Questo libro di divulgazione scientifica fu pubblicato in Italia probabilmente nel 1916 (la data non è certa) per la traduzione di Enrico Somaré (l’opera francese dal titolo Les merveilles de l’instinct chez les insectes era comparsa nel 1913), ed è arricchito con diverse fotografie di Paul Fabre, figlio dell’autore. Si tratta di una antologia di scritti, in parte già pubblicati tra i Ricordi entomologici e in parte inediti, relativi a diversi insetti (ed altri animali quali ragni e scorpioni) studiati dall’entomologo. Fabre, a differenza di molti suoi colleghi, preferiva osservare il comportamento “in vivo” degli animali, prima di eventualmente analizzarlo in vitro, uccidendoli e sezionandoli solo se e quando indispensabile per verificare quanto il comportamento osservato gli suggeriva. Questa, come altre opere tratte dai Ricordi, è opera a carattere divulgativo, pensata per avvicinare i ragazzi alla scienza, ed il linguaggio preciso e scorrevole la rende particolarmente leggibile ed apprezzata.
In tutto il libro ricorre la considerazione che dà il titolo all’opera: gli animali, in particolare quando si tratta di organizzare la sopravvivenza della propria discendenza, sono capaci di operare in maniera straordinariamente sofisticata. Sono in grado di prevenire “accidenti” che potrebbero causare la morte delle larve, una volta dischiuse le uova che hanno deposto, e assicurare in modi (apparentemente) ingegnosi una abbondante fornitura di cibo che consenta loro di svilupparsi in adulti, dopo le metamorfosi che la specie prevede. Esaminando superficialmente questi comportamenti, si potrebbe pensare ad una intelligenza particolare che guidi le varie specie nel momento della deposizione delle uova. Ma Fabre ci mostra che non è così, queste “decisioni”, che metteranno i discendenti in grado di superare le avversità possibili, sono guidate non da un “ragionamento”, nemmeno elementare, ma da un istinto che per ogni specie prevede di evitare certe categorie di pericoli particolarmente frequenti – e non altre che lo scienziato crea appositamente.
Il libro contiene le osservazioni relative a tredici animali, dall’empusa ai necrofori, dalla mosca turchina ai ragni, la lucciola ed il bruco del cavolo. Ogni osservazione è descritta attraverso una sequenza di ipotesi avanzate, la loro verifica e relativa modalità di osservazione, con frequenti modifiche all’ipotesi iniziale se le osservazioni la smentivano. E per fare le osservazioni, Fabre ricrea nella sua casa un laboratorio dove reti e campane di vetro mantengono gli animali in condizioni controllabili, in terrario o simile, fino al verificarsi dell’evento che si vuole studiare, ad esempio la deposizione delle uova e la successiva nascita dei bruchi, la cattura di una preda, e così via.
Se Fabre riesce sicuramente a infondere nel lettore l’apprezzamento per il metodo scientifico su cui si basano i suoi studi, e se la comparsa occasionale del figlio Paul, menzionato come giovanissimo aiutante, fa comprendere quanto un giovane possa appassionarsi alla scienza sperimentale, la maggior parte dei lettori avrà però bisogno di una accortezza: leggere lontano dai pasti! La precisa descrizione dei “pasti” che l’insetto effettua, o predispone per quando le sue uova si schiuderanno, comprende spesso osservazioni su animali morti o morenti, tanto dettagliate quanto generalmente poco confacentesi all’appetito.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Questo io desideravo, hoc erat in votis: un angolo di terra, oh! non molto grande, ma recinto e sottratto agli inconvenienti della pubblica via; un angolo di terra abbandonato, sterile, bruciato dal sole, favorevole ai cardi e agli imenotteri. Là, senza timore d’essere disturbato dai passanti, avrei potuto interrogare l’ammofilio e la sfegina, dedicarmi a quel difficoltoso colloquio, la domanda e la risposta del quale hanno per linguaggio l’esperimento; là, senza spedizioni lontane che divorano il tempo, senza corse penose che snervano l’attenzione, avrei potuto combinare i miei piani d’attacco, architettare le mie imboscate e seguirne, ogni giorno, ogni ora, gli effetti. Hoc erat in votis; sì, questo era il mio voto, il mio sogno, sempre accarezzato, sempre sfumato nella nebulosità dell’avvenire.

