Il testo è stato preparato in collaborazione con Giuseppe Bonghi, responsabile del sito “Biblioteca dei Classici Italiani” (http://www.classicitaliani.it/), e con Dario Zanotti, responsabile del sito “Libretti d’opera italiani” (http://www.librettidopera.it/).
Dall’incipit del libro:
CAV.
Fabrizio, a dirti il vero, non so quel ch’io mi faccia;
S’io rechi questo foglio, s’io il celi, o s’io lo straccia.
Tu sai la mia passione, tu vedi il mio periglio.
Vuò, prima di risolvere, sentire il tuo consiglio.
FAB.
Caro signor padrone, dissimular non voglio.
È stato un gran disordine aprir codesto foglio.
Vostra zia, poverina, prima della sua morte,
Vi prega quel viglietto portare a suo consorte.
Le date la parola, da cavalier qual siete,
E poi, contro la fede, l’aprite e lo leggete?
Io vi dirò, signore, qual soglio in confidenza,
È stata una sonora poetica licenza.
CAV.
È vero, io non doveva aprir questo viglietto,
Ma non saprei l’arcano, s’io non l’avessi letto.
Da Napoli partito l’altr’ieri per trovare
La zia, senza il consorte, nel feudo a villeggiare,
Da un mortale accidente la ritrovo assalita,
Che in forse lungamente ci tien della sua vita.
Sa che là mi condussi per questa causa sola,
Per chiedere alla madre in sposa la figliuola.
Da lei, che disponeva, sperai la grazia pronta,
Sperai di conseguirla di mio germano ad onta;
Che se per esso inclina della fanciulla il padre,
Molto potea giovarmi il prevenir sua madre.


