Il testo è tratto da una copia in formato immagine presente sul sito della Facoltà di Lettere dell’Università di Torino
Dall’incipit del libro:
Io, che per giacer nello stato, in cui sanza mai rileuarmene, mi gettarono da prima la natura, e la fortuna congiurare à miei danni; quella con lo spogliarmi della luce, e questa col priuarmi d’ogni ricchezza; non posso trouare, anzi non debbo ricercar moglie; e tuttauia portai sempre legato al cuore un desiderio grauissimo di ottener figliuoli, in cui par, che si rinoui la memoria dell’attempato Padre, e che egli ringiouenito uiua doppo la morte; mi sono andato con ogni studio ingegnando di scourire à me medesimo un’arte onde io potessi impetrarne sanza sposa, e sanza spesa il che mi è succeduto à punto à misura del mio desiderio, percioche io solo sanza donne (non perche elle non piacciano summamente a me, ma perche io per lo mio infelicissimo stato summamente dispiaccio loro) col natural seme, e con la spirital fecondità di quello intelletto, che al Padre delle stelle è piacciuto infondermi; son uenuto, e uengo tuttauolta ogn’hor per me stesso concependo, e producendo figli, e figliuole con maggior priuilegio, che non han gli altri padri. poiche i figli miei (pur che io conosca i diffetti loro) posso correggere e gastigare, formare, e riformare à mio senno: quasi adunque in su le porte della mia fanciullezza, produssi una figlia, à cui in memoria di chi non tenne mai memoria di me, posi nome Dalida.


