“Spaventosa esperienza” viene definita da Giancarlo Vigorelli la lettura di questo libro.
Nel suo Carte d’identità così prosegue parlando di questa raccolta di scritti: “Paginette ansimanti, sguarnite di gusto quanto più sembrano affidarsi soltanto a chissà quali raffinatezze, balordamente liriche come neppure osavano i più aridi calligrafi[…]”. Impietoso certamente ma non lontano da una obiettiva condivisibilità.
Queste pagine di annotazioni e appunti, pubblicate postume, sono state raccolte dalla moglie dell’autore, Olga Fabrello, e prefate dall’amico Emilio Cecchi. Sono note personali e intime dalle quali non può non trasparire l’umanità del critico napoletano, la sua capacità d’osservazione, la sua sensibilità e finezza di pensiero. Salviamo dalla gabbia “crociana” nella quale l’autore volontariamente si colloca, le pagine di La guerra e le donne nelle quali l’immediatezza delle sensazioni riesce almeno a tratti a penetrare nel vivo e a sovrastare lo studio e la scuola che invece annebbia quasi sempre la sua ricerca dell’esprimersi direttamente.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Il reduce dai lontani paesi, fu primo a riconoscere l’ex-compagno di scuola: anche fu primo all’abbraccio, con grande impeto.
L’altro, tra sorpreso e stordito, badò solo a quella eccitazione, in cui credette di sentire qualcosa di preesistente, non provocato dall’incontro.
Né gli attenuarono l’impressione le parole, che pur suonavano sincere: – Son giunto stamane, e pensavo di non vedere altri che te: eccoti!
Quasi non ebbero luogo le naturali reciproche domande del caso; perché il viaggiatore mostrò subito una fretta di muoversi, andare, e come di continuare un cammino, che l’altro sulle prime sperò diretto ad una meta. Mentre fu sicuro poco dopo, non senza sgomento, che a nulla era diretto.
Trascinando il compagno in una specie di corsa disordinata, stretto con sempre maggior peso al braccio di lui, il viaggiatore riviaggiava tra i ricordi affluiti in ressa.
Nel confuso racconto di avventure e paesi, affari, donne, intercalava parole e frasi straniere. Alzava la voce d’improvviso, fuori tono, attirando la curiosità dei passanti; più gestiva quando meno era necessario. Ogni momento pareva aggredire con nuovo accanimento lo sforzo stesso ch’egli faceva per comunicare.
Scendeva fredda la sera di novembre: eppure egli sudava, e con la mano libera gesticolante si asciugava spesso il rinascente sudore.

