Alfredo Gargiulo nacque a Napoli il 2 maggio 1876.

Si diplomò in matematica al corso biennale dell’Università di Napoli, ma si dedicò, subito dopo il servizio militare come allievo ufficiale, agli studi letterari, collaborando, dal 1904 al 1910, alla «Critica» del Croce con articoli e con recensioni di critica letteraria, di critica d’arte e di estetica. In questo periodo, sempre residente a Napoli, scrisse poesie in dialetto, strinse amicizia con Salvatore di Giacomo, tradusse pregevolmente la Critica del giudizio di Kant. Le poesie di questo periodo sono state poi radunate, nel 1934, nel volume Nuvole Rosse.

Nel 1910 si trasferì a Roma, dove visse per il resto della sua vita – ad eccezione del periodo della prima guerra mondiale – lavorando come bibliotecario presso l’Istituto internazionale di agricoltura. Fu a Roma che Gargiulo entrò decisamente in contatto con le avanguardie letterarie del primo dopoguerra collaborando fra l’altro, alla «Ronda»; questa collaborazione gli consentì di conoscere e dialogare con, tra gli altri, Cardarelli, Emilio Cecchi, Bacchelli, Savinio e queste frequentazioni contribuirono non poco al suo progressivo distacco dal crocianesimo giovanile, del quale troviamo sicura traccia nella sua prima opera, il saggio su Gabriele D’Annunzio (1912); in questo saggio l’applicazione del metodo crociano trova la sua dimensione più compiuta, rigorosa ma quasi scolastica: la distinzione, nell’opera dannunziana, dei valori poetici, dopo averne separate e giustificate le parti giudicate come negative per falsità artistica e morale. Nell’edizione del 1941, curata dallo stesso autore, ci sono nuovi saggi che portano a maggiore spessore e sistematicità il discorso critico sullo scrittore abruzzese.

La collaborazione con la rivista «La Ronda» fu un’esperienza particolarmente significativa perché Gargiulo, grazie al suo eclettismo culturale, aveva affinato una sensibilità che era portatrice di una efficace sintesi tra i suoi vivi interessi speculativi, filosofici e artistici oltre che letterari. Il dialogo de «La Ronda» con Croce ebbe alterne vicende ma la rivista sottoscrive comunque sino in fondo la distinzione crociana fra estetica e vita privata. In antitesi con il futurismo e il suo attivismo (anarchia bolscevica, secondo Cecchi) la letteratura sta separata dalla politica e dalle sue mistificazioni letterarie; l’unico “dovere civico” dello scrittore consiste nello scrivere “belli e buoni libri senza preoccuparsi d’altro”.

Significative le collaborazioni di Gargiulo con «Nuova Antologia», con scritti sui rapporti tra Hegel e Benedetto Croce, Olindo Malagodi, Giuseppe Mormino e Eugenio Montale. Per quest’ultimo scrisse la prefazione all’edizione del 1928 di Ossi di Seppia. Per Ungaretti scrisse invece un saggio critico che accompagna la prima edizione di Sentimento del tempo.

Ungaretti rappresentava per Gargiulo l’esemplificazione di quello che era il passo di superamento del concetto di intuizione lirica – che considera troppo generico – contrapponendogli l’importanza dell’elaborazione tecnica nella nascita dell’opera d’arte, che in sinergia con la coscienza critica dell’autore lo porta al completamento del suo lavoro poetico attraverso un meticoloso esercizio di stile. L’influenza di queste riflessioni si scorge anche in Falqui e Capasso; in Il Fiore della lirica italiana dalle origini ad oggi, la lirica viene configurata come “poetica estetica” proprio in assonanza con le premesse postcrociane del Gargiulo, e per il ’900 si riduce alla serie Cardarelli, Saba, Montale, Ungaretti, scartando l’“intellettualismo” di Onofri e l’“impressionismo” di Govoni.

Nella sua raccolta di studi sulla Letteratura italiana del Novecento (1940) nell’indagine critica viene quindi attribuito il posto centrale e preminente all’aspetto linguistico e alle situazioni formali, pur non perdendo di vista il rapporto concreto con l’espressione del sentimento e le emozioni umane: “il fondo umano di uno scrittore e i suoi motivi genuini”. L’ideale dello stile viene visto in rapporto all’“arte letteraria” che deve essere considerata «come strettamente, esclusivamente, arte, arte della parola». Certo che queste sue motivazioni lo portano talvolta e estremi di bizzarria o paradosso critico: per esempio, parlando di Gozzano e del suo Verso la cuna del mondo, Gargiulo si domanda se, in questa prosa, i sentimenti dello scrittore, in virtù di un’elaborazione meno sostenuta, non trovassero per avventura espressione più genuina che in molte poesie.

Tutto questo servì poi a R. Longhi per affermare che la separazione da Croce portò Gargiulo ad “impigliarsi in escogitazioni sempre più involute e tecnicistiche” (Omaggio a Benedetto Croce), mentre G. Contini dice: “Critico, applicò con oltranza consequenziaria il metodo crociano di «poesia e non poesia» e della monografia caratterizzante, portata verso il limite del saggio contesto di pure citazioni, alla letteratura contemporanea, guardata con la simpatia che mancava al Croce”. (Letteratura dell’Italia unita 1861-1968).

Gargiulo appare comunque decisamente più complesso e organico di, ad esempio, Solmi o De Robertis (Scrittori del novecento) e mette a frutto la dialettica scaturita da esperienze estetiche e di riflessione.

Mentre per la poesia la personificazione di quella che per Gargiulo era l’essenzialità lirica fu Ungaretti, per la prosa l’autore esemplare fu Emilio Cecchi, al quale dedicò tra l’altro un saggio nel 1937. Nello stesso anno iniziò a collaborare alla neonata rivista di Alessandro Bonsanti «Letteratura»; nel numero 2 infatti fu pubblicato un suo saggio su Sainte-Beuve. Nel 1945 Giacomo De Benedetti salutando, in testa alla nuova serie dei Saggi critici, “l’aurora della libertà” – tecnicamente e umanamente più difficile a viversi della schiavitù – non manca di ricordare “lo scambio vicendevole e quasi perfetto tra il proprio gusto e il gusto dei coetanei” facendo esplicito riferimento al Gargiulo della Letteratura italiana del Novecento e al Serra delle Lettere.

In sintesi si può dire che pur nel tentativo importante di innovazione teorica, Gargiulo rimane in fondo essenzialmente crociano; dopo il saggio su D’Annunzio, rimane l’interprete più coerente del gusto del ritorno all’ordine che maturava nell’ambiente de «La Ronda», fornendo apporti che rimarranno fondamentali nell’intendimento della nuova poesia e della prosa d’arte (Ungaretti e Cecchi); ma proprio questa sua fedeltà a una linea di esperienze letterarie ben determinata e un certo schematismo attinente alle stesse sue intenzioni di severità metodica, hanno contribuito a limitare la pur presente apertura della sua sensibilità, per cui non si può non notare la sua persistente diffidenza da un lato verso il frammentarismo vociano e lo sperimentalismo delle prime avanguardie e dall’altro verso il nuovo realismo narrativo.

Morì a Roma l’11 maggio 1949.

Le pagine di estetica di Gargiulo sono raccolte nel volume postumo Scritti di estetica (1952); postumo uscì pure un libretto di riflessioni, pagine autobiografiche, note di diario: Tempo di ricordi (1955) significativamente prefato da Emilio Cecchi. In entrambi i casi fu decisivo l’interessamento della vedova di Gargiulo, Olga Fabrello. La conoscenza tra Olga Fabrello ed Emilio Cecchi datava fino dagli anni ’20 del secolo scorso, quando Olga – allora fidanzata di Gargiulo – gestiva la pensione White, in via Vittoria Colonna.

Fonti:

  • M.C. Angelini, M. Bruscia (a cura di), Antonio Baldini, Emilio Cecchi. Carteggio 1911-1959. Roma 2003.
  • N. Sapegno, Linee della critica novecentesca, in Storia della letteratura italiana, Milano 1987.
  • G. Contini, Un anno di letteratura, Firenze 1942.
  • L. Russo, La critica letteraria contemporanea, Bari 1943.
  • G. De Benedetti, Saggi critici 2a serie, Roma 1945.
  • G. Savarese, Alfredo Gargiulo, in I Critici III, Milano 1969.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Gabriele D’Annunzio
    Studio critico
    Alfredo Gargiulo esprime la convinzione che D’Annunzio abbia vissuto un’intima tragedia: di natura fortemente sensuale, egli ambiva ad elevarsi al di sopra di questa sua fisicità, cercava vie d’uscita che gli permettessero di penetrare nell’animo umano (come i romanzieri russi e francesi) e di esprimere un pensiero profondo, una sua visione del mondo, e credette di trovare questa via d’uscita nel “superominismo”.
  • Tempo di ricordi
    Pagine di annotazioni e appunti, pubblicate postume, sono state raccolte dalla moglie dell’autore e prefate dall’amico Emilio Cecchi: note personali e intime dalle quali traspare l’umanità del critico napoletano.
 
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Alfredo Gargiulo
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Gargiulo, Alfredo
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