Gherardo GherardiGherardo Gherardi nacque il 2 luglio 1881 in una frazione di Granaglione, piccolo centro dell’Appennino tosco-emiliano dove il padre Ludovico faceva il maestro di scuola dopo che in gioventù era stato avviato al sacerdozio, abbandonato alla vigilia di prendere i voti. Il padre rappresentava, soprattutto agli occhi del piccolo Gherardo, primo di cinque figli, l’intellettuale tipico della fine ottocento, uscito dal popolo e “assurto” alla piccola borghesia a prezzo di sacrificio e con la virtù come unico strumento. Già al paesello il padre Ludovico era direttore di un piccolo giornaletto cattolico; si trasferì a Bologna dove divenne redattore de «L’Avvenire d’Italia» senza tuttavia abbandonare la scuola, ché la necessità di sostentare la numerosa famiglia non consentiva altra scelta.

Gherardo si dedicò per volere paterno agli studi commerciali e divenne ragioniere. Ma la sua esperienza professionale come contabile durò solo due mesi. Nelle sue memorie parla della sua vocazione letteraria già in quegli anni, ma la necessità di aiutare economicamente la famiglia lo spinse a perfezionare la sua stenografia per poter entrare a lavorare nello stesso quotidiano dove lavorava il padre. Fece questo lavoro per otto anni, sempre studiando per cercare una strada diversa.

Prese la licenza liceale e si iscrisse all’università alla facoltà di lettere senza però riuscire a conseguire la laurea, complice la guerra per la quale fu riformato a causa del fisico gracile e assegnato a un ufficio. Dopo la disfatta di Caporetto chiese di nuovo, inutilmente, di essere destinato all’arma combattente. Scrisse: “Il socialismo che tentò la svalutazione della vittoria alla quale avevano contribuito con sangue vivo tre dei miei fratelli, mi nauseò”.

Nel frattempo era passato nella redazione del giornale e nel 1917 divenne caporedattore; il giornalismo aveva ormai assorbito le sue migliori energie di quegli anni. Si trasferì per brevi periodi prima a Milano con il giornale «L’Italia» e poi a Pisa al «Messaggero Toscano». Rientrò a Bologna per occuparsi al «Resto del Carlino», dove rimase dal 1922 al 1935 percorrendo le tappe della carriera giornalistica fino a diventare capo redattore.

All’inizio degli anni ’20 aveva composto i suoi due primi testi teatrali firmati con pseudonimo (G.M. Gysterton) L’ombra e Il naufrago rappresentati da una filodrammatica locale. Di quegli anni sono anche il libro di novelle I passeggeri di Caronte e i pensieri e impressioni raccolti in Né mosche né zanzare.

Nel 1922 fu tra gli ideatori del Teatro sperimentale bolognese diretto da Lorenzo Ruggi che fu un punto di riferimento importante per i giovani autori italiani. Nello stesso anno scrisse una commedia insieme a Attilio Frescura, 9, 21, 37, per tutte le estrazioni che fu rappresentata dalla compagnia veneta di Gianfranco Giachetti.

Ma la consacrazione sulle scene nazionali avvenne con la sua prima opera di più vasto impegno, Vertigine. Tale opera viene accolta dalla critica con il riconoscimento dello spirito inquieto ma robusto, se pur con qualche riserva. Passano due anni prima che venga messa in scena una nuova opera, Il Focolare, che fu rappresentata in tutta Italia dalla compagnia di Ermete Zacconi; fu un grande successo e venne subito ripresa da altre compagnie.

Dopo queste prime due esperienze ispirate al dibattito ideologico del periodo, nel 1926 affronta invece la strada della favola fantastica con Don Chisciotte.

Inizia quindi un periodo di intensa attività teatrale: Tragedia contro luce, Spanezz, che è un ritorno al teatro dialettale, Il Burattino, L’Ippogrifo (rappresentato anche con il titolo La Principessa tua madre) nelle quali prevale nuovamente l’elemento fantastico e per le quali il consenso della critica è pressoché unanime. L’anno successivo scrive Ombre cinesi dove prevalgono ironia, amara comicità e divagazioni verbali. Seguono Viaggiare in incognito, Truccature, Questi ragazzi, quest’ultima un grandissimo successo. In questa fase Gherardi sembra voler mitigare le sue inquietudini rafforzando nel contempo le qualità di osservazione contemperate alla precisione nell’utilizzare le risorse del mestiere. Su Questi ragazzi valga di esempio per le reazioni della critica quanto disse Renato Simoni: “La commedia vale per la finezza e le giunture del suo dialogo che danno ai fatti una profonda risonanza. Vi si dice assai più delle parole che vi si adoperano. […] Non v’è mai la ricerca di effetto. Il rispetto dell’arte trattiene l’autore drammatico anche nel punto in cui sarebbe di efficacia più facile sviluppare apertamente, audacemente, una scena. Nulla v’ha di troppo: vi si dice quello che si doveva dire”. Mattoli trasse un film da questa commedia nel 1937.

Nel 1932 esce un secondo libro di novelle, Cartoni animati.

Nel 1935, acuendosi il clima asfissiante che il regime aveva ormai imposto al giornalismo, lasciò Bologna e, appunto, il giornalismo. Si trasferì a Roma contando sulle sole risorse finanziarie della liquidazione e dedicandosi esclusivamente alla stesura di opere teatrali.

Tra il 1935 e il 1942 diede alle scene ben dieci commedie. La più nota è senza dubbio I figli del marchese Lucera – che forse prese spunto da un fatto di cronaca. Seguono: L’arcidiavolo; Partire; Passabò, vita perduta; Le stelle ridono; Autunno; Lettere d’amore; Cappuccetto rosso; Oro puro; Fuga dal castello in aria. Sono tra le migliori commedie del teatro italiano di quel periodo. Fuga dal castello in aria, rappresentata nel pieno della guerra, mette fine alla sua stagione più prolifica.

Nello stesso periodo aveva lavorato alla sceneggiatura di alcuni tra i più noti e importanti film del cinema italiano del periodo diretti da De Sica: Teresa Venerdì, I bambini ci guardano, Ladri di biciclette. Ebbe anche un’unica esperienza alla regia, insieme a A. Rossi, dirigendo Il nostro prossimo, tratto dalla commedia di Testoni.

Tornò a scrivere alla fine della guerra e, se pur sfiduciato e minato nel fisico, ebbe subito un nuovo successo con Non fare come me. Seguono alcune commedie rimaste inedite e Il nostro viaggio incentrata sul dramma della guerra e di una madre in attesa del figlio caduto in battaglia e che lo riconosce in un prigioniero nemico. Con questo dramma vinse il premio radiofonico Linetti.

A soli cinquantasette anni, moriva a Roma il 10 marzo 1949. La vedova, Pina De Antoni, vissuta per altri vent’anni, si adoperò attivamente per mantenere vivo il ricordo del marito.

Troviamo le commedie inedite in appendice alla pregevole tesi di dottorato, presso la Università degli studi di Urbino Carlo Bo, della Dott.ssa Agnese Maresca, Un teatro dietro le quinte. Le drammaturgie inedite di Gherardo Gherardi, https://ora.uniurb.it/retrieve/handle/11576/2643511/43447/phd_uniurb_257154.pdf.

Fonti

  • G. Pacuvio; Introduzione a Sei commedie, Rocca San Casciano, 1953.
  • R. Gandolfi, G. Martini; Le forbici di Gherardi: scritture per scena e schermo tra le due guerre. Porretta Terme, 1998.
  • «Il Resto del Carlino», 16 dicembre 1969.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • I figli del marchese Lucera
    È forse la più nota delle commedie di Gherardi, grazie anche alla fortunata trasposizione cinematografica del 1938 di Amleto Palermi. Gherardi sostenne che l’idea gli venne da un fatto di cronaca. Un nobile ormai anziano ed economicamente in dissesto in seguito a una vita dissoluta individua, grazie alla collaborazione di un compagno di gioco e di dissipazioni, dei “figli di ignoti” che abbiano raggiunto una solida posizione economica; facendo leva sulla loro aspirazione alla “legittimità” li riconosce e mette su in questo modo una bizzarra famiglia. Finché viene fuori che la fidanzata di uno di questi “figli” è veramente sua figlia.
  • Né mosche, né zanzare
    Confessioni di un uomo di provincia
    Raccolta disordinata ma ironica e leggera di divagazioni alla ricerca di un punto di osservazione sul mondo.
  • Ombre cinesi
    Commedia in tre atti di amara comicità sulle eterne ed intricate relazioni tra coniugi ed amanti.
  • I passeggeri di Caronte
    Novelle
    Raccolta di dieci novelle senza filo conduttore, di un autore più noto per la sua produzione teatrale. I temi sono quelli dell’amore e dei travagli interiori che a questo sottendono, spesso affrontati da un punto di vista non sempre attento alla psicologia femminile, che appare talvolta eccessivamente stereotipata, presentata in tratti convenzionali e ammantata da abusati luoghi comuni.
  • Questi ragazzi!
    Ponendo solo apparentemente il contrasto del sentire tra due diverse generazioni, si incentra soprattutto sull’osservazione attenta, talvolta ironica ma sempre garbata delle emozioni e dei sentimenti dei vari personaggi.
  • Vertigine
    Dramma in tre atti
    Tema centrale del dramma è il rapporto tra conoscenza, progresso scientifico e fede o imperativo morale, tematiche emergenti nel periodo postbellico.
 
autore:
Gherardo Gherardi
ordinamento:
Gherardi, Gherardo
elenco:
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