Milli o Milly Dandolo(1), pseudonimo di Emilia Dandolo, nacque a Milano nel 1895, in una famiglia benestante di origine veneta. Poco dopo la sua nascita la famiglia si trasferì a Venezia. Il padre Alessandro era un chirurgo, sposato con Elvira Janna, dalla quale ebbe tre figlie. I primi studi di Emilia furono a Castelfranco Veneto; poi entrò in collegio a Padova. Era chiaramente portata per la letteratura se già nel 1909 collaborava con “Il passerotto”, supplemento del settimanale per bambine e bambini “Il giornalino della Domenica”, diretto da Luigi Bertelli, noto come Vamba e autore de Il giornalino di Gian Burrasca. Nel 1922 Dandolo ricorderà con affetto questa ‘collaborazione’ in un racconto, Storia di un uomo grande e di una bambina piccola, pubblicato su “Il giornalino della Domenica”. Nel 1913 Treves editò il primo volume di Dandolo, Poesie, per il quale Vamba scrisse la prefazione. Già in questo esordio poetico emerge la vena malinconica e rassegnata ma anche l’attenzione alla forma che segneranno tutta la successiva produzione letteraria. Camilla Bisi, in Poetesse d’Italia, presente in Liber Liber, la definisce “la poetessa della sua giovinezza”.

Nel periodo di guerra, i Dandolo si rifugiarono a Firenze per poi trasferirsi a Venezia, città che, con le sue atmosfere magiche, misteriose e a volte cupe, farà da sfondo a molti dei romanzi della scrittrice.

Passata alla narrativa, a lei più confacente e verso la quale l’aveva spronata Giuseppe Fanciulli (1881-1951), succeduto a Vamba nella direzione de “Il giornalino della Domenica”, Dandolo pubblicò numerosi romanzi per adulti e libri per ragazze e ragazzi, nei quali si riscontra l’influsso della formazione cattolica e conservatrice dell’autrice. La scelta di occuparsi di editoria per ragazze e ragazzi era spesso dettata, oltre che da motivi educativi, anche da ragioni di tipo economico: già da allora quel tipo di mercato editoriale era più remunerativo, e su di esso si concentravano molte case editrici. I temi sui quali si concretizzarono le idee educative di Dandolo erano la laboriosità, il buon senso, l’economia di risparmio; a questi temi affiancò un’opera di divulgazione delle narrazioni più popolari legate al cattolicesimo. La ricca produzione di libri per ragazze e ragazzi, spesso con un apparato iconografico frutto dell’opera di raffinati illustratori, a partire dagli anni ’50 e ’60 perse inevitabilmente interesse, con l’emergere di una nuova concezione dell’infanzia e di composizioni di autori come Rodari e Calvino.

Nei romanzi per adulti, dedicati soprattutto alle giovinette, la scrittrice ribadiva i valori della famiglia e dell’impegno tra le mura della casa. In questi libri è presente il tema del dolore come elemento inscindibile dalla vita, che solo attraverso l’innocenza e la fantasia delle piccole e dei piccoli può essere alleviato. Il tono è decisamente più doloroso, disperato, spesso straniante e riprende il carattere delle poesie giovanili, ma presente, come detto, anche in alcune prose per ragazzǝ. Di questo ambito letterario fanno parte una novella, Amara come la morte (1920), il primo romanzo, Il figlio del mio dolore (1921), Il vento nella foresta (edito nel 1922) e numerosissimi altri romanzi. Il tema del dolore è una costante, pervade ogni forma di amore dove si mescola anche con l’odio: più si odia e più si ama, più si ama e più si odia. Spesso le donne di Dandolo sono deboli, incapaci di crearsi una vita propria, prede di uomini scialbi o mascalzoni. L’unico modo di sopravvivere è rassegnarsi, rinunciare, vivere in maniera schizofrenica nell’unico ruolo di madre, estraniandosi da tutto il resto, in un clima fascista che voleva le donne mogli e madri. Peraltro è proprio la debolezza della donna a renderla incapace e quindi innocente, dove anche la religione si rivela spesso sorda ad ogni richiesta di sostegno. Questi temi sono ricorrenti nelle prose di Dandolo fin dal suo primo romanzo e seguiteranno nella vasta produzione successiva che però tenderà ad essere sempre più asciutta, elementare, quasi ossessivamente ripetitiva.

Ancora giovane sposò il critico musicale Eugenio Gara (1888-1985), con il quale avrà il figlio Giuliano. Nel 1926 pubblicò Narra il Nostromo, storie e leggende marinaresche, racconti di gusto ‘marinaro’ scritti a quattro mani con il marito, che era di origine genovese. Trasferitasi la famiglia a Milano, Dandolo collaborò a giornali e riviste; tra questi “La Gazzetta del Popolo”, “L’Illustrazione Italiana”, “La cultura moderna”, “La Lettura”. Fu anche preziosa traduttrice dal francese (tra i vari testi Paolo e Virginia di Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre. Milano, Fratelli Treves, 1930) e dall’inglese (tra le varie opere Peter Pan in Kensington Gardens e Peter and Wendy di James Matthew Barrie, editi in un unico volume. Milano, 1939 – Lettere di Katherine Mansfield. Milano, 1941 – alcuni brani tratti da Il diario di Samuel Pepys 1659-69, con la prefazione di Emilio Radius. Milano, 1941). Purtroppo a volte curò anche riduzioni delle opere italiane e straniere, per renderle a suo giudizio adatte ad un pubblico giovanile, riduzioni che compaiono nelle raccolte Piccoli racconti e Racconti per i più piccini (1932), Il mio novelliere (1934), Contanovelle (1935), tutti ben illustrati da Carlo Parmeggiani, Aleardo Terzi, Pinochi.

Nel 1934 Rizzoli affidò a Dandolo, in qualità di redattore capo, e a suo marito, come direttore responsabile, la nuova testata “Novellino – romanzi e racconti per i ragazzi”, ad affiancare il popolare settimanale “Novella” e la nuova casa di produzione Novella Film, ma il periodico per ragazzi chiuderà dopo meno di un anno.

Da due suoi romanzi furono tratti film omonimi, entrambi usciti nel 1941: È caduta una donna, diretto da Alfredo Guarini, con la sceneggiatura di Ugo Betti e Sandro De Feo e, tra gli interpreti, Isa Miranda e Rossano Brazzi, e La fuggitiva, con la regia di Piero Ballerini, i dialoghi di Salvator Gotta e la recitazione di Anna Magnani.

Morì a Milano nel 1946, dopo tre anni di malattia, ma fu attiva fino all’ultimo, lasciando il marito e il figlio. Fanciulli, che di Dandolo fu grande amico, la descrisse come una donna genuina e di tradizione classica, dedita alla famiglia, al figlio:

«semplice nel tratto, nella parola, nelle abitudini, tra le quali scherzosamente ostentava quelle della massaia […]. Semplice di gusti; appassionata per la musica e sopra a tutto per il suo lavoro» (Scrittori e libri per l’infanzia. Rist., Torino, 1954 , pp. 142-143)

Nel 1951 fu pubblicata dalla Società Editrice Internazionale di Torino una raccolta di poesie di Dandolo, La scatola armonica. Poesie per i ragazzi, con la presentazione di Fanciulli.

Fonti:

Note biografiche a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS


(1) Si è scelta la forma Milli Dandolo, come attestato nella lista delle Voci di autorità. Nomi dell’Istituto Centrale del Catalogo Unico del Servizio Bibliotecario Nazionale italiano.

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Il figlio del mio dolore
    Questo primo romanzo di Milli Dandolo, feconda scrittrice di testi anche per l’infanzia, ha già in sé una vena malinconica, svolta con una particolare attenzione alla forma, con un’indubbia languidezza decadente ma senza riflessi dannunziani, che si ripeterà in tutta le sue opere.
 
autore:
Milli Dandolo
ordinamento:
Dandolo, Milli
elenco:
D