia vista dal “New York Times” 1947-1951, in “Italia contemporanea”, 1993, n. 193, dicembre, p. 663-690
    https://www.reteparri.it/wp-content/uploads/ic/RAV0053532_1993_190-193_43.pdf
  • Lauro de Bosis, Storia della mia morte : il volo antifascista su Roma, a cura di Alessandro Cortese de Bosis, Roma, 1995. Nell’ampia Introduzione al libro, presente qui in Liber Liber, il curatore analizza quale fu la percezione dell’azione di Lauro de Bosis in coloro che, per motivi politici e storici, cercarono di individuarne nel più profondo le motivazioni.
  • Franco Fucci, Ali contro Mussolini : i raid aerei antifascisti degli anni Trenta, Mursia, 2006.
  • Alessandro Cortese De Bosis, Ricordato a Roma il volo di Lauro de Bosis. Un Eroe della Libertà (2006)
    https://web.archive.org/web/20140503221801/http://www.secondorisorgimento.it/associazione/celebrazioni/voloroma.htm
  • Harvard University. Faculty of Arts and Sciences
    https://rll.fas.harvard.edu/pages/lauro-de-bosis-postdoctoral-fellowship
  • Ancona, I luoghi della Memoria, progetto del Sistema museale della Provincia di Ancona in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, 2011
    https://web.archive.org/web/20140523230626/http://www.musan.it/news/vis_news.php?id_news=694
  • Università di Harvard, De Bosis Lectureship, 2018
    https://canvas.harvard.edu/courses/38200/pages/de-bosis-lectureship
    Qui sono illustrate esattamente le relazioni tra De Bosis e l’Università di Harvard
  • A proposito dell’assegnazione della medaglia olimpica
    https://www.olympedia.org/athletes/920850
    https://web.archive.org/web/20170707082214/http://www.sports-reference.com/olympics/athletes/de/lauro-de-bosis-1.html
  • Wikipedia
    https://it.wikipedia.org/wiki/Lauro_De_Bosis (Ultimo agg. Novembre 2024)

Note biografiche a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi.

NOTA: In caso di riproduzione di tutto o parte di questo testo, si prega cortesemente di citarne l’autrice e Liber Liber.

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

 
autore:
Lauro De Bosis
ordinamento:
De Bosis, Lauro
elenco:
D