Dall’incipit del libro:
ZEL. Lindoro. (chiamandolo, dopo essere stati un poco senza dir niente)
LIN. (scrivendo) Cosa volete?
ZEL. (lavorando) Avete molto da lavorare questa mattina?
LIN. Sì, molto.
ZEL. Caro marito, non vorrei che il troppo applicare vi facesse del male.
LIN. (scrivendo) Quando bisogna, non mi risparmio.
ZEL. Ma sollevatevi un poco: respirate un momento, parlate un poco con me.
LIN. Lasciatemi scrivere, non ho volontà di parlare.
ZEL. In verità, Lindoro, voi mi date non poca pena. È qualche giorno che vi vedo taciturno, inquieto. Cos’avete mai che vi turba, che vi molesta? In un mese che siamo marito e moglie, pare che la vostra tenerezza per me si sia raffreddata.
LIN. No, Zelinda, v’ingannate, vi amo sempre più, e non cesso di ringraziare il cielo che siate mia.
ZEL. Ma da che proviene questa vostra tristezza?
LIN. Non so; ho qualche cosa che mi dà pena… Vedete bene, mio padre non ha voluto approvare il mio matrimonio. Malgrado le lettere e le preghiere del signor Don Roberto, non ha voluto riconoscervi ancora per nuora, non mi ha ancora assegnato niente per vivere, e siamo tuttavia obbligati a servire.


