Opera burlesca in 30 canti, recupera la tradizione del poema cavalleresco, ma rileggendo le consuetudini in chiave satirica. Il Ricciardetto godette di una certa popolarità durante il Settecento e l’Ottocento e assicurò fama postuma al suo autore. Fu scelto dal librettista Francesco Berio di Salsa come fonte letteraria per l’opera Ricciardo e Zoraide di Gioachino Rossini.
Dall’incipit del libro:
Io credo, donne, a cicalar da insano,
Quando veggo le cose de’ mortali
Talor soggette a qualche caso strano,
Che al vecchio Giove si rompan gli occhiali,
O che in quel punto gli cadan di mano,
E che allora ci assalgan tutti i mali:
Come fa il lupo che al destriero sbruffa
L’acqua negli occhi, e nel collo l’acciuffa.
Perchè non so capir che gusto s’abbia
Egli, che tanto amico è del piacere,
D’amaro fiele bagnarci le labbia,
Perchè il buon vino non si possa bere;
E dove è pace, seminar la rabbia;
E di cavalli e d’aste e di bandiere
Coprire i piani; e le messi bramate
Vedere ove percosse, ove bruciate.
E le procelle e l’altre traversìe,
Che ci vengono sopra a tutte l’ore,
Calcoli, gotte, ed altre malattìe
Che c’empiono d’affanno e di dolore,
Creder dovrò ch’egli dal ciel c’invìe?
E pur le manda per segno d’amore;
Anzi che sono agli uomini da bene
Sospette l’allegrezze e non le pene.

