Thomas De Quincey, nacque nei dintorni di Manchester il 15 agosto1785. Il padre, Thomas, di tendenze liberali e attivo anche con scritti nella battaglia contro lo schiavismo, era importatore di tessuti e vino, specialmente dal Portogallo. La madre si chiamava Elizabeth Penson.
Ragazzo studioso dotato di formidabile memoria, mal si adattava alla città commerciale di Manchester dove frequentò il liceo. Abbandonò la scuola, dove l’avevano messo i tutori dopo la morte del padre per tubercolosi, nel 1802, e passò un anno vagando nelle montagne del Galles. Studiò poi a Oxford, soprattutto greco, latino, i filosofi tedeschi e i classici inglesi, ma ancora una volta non completò gli studi e fuggì prima di laurearsi. Studiando le lingue scandinave scoprì le vestigia di queste nel dialetto del Westmoreland.
Agli anni dell’università risale la sua abitudine ad assumere oppio inizialmente per combattere una dolorosa nevralgia. Rimase a vivere a Londra con gravi stenti, finché non potè ereditare le sostanze paterne; e conobbe Wordsworth, Coleridge e Southey e per un periodo visse ospitato da Wordsworth a Dove Cottage, nella zona dei laghi, dove venne trattato come uno di famiglia.
I poeti «laghisti» si risentirono poi per la pubblicazione di alcuni saggi (raccolti solo nel 1948 da E. Sackville-West sotto il titolo: Recollections of the Lake Poets, ma apparsi precedentemente su riviste e in raccolte parziali) che contenevano osservazioni talvolta sarcastiche; a loro giudizio De Quincey abusò, rivelando particolari della loro vita privata, della loro ospitalità e amicizia.
De Quincey fu profondamente segnato nell’infanzia e nella prima giovinezza dalla perdita di tre giovani donne: un’amata sorella (aveva sette tra fratelli e sorelle), una prostituta diciassettenne, Ann, che nel periodo di povertà londinese lo aveva più volte soccorso e aiutato, e Caterina Wordsworth, che morì prima di compiere i quattro anni, per la quale De Quincey nutrì un affetto quasi morboso. Il ricordo di queste tre figure femminili fu presente durante tutta la sua esistenza e colpì profondamente la sua immaginazione. Di Ann, che perse di vista in seguito ad un’assenza casuale, disse che preferiva immaginarla morta piuttosto che “perduta nell’oscurità centrale di un bordello di Londra”.
Sposò la figlia di un piccolo agricoltore della zona dei laghi ed ebbe da lei otto figli. L’eredità paterna si esaurì abbastanza presto e per il resto della vita si mantenne scrivendo saggi per vari periodici, e spesso si trovò con la sua famiglia in grossa difficoltà economica.
I suoi saggi coprono un arco di argomenti molto vasto, compresa la critica letteraria. Essi apparvero soprattutto in: «West Midland Gazette» (1818-19); «London Magazine» (1821-25); «Blackwood’s Magazine» (1826-28, 1830-34, 1837-45, 1849); «Tait’s Magazine» (1833-41, 1845-48, 1851); «Hogg’s Instructor» (1850-53); e «Titan» (1856-57).
La sua opera più famosa è il lungo saggio autobiografico Confessions of an English Opium Eater (1821), riveduto e molto ampliato nel 1856. Più che un’autobiografia, è uno studio del funzionamento dell’immaginazione sotto lo stimolo dell’oppio, e delle fantasticherie che esso induce spesso in forma di un incubo che evoca una o più delle tre ragazze morte, un tema ricorrente anche nei suoi Suspiria de Profundis (1845). Si distingue per il suo senso dello stile e per la sapiente articolazione musicale dei suoi lunghi periodi, ed anche per la sua capacità di unire al macabro il suo senso dell’humour.
Il suo unico romanzo, Klosterheim, or The Masque (1832) è meno riuscito, rifacendosi ai modelli più sensazionali di certo romanticismo tedesco.
I suoi saggi più noti sono spesso inclusi in antologie: The English Mail Coach (1849; Il postale inglese, Bologna 1984) è un esempio interessante di prosa ritmica che ha fornito forse qualche spunto a Dickens per la descrizione della corsa del treno in Dombey & Son; in entrambi gli autori è presente il fascino esercitato dalla morte, e il mezzo di trasporto è paragonato alla corsa della vita umana nel tempo.
In Murder Considered as one of the Fine Arts (1827-39), la fantasia perversa di De Quincey si rivela in pieno, e vediamo il gioco del paradosso che affascinava i decadenti ed anche un’analisi profetica delle ragioni della fortuna dei libri gialli nel mondo anglosassone.
Altri saggi famosi sono On the Knocking at the Gate in «Macbeth» (1823), The Spanish Military Nun (1847) e Revolt of the Tartars (1837).
Fu anche traduttore dal tedesco con “libertà quasi medievale” – come afferma Borges –; infatti ampliava e illustrava con esempi concreti. Tradusse Laocoonte di Goethe che “dota di un’eloquenza di cui è carente il rigoroso testo originale”. In realtà disprezzava Goethe che giudicava una superstizione passeggera; apprezzava invece molto di più Jean Paul Richter, tranquillo sognatore oggi quasi dimenticato.
L’influenza di De Quincey è avvertibile nei decadenti inglesi, soprattutto Pater e Wilde, e, in Italia, in Gabriele D’Annunzio.
Morì a Edimburgo l’8 dicembre 1859.
Fonti:
- D. Masson, Introduzione a The Collected Writings, Edimburgo 1859.
- E. Sackville-West, A Flame in Sunlight, the Life and Work of Thomas De Quincey, Londra 1936.
- J.L. Borges, Introduzione in Avventure di una monaca vestita da uomo, Parma 1975.
- B. Melchiori, voce Thomas De Quincey in GDE, Torino 1992.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- L'assassino ed altre prose
In questa conosciutissima opera di De Quincey l’ironia swiftiana è coniugata con quell’aspetto comico che inerisce allo stile più che al fatto e che De Quincey deriva dallo Sterne di Tristam Shandy. Il tutto nello spirito rarefatto del tipico humour inglese. - Bussano alla porta di Macbeth
Ed altre prose
Carlo Linati (curatore e traduttore) sceglie, tra la sterminata produzione di De Quincey, alcuni scritti particolarmente interessanti che spaziano appunto dalla riflessione letteraria, a quella autobiografica, fino ad annotazioni di tipo storico.