Eugenio Giovannetti nacque ad Ancona il 25 febbraio 1883. Il padre si chiamava Paolo e la madre Amalia Giacopelli.

Compì a Bologna gli studi universitari laureandosi dapprima, nel 1905, in lettere e successivamente nel 1911 in legge. Durante il soggiorno bolognese divenne collaboratore de “Il Resto del Carlino” e nel 1908 diede alle stampe il suo primo libro di novelle, I sette peccati; sempre del 1908 è lo studio Andocide. Un pittore di donne e di eroi, che è certamente il lavoro più articolato e completo sul noto ceramista attico che visse nel sesto secolo avanti Cristo, fu attivo soprattutto tra il 540 e il 520 a.C. e fu innovatore importante soprattutto nella tecnica decorativa “a figure rosse”. Quest’opera del Giovannetti è consultabile in Internet Archive (https://archive.org/details/unpittoredidonne00giov).

Conobbe e frequentò Alfredo Oriani e si avvicinò ad ambienti portatori di idee spiritualistiche di contenuto tradizionale e mistico e concretizzò questo suo interesse collaborando e dirigendo per un breve periodo, affiancando Timoteo Salaroli, la rivista “San Giorgio. Giornale dei nuovi romantici”, in realtà giornale sorto tra la fine del 1912 e il 1913 in polemica con i futuristi e sostenitore di un integralismo cattolico e “imperialista”; al giornale collaborarono anche Domenico Giuliotti, Federigo Tozzi, Ferdinando Paolieri. Giuliotti e Tozzi in realtà non stimavano molto Salaroli e Giovannetti, come emerge da una lettera di Antonino Anile a Alberto Cappelletti. I dubbi nascevano soprattutto per influsso del Paolieri che sconsigliava ai due il proseguimento della collaborazione con la rivista. Il “San Giorgio” in realtà veniva sfruttato dai direttori soprattutto per esprimere risentimento verso letterati sgraditi, e questa era sostanza un po’ debole per mantenere in vita una rivista che infatti scomparve rapidamente. Una delle ultime polemiche che poté innestare fu in seguito all’articolo Futurismo becero nel numero di febbraio 1913.

Prese parte alla prima guerra mondiale, senza interrompere la sua attività di scrittore; è del 1917 Il tramonto del liberalismo che ricevette parole di apprezzamento da parte di Benedetto Croce. Il testo, disponibile in questa biblioteca Manuzio, tenta una abbastanza audace sintesi tra aspetti storici e religiosi, individuando le origini dell’ideologia liberale in taluni aspetti del cosmopolitismo evangelico.

Sposatosi nel frattempo con una soprano americana che dopo il matrimonio decise di abbandonare la carriera artistica, si trasferì a Roma subito dopo la guerra. Qui poté intraprendere una vivace attività giornalistica collaborando con “Il tempo” – giornale sul quale tenne la rubrica di attualità politica e letteraria Satyricon –, “Il giornale di Roma” e, se pur marginalmente con articoli in materia di arte, con la prestigiosa rivista letteraria “La ronda”, diretta da Antonio Baldini, Emilio Cecchi e Vincenzo Cardarelli.

Una antologia dei pezzi pubblicati su “Il Tempo” fu edita da “La Voce” di Prezzolini con il titolo, appunto, di Satyricon. Nonostante gli apprezzamenti di buona parte della critica non è possibile ignorare i limiti di questi scritti troppo spesso filtrati attraverso un eccesso di moralismo abbastanza deteriore.

Negli anni ’20 diede alle stampe alcuni volumi di novelle, certamente atipiche, di contenuto satirico e sempre permeate di garbata ironia, spesso riprese e rielaborate da pezzi giornalistici già pubblicati in precedenza. Ricordiamo ad esempio Il libro degli innamorati inverosimili, disponibile in e-book in questa biblioteca Manuzio, ma anche La compagnia della satira, e Quand’amai la prima volta. Confessioni dei più illustri contemporanei. Questa attività gli valse la possibilità di comparire nella nota antologia di Enrico Falqui, Capitoli. Per una storia della nostra prosa d’arte del Novecento.

Giovannetti legò il suo nome anche al successo delle rubriche di attualità letteraria, ospitate dal “Giornale d’Italia”, “Arabeschi” e “I punti sugl’i”. Nel 1923 curò un’antologia del Burchiello (Le più belle pagine del Burchiello e dei burchielleschi).

A Roma, abitando Giovannetti in via Gregoriana, la sua casa fu, tra il 1924 e il 1927, sede di un salotto letterario aperto anche a musicisti e uomini di teatro. In quegli anni si andava affinando in lui una attenzione particolare per il mondo dello spettacolo, che iniziò a concretizzarsi con alcuni lavori teatrali come Il dramma del n. 77 rappresentato nel 1923 con musica di Guido Sommi Picenardi, scene di Enrico Prampolini e protagonista Jia Ruskaja. Questo “mimodramma” satirico si incentra sulla vicenda di due topi d’albergo che si introducono nelle stanze di una famosa ballerina, ma vengono colti sul fatto dalla stessa che inizia, ad uso dei due ladri, una danza seducente e conturbante. I due marioli si innamorano istantaneamente e per disputarsi le grazie della splendida danzatrice si uccidono a vicenda. Il cameriere richiamato dal campanello suonato dall’artista spazza via con indifferenza i due cadaveri. Certamente il successo fu determinato dalla presenza di Jia Ruskaja, allora sulla cresta dell’onda, ma lo spirito allegorico sull’arte e sull’estetica, irraggiungibili per i due ladri, è tutto opera dell’ingegno del Giovannetti. In anni di poco successivi abbiamo la commedia Paulette e lo “Sketch radiotelefonico” Ciaccona, che fu poi sviluppato in racconto e compreso, nel 1927, in Sirene in Vacanza.

Nel 1926 il suo Paolina Bonaparte fu ospitato nella famosa collana “Profili” dell’editore Formiggini. Nel 1934 pubblicò per le edizioni Ardita un libretto dedicato a Goffredo Mameli, Il fabbro degli inni. Nel 1942, nella collana “Eroi e avventure della nostra guerra”, fu pubblicato L’ultimo Volo. Vita eroica del Generale Cagna, dedicato all’aviatore che fu abbattuto dalla contraerea britannica che cercava di rafforzare le posizioni maltesi poco dopo l’entrata in guerra dell’Italia.

L’interesse di Giovannetti per il mondo dello spettacolo lo condusse presto a interessarsi di cinema, nuova forma d’arte che negli anni ’20 dello scorso secolo attirava sempre più il mondo della cultura. I suoi articoli di critica e teoria cinematografica sono ospitati dalle più prestigiose riviste: “Pegaso”, “Nuova Antologia”, “Comoedia”, “Scenario”. Questa attività ebbe il suo culmine nel saggio del 1930 Il cinema e le arti meccaniche che ancora oggi viene letto e considerato tra i più importanti contributi sui temi della tecnica di produzione di un film, non trascurando tuttavia il cinema come fenomeno sociale e come sintesi tra arte e industria, sintesi mediata dalle altre arti “meccaniche” come fotografia, tecnica del suono, radiofonia.

Negli anni trenta intensificò la sua attività letteraria “classica” traducendo in pratica l’intera opera di Cicerone. Tradusse inoltre nel 1932 il libro di Friedrich Gundolf Caesar. Storia della sua fama. Nel corso di questa traduzione iniziò a conoscere Bachofen che per lui rappresentò il concretizzarsi della sintesi spirituale tra elementi religiosi e naturali alla quale da sempre mirava. Per farsi un’idea più chiara di questo percorso si può leggere il breve saggio Oriani patriarcale disponibile in questa stessa biblioteca Manuzio.

«…il culto per la Madre significa, nella mens bachofeniana, un ideale estetico-morale cristianamente accessibile a tutte le classi, dall’alta alla umile […] di fronte a qualunque nuova tracotanza di esaltatori del patriarcalismo ariano, […] la moralità costitutiva d’un popolo non può essere che maschile e femminile insieme».

Questa “scoperta” condusse Giovannetti a sviluppare le idee, che dalla citazione che ho riportata si possono già intuire, nel volume del 1937 La religione di Cesare; questo lavoro rappresenta in ogni caso l’apice culturale di un percorso che era stato costellato da articoli e conferenze sul tema dei rapporti tra i culti “matriarcali” e la nascita e lo sviluppo di Roma antica. Il punto nevralgico, lo snodo decisivo che individua l’autore, risiederebbe nella ricomparsa dei culti matriarcali dell’area mediterranea tramite la devozione di Cesare per Venere Genitrice; prende tuttavia le distanze da alcune implicazioni in direzione di una spiritualità “degenerata” che gli paiono implicite nel pensiero di Bachofen. A questo proposito le sue considerazioni più importanti sono contenute nell’articolo comparso su “Nuova Antologia” nel 1938 Teatro dell’uno e dell’innumerevole.

Con la traduzione nel 1944 del breve testo di Bachofen Il popolo licio – che è la prima traduzione italiana di un testo di questo autore – inaugurò l’intensificarsi di una attività che lo portò, a metà degli anni ’40, spesso per la prima volta, a presentare in lingua italiana, prevalentemente per l’editore Jandi Sapi, opere come: H. James, I documenti Aspern (1944); J. Steinbeck, La lunga vallata (1944); M. Proust, La precauzione inutile (1945); J.M. Cain, Serenata (1945); D.H. Lawrence, L’amante moderno. Racconti (1945); A. Gide, L’immoralista (1947). Per Bompiani invece tradusse Lettere d’amore perdute e altri racconti di Gottfied Keller e per le edizioni Colombo il capolavoro di Theodor Fontane Effi Briest. Tutte queste traduzioni sono precedute da saggi introduttivi spesso interessanti. Quelle, tra le citate traduzioni, che sono di pubblico dominio possono essere scaricate dalla biblioteca di questo stesso progetto Manuzio.

Collaborò con “Il giornale d’Italia” fino alla sua morte avvenuta a Roma il 1° maggio 1951.

Fonti:

  • G. Izzi: voce Eugenio Giovannetti in Dizionario biografico degli Italiani.
    https://www.treccani.it/enciclopedia/eugenio-giovannetti_(Dizionario-Biografico)/
  • F. Sallusto: Itinerari epistolari del primo Novecento. Cosenza 2006.
  • A. D’Amelia: Pantomime e parodie russe al teatro degli Indipendenti di A.G. Bragaglia. In “Testi e Linguaggi”, n. 7, 2013.
  • Il primo futurismo. In “Lavoro Critico” n. 25. Bari 1982.
  • F. Tozzi: Carteggio con Domenico Giuliotti. Firenze, 1988.
  • E. Giovannetti: La religione di Cesare. Milano 1937.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Il libro degli innamorati inverosimili
    In questa raccolta di novelle, che già permette di percepire l'interesse per la cultura classica e per il mondo dello spettacolo dell'autore, risalta il gusto per il satirico e il grottesco nella descrizione dei vari 'oggetti' verso i quali può essere indirizzato l'innamoramento.
  • Oriani patriarcale
    In questo importante saggio, l’autore tratteggia lo spirito “patriarcale” di Oriani, in contrasto con atteggiamenti matriarcali dei grandi letterati del romanticismo. In embrione qui si possono trovare i concetti che l’autore, riprendendo le tesi dell’antropologo Bachofen, svilupperà ne La religione di Cesare.
  • Il tramonto del liberalismo
    Pubblicata nel 1917, in questa opera l’autore affronta il tema del liberalismo e della sua nascita attraverso impulsi di tipo religioso ed esplicita le ragioni di un’evoluzione di esso in liberal-democrazia. Scrive: «Il vero liberalismo non è altro che il prodotto storico, l’essenza ideale stillata da questo perenne processo dissolutivo della Riforma.»
 
autore:
Eugenio Giovannetti
ordinamento:
Giovannetti, Eugenio
elenco:
G