Traduzione dall’inglese di Nicolò Bettoni.
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Dall’incipit del libro:
La morte di Giuliano aveva lasciato in una situazione molto dubbia e pericolosa gli affari dell’Impero. S’era salvato il Romano esercito per mezzo di un ignominioso e forse necessario trattato1; ed i primi momenti di pace del pietoso Gioviano, destinati furono a restaurare la domestica tranquillità della Chiesa e dello Stato. L’indiscretezza del suo predecessore, invece di conciliare, aveva fomentato ad arte la guerra di religione, e la bilancia, che affettò di mantenere fra le ostili fazioni, non servì che a perpetuar la contesa, con le vicende di speranza e di timore, e con le reciproche pretensioni di antico possesso e di favore presente. I Cristiani avean dimenticato lo spirito del Vangelo; ed i Pagani s’erano imbevuti di quel della Chiesa. Nelle famiglie private si erano estinti i sentimenti della natura dal cieco furore dello zelo e della vendetta; era violata la maestà delle leggi, o se ne abusava; le città dell’Oriente venivan macchiate di sangue; ed i più implacabili nemici de’ Romani si trovavano in seno al loro paese; Gioviano era stato educato nella professione del Cristianesimo; e nella marcia, che fece da Nisibi ad Antiochia, lo stendardo della croce, il Labaro di Costantino, che fu di nuovo spiegato alla testa delle Legioni, annunziò al popolo la fede del nuovo Imperatore.




