Un estratto dall’opera La vita italiana nel Trecento. Conferenze tenute a Firenze nel 1891.
Dall’incipit del libro:
Uno dei fatti più notabili della storia intellettuale e morale dei popoli cristiani nel medio evo si è la produzione di quello sterminato numero di leggende, varie d’indole, di significato e di forma, che furono allora tanta parte della credenza e della letteratura; e uno dei fatti più notabili della storia intellettuale e morale degl’Italiani in quella età si è che, meno di ogni altro popolo dell’Occidente, essi cooperarono a tal produzione. Non già che abbiano, generalmente parlando, ignorate o sgradite quelle pie od eroiche finzioni; ma il più delle volte si contentarono di riceverle dai vicini, già belle e formate: e se le ripeterono spesso con devozione ed amore, tradotte nella loro favella; se, non di rado, le rimaneggiarono e le ampliarono, acconciandole ai propri sentimenti e bisogni, non però si diedero gran fatto pensiero di accrescerne la vasta e prestigiosa congerie. Rubando i vocaboli al linguaggio delle industrie e dei traffici, si potrebbe dire che gl’Italiani consumarono molte leggende e ne produssero poche; ne importarono in copia e ne esportarono assai scarsamente.
Le maggiori leggende, così sacre come profane, le quali ebbero corso nel medio evo, e furono, per secoli, patrimonio comune della cristianità, nacquero, pressochè tutte, e crebbero fuori d’Italia.
Il testo è tratto da una copia in formato immagine presente sul sito Opal libri antichi di Torino, http://www.opal.unito.it/psixsite/default.aspx.

