Concepita nel 1610, l’opera ebbe un tempo di composizione molto lungo, dovuto principalmente a periodi di infermità dello scienziato ed in seguito, a causa della condanna da parte del Sant’Uffizio nel 1616, al timore di dichiarare troppo apertamente la sua adesione al sistema copernicano. Dedicato a Ferdinando II de’ Medici, granduca di Toscana, il Dialogo, articolato in 4 giornate, si svolge tra il fiorentino Filippo Salviati, portavoce di Galileo, il veneziano Giovan Francesco Sagredo, uomo di ingegno e di idee progressiste, ed il peripatetico Simplicio, dalla rigida impostazione scolastica.
Nella prima giornata si discute del moto, nella seconda si entra nel vivo del sistema copernicano, nella terza si affronta la teoria delle stelle fisse e nell’ultima si apre il dibattito sul flusso e riflusso del mare, secondo Salviati-Galileo uno degli argomenti più forti a favore del sistema eliocentrico. Il Dialogo fu completato all’inizio del 1630 ma dovette superare molti problemi per avere l’approvazione ecclesiastica, per assecondare la quale fu mutato il titolo originale (Dialoghi attorno al flusso e reflusso del mare) e vennero cambiati alcuni passaggi. Pubblicata il 21 febbraio 1632 a Firenze, l’opera venne aspramente perseguita da papa Urbano VIII, che ne vietò la diffusione ed intimò a Galileo di presentarsi a Roma, dove venne sottoposto al famoso processo che lo costrinse all’abiura.
Il testo di riferimento che abbiamo utilizzato e l’Edizione Nazionale delle Opere di Galilei, riportano in forma di nota alcune frasi o interi periodi che Galilei riportò a margine di una copia del “Dialogo” (ora conservata presso la Biblioteca del Seminario di Padova). Al fine di garantire la massima leggibilità del testo in edizione elettronica, questi brani sono stati inseriti nel corpo del testo, compresi tra parentesi quadre. Nella terza edizione il testo è stato accuratamente confrontato col volume VII dell’Edizione Nazionale delle Opere di Galileo, a cui l’edizione Einaudi faceva riferimento.
Dall’incipit del libro:
INTERLOCUTORI:
Salviati, Sagredo e Simplicio
SALV. Fu la conclusione e l’appuntamento di ieri, che noi dovessimo in questo giorno discorrere, quanto piú distintamente e particolarmente per noi si potesse, intorno alle ragioni naturali e loro efficacia, che per l’una parte e per l’altra sin qui sono state prodotte da i fautori della posizione Aristotelica e Tolemaica e da i seguaci del sistema Copernicano. E perché, collocando il Copernico la Terra tra i corpi mobili del cielo, viene a farla essa ancora un globo simile a un pianeta, sarà bene che il principio delle nostre considerazioni sia l’andare esaminando quale e quanta sia la forza e l’energia de i progressi peripatetici nel dimostrare come tale assunto sia del tutto impossibile; attesoché sia necessario introdurre in natura sustanze diverse tra di loro, cioè la celeste e la elementare, quella impassibile ed immortale, questa alterabile e caduca. Il quale argomento tratta egli ne i libri del Cielo, insinuandolo prima con discorsi dependenti da alcuni assunti generali, e confermandolo poi con esperienze e con dimostrazioni particolari. Io, seguendo l’istesso ordine, proporrò, e poi liberamente dirò il mio parere; esponendomi alla censura di voi, ed in particolare del signor Simplicio, tanto strenuo campione e mantenitore della dottrina Aristotelica.




