Il testo, di Euclide, è stato tradotto da Niccolò Tartaglia.
In senso stretto questi tradotti da Tartaglia (1543) non sono Gli Elementi come li conosciamo oggi. L’editio princeps del testo greco di Oxford, ad opera di David Gregory, è del 1703, posteriore quindi di quasi due secoli. Tartaglia conosceva invece Euclide attraverso due traduzioni latine: la prima, dall’arabo, era di Giovanni Campano da Novara, un matematico che era stato anche cappellano di Urbano IV (sec. XIII); la seconda, dal greco, opera di Bartolomeo Zamberti, era molto differente dalla precedente ed era stata stampata a Venezia nel 1505.
Tartaglia ha cercato di creare un’opera omogenea, in base a criteri di tipo matematico, mettendo insieme le traduzioni del Campano e dello Zamberti. Il risultato, a giudizio di Frajese e Maccioni (curatori di una edizione degli Elementi, UTET, 1970) non fu coronato del tutto da successo. Poco dopo la traduzione di Tartaglia, venne pubblicata un’edizione latina, da antichi manoscritti greci, di Commandino da Urbino; il quale diede poco dopo avvio a una nuova traduzione italiana. L’edizione di Commandino, assieme a quella oxfordiana, è considerata la più autorevole. In dettaglio, gli Elementi di Euclide sono in tredici libri; Tartaglia ne ha tradotti due di più (sembra che gli ultimi due siano di Ipsicle, un matematico del II secolo a.C.).
Ugualmente, c’è un postulato di più (Tartaglia li chiama “petitioni”): quelli di Euclide sono cinque, Tartaglia ve ne aggiunge un sesto (“due linee rette non chiudere alcuna superficie”).
Fra l’altro, ai tempi di Tartaglia l’autore non era l’Euclide matematico. Si pensava che l’autore de Gli Elementi fosse “Euclide megarense”, ossia il filosofo Euclide di Megara, vissuto nel V-IV secolo a.C. Il matematico è invece vissuto all’incirca un secolo dopo. Ma formalmente Tartaglia ha tradotto un testo del megarense, non del matematico di Alessandria.
Il testo è tratto da una copia in formato immagine presente sul sito “Gallica, bibliothèque numérique de la Bibliothèque nationale de France” (http://gallica.bnf.fr/).
Si ringrazia la Biblioteca Queriniana di Brescia (http://portale.comune.brescia.it/Istituzionale/Settori/biblioteche/) che ha consentitola riproduzione digitale della copia in suo possesso.
Si ringrazia l’Università di Pisa (http://www.unipi.it/) che ha fornito copia digitale di quattro diverse edizioni dell’opera, utilizzate per il controllo dei refusi presenti nell’edizione 1565 da noi utilizzata.
Note sul testo a cura di Ferdinando Chiodo.
Dall’incipit del libro:
PERCHE uediamo honoratissimo Signor mio, come la natura ci ha formato la parte interna di tal sorte, che chi o per naturale uiuacità o per dottrina conosce le conditioni de gli huomini, sa molto bene di esser tenuto di far piacere all’huomo delqual solo si uede essere corrispondente nel comunicare i benefici, io che per diuina gratia, sempre sono compiacciuto di giouare, per le forze mie, al stato humano, ho fatto con molta diligenza stampare l’Euclide in lingua uolgare, tradotto da Nicolo Tartaglia Brisciano, huomo nelle Mathematice dottrine, tanto eccellente & raro, per scientia & pratica, che i dotti di tale arte tengano per fermo lui solo hauer inteso le sottilità & le oscure sententie di Euclide, & anco i ueri fondamenti della Mathematica, ne’ quali hanno preso tant’errore quelli che auanti lui si sono auantati di hauerlo fin dalle radici ottimamente inteso; il che si uederà nel suo comento dottissimo.


