La vita di Oliver Goldsmith è veramente in sé stessa un romanzo che vale la pena di conoscere. Molte delle scene più vive e degli accidenti più toccanti o stravaganti contenuti nelle sue opere pare(1) siano tratti dalle sue stesse avventure, errori e disgrazie, e, nel raccontarle alle lettrici e ai lettori con i suoi scritti, l’autore sembra spinto, con tutta la sua bonarietà, a fornire istruzioni per l’uso della vita.
Oliver Goldsmith nacque il 10 novembre il 1728 (o 1731), a Pallas presso Ballymahon (Longford, Irlanda). Era figlio di Charles Goldsmith, pastore della Chiesa anglicana, e di Ann Jones (1697-1770), figlia anch’essa di un pastore protestante. Il matrimonio era avvenuto quando il padre era molto giovane, era un povero curato di campagna e la rustica abitazione di famiglia sorgeva in una zona aspra e solitaria, che dava su una piana a volte allagata dal fiume Inny. Alla morte di uno zio della moglie, Charles Goldsmith – Oliver aveva circa due anni – successe nella canonica di Kilkenny West e, abbandonata la vecchia casa, si trasferì a Lissoy (Westmeath), in un’ampia fattoria ai margini del grazioso paese. La casa natale andò in rovina e nella fantasia degli irlandesi della zona divenne rifugio di fate, folletti, goblin ed altre fantastiche creature. La famiglia era composta da cinque figli e tre figlie. Henry, uno dei fratelli più grandi, era l’orgoglio e la speranza di tutti e verso di lui furono concentrate tutte le forze e le sostanze per permettergli di avere un’ottima educazione. Oliver era suo fratello minore, di sette anni più giovane di lui. Henry per tutta la vita rimase legato al fratello, cercando di aiutarlo in ogni frangente. Oliver cresceva allora in una signorile povertà, in una società rurale in cui le barriere di classe erano invalicabili.
Iniziò la sua educazione verso i tre anni presso un’anziana dama di paese, Elizabeth Delap, che fu forse la prima a mettergli in mano un libro, probabilmente un hornbook, sorta di abbecedario. A sei anni frequentò la scuola del villaggio diretta da Thomas ‘Paddy’ Byrne, – la sua figura è tratteggiata nel maestro di Deserted Village – tipo eccentrico, che amava raccontare le sue avventure di viaggio e stupiva allieve ed allievi con i suoi racconti di straordinari vagabondaggi; era appassionato di tradizioni e fiabe, di storie di pirati e di malfattori e amava la poesia. Certamente gli insegnamenti di Paddy Byrne influenzarono molto il giovane Oliver.
Nel 1744 entrò nel Trinity College, il più prestigioso istituto d’istruzione di Dublino, fondato nel 1592. Era un giovane vivacissimo e il Trinity fu teatro di sue numerose stravaganze e fughe. Nel 1747, insieme ad altri quattro compagni, fu espulso per una rivolta nel tentativo di assaltare la prigione per debitori di Marshalsea. Ma evidentemente era anche un alunno intelligente e sveglio: ottenne il baccellierato ‘of Arts’ nel 1749, due anni dopo la morte del padre. Tentò di diventare sacerdote, ma gli studi fatti non consentivano l’accesso alla carriera ecclesiastica. Per tre anni provò senza successo varie professioni; per qualche tempo fu precettore; cercò di emigrare ‒ fu sul punto di salpare per l’America, ma si narra che perse la nave ‒ e poco dopo svanirono al gioco le 50 sterline dategli da uno zio per avviarlo alla professione legale. Lo zio era il Rev. Thomas Contarine. Marito della sorella del padre di Goldsmith, era rimasto vedovo, con una figlia, Jane. Era un uomo di buon cuore, con una generosità al di sopra delle sue possibilità, che per tutta la vita cercò di sostenere ed aiutare il nipote.
Nel 1752, con il sostegno di alcuni parenti, Oliver fu mandato a Edimburgo – lasciando l’Irlanda per non tornarvi mai più – per studiare medicina e solo lì iniziò a rendersi conto della sua vera situazione di estrema povertà. In quel periodo in Scozia non produsse alcuna opera letteraria di merito. Ospitato come persona di compagnia presso aristocratici, si rese conto che, come scrisse allo zio:
«adulare coloro che non conosciamo è un compito facile; ma lusingare le nostre conoscenze intime, le cui debolezze sono tutte chiaramente sotto i nostri occhi, è una fatica insopportabile. Ogni volta che ora aprivo le mie labbra per lodare, la mia falsità andava direttamente nella mia coscienza».
Dopo un anno e mezzo partì per Leida, nei Paesi Bassi, per continuare gli studi di medicina, sempre aiutato dallo zio Contarine. Ma partire non significa arrivare: il percorso per giungere a destinazione fu irto di deviazioni, casi strani, colpi di fortuna ed amicizie pericolose. Rimase circa un anno a Leida, studiando chimica ed anatomia, anche se era forse più interessato alla letteratura. Comunicò quindi allo zio che sarebbe andato a Parigi dove avrebbe seguito dei corsi in francese, lingua che egli già un po’ conosceva. Ma avendo speso quasi tutto per regalare allo zio dei bulbi di tulipani come dono di riconoscenza – era in quel momento attiva una forte speculazione su quei fiori ‒ se ne partì con una camicia, un flauto e una ghinea. A Parigi fece forse la conoscenza di Voltaire. Scrisse di lui:
«Pochi potevano essere più riservati di lui; ma quando si scaldava nel discorso, e superava la sua esitazione, a cui a volte era soggetto, era un’estasi ascoltarlo. Il suo viso magro sembrava insensibilmente raccogliere bellezza; ogni muscolo in esso aveva un significato, e il suo occhio brillava di una luminosità insolita.»
In quel periodo viaggiò molto, spesso a piedi, per l’Europa, anche in Italia, conducendo una vita avventurosa e tentando vari mestieri. Secondo alcuni biografi, accenni di quella che deve essere stata la vita di Goldsmith nel suo vagabondare sono ravvisabili nelle vicende di George Primrose, personaggio di The Vicar of Wakefield. Molti schizzi con impressioni di viaggio vennero raccolti dall’autore nel suo poema The Traveller, or A Prospect of Society (1765). A Padova rimase alcuni mesi, attratto dalla fama di Giovanni Battista Morgagni, e forse lì prese la laurea in medicina(2). In questo periodo morì il suo benefattore, lo zio Contarine e la sua situazione economica divenne ancor più precaria. Decise quindi di tornare in patria.
Nel 1756 si stabilì a Londra dove, dopo essere stato assistente di un farmacista e usciere in una scuola – si veda in The Vicar of Wakefield quali dovessero essere i requisiti per quel lavoro! ‒, si avventurò nel mondo letterario. Gli inizi londinesi furono terribili: era solo, sempre indebitato e dedito al gioco d’azzardo; il suo flauto non gli dava più da vivere. Conobbe il famoso scrittore Samuel Richardson (1689-1761), che lo assunse come correttore nella sua tipografia; fece lavori occasionali prima per la “Critical Review”, poi presso la “Monthly Review”; scrisse articoli per varie riviste, tra le quali “The Bee” che iniziò le pubblicazioni il 6 ottobre 1759 con Goldsmith come unico collaboratore; pubblicò varie opere anonime e tra queste Enquiry into the Present State of Polite Learning in Europe (1759), in cui Goldsmith raccontò molte delle sue esperienze in questo difficile periodo della sua vita e stigmatizzò i critici come nemici mortali dell’arte e della letteratura. All’atto della pubblicazione scrisse numerose lettere agli amici irlandesi per pregarli di acquistare da lui il libro onde prevenire la pirateria della stampa irlandese – allora la legge inglese sul diritto d’autore non si estendeva all’Irlanda – ma pochi lo aiutarono. In questo periodo gli fu anche proposto un incarico per tenere un ambulatorio medico sulla costa indiana di Coromandel. Goldsmith si illuse di un fortunato cambiamento di sorte ma il progetto presto sfumò. Pubblicò poco dopo anche T**he life of Richard Nash, Esq., late master of the ceremonies at Bath (1762), biografia del celebre Beau Nash (1674-1762) dandy e icona della moda e del glamour nell’Inghilterra del XVIII secolo, influencer ante litteram.
Goldsmith non era molto alto e aveva una complessione robusta, un viso rovinato dal vaiolo. Tendenzialmente persona allegra, non era mai tanto felice come quando si trovava in compagnia di bambini. Era ‘generoso’ del suo denaro, non solo nel gioco ma anche nel sostenere buone cause, e questo rendeva la sua situazione finanziaria sempre molto instabile. È stato scritto di lui: «Goldsmith era il nemico di sé stesso, e amico di tutti» (William Black, Goldsmith. Londra, 1878). Era anche impetuoso, incapace di organizzare la sua vita, vanitoso e incline all’invidia. Era anglicano, credeva con gioia all’esistenza di un Dio, aveva un profondo rispetto per la rivelazione cristiana, che riteneva la fonte delle nostre migliori speranze e delle nostre più nobili aspettative. Affrontava la sua povertà con il sorriso e riteneva che «Nothing is more apt to introduce us to the gates of the Muses than Poverty» (Lettera al cognato Daniel Hodson).
Il libraio, scrittore ed editore John Newbery (1713-1767), considerato come il padre della letteratura per ragazzi, per il quale Goldsmith aveva curato proprio la collana di libri per giovani lettrici e lettori, lo invitò a scrivere per la sua rivista “Public Ledger”. Horace Walpole (1717-1797) nel 1757 aveva scritto un brevissimo opuscolo anonimo A Letter from Xo Ho, a Chinese philosopher in London, to his friend Lien Chi in Beijing, e certo quest’opera servì di spunto a Goldsmith. Nella rivista di Newbery vennero pubblicate, a partire dal 1760, le Chinese Letters, scritte da Goldsmith, riunite poi in due volumi nel 1762 sotto il titolo The Citizen of the World, or Letters from a Chinese Philosopher residing in London to his Friends in the East (Il cittadino del mondo). Scritte a imitazione delle Lettres Persanes (1721) di Montesquieu, e presentate come la corrispondenza di un viaggiatore cinese ai suoi amici, offrono un vivace quadro della società londinese, in un racconto ironico della vita, degli usi e dei costumi. Tra queste pagine si trova la figura del Man in Black creata dall’autore per mettere in ridicolo la società del suo tempo, incapace di mostrarsi per ciò che veramente essa è. Il Man si presenta come una persona scortese, brusca e severa, ma è in realtà gentile, comprensivo, compassionevole: un uomo nero fuori ma bianco e nobile dentro. Queste lettere diedero finalmente un po’ di fama al nome di Goldsmith ed in pochi anni egli riuscì ad uscire dall’anonimato per mescolarsi con gli aristocratici e l’élite intellettuale di Londra. Il successo dello scrittore era nel fascino del suo stile, in cui risaltava il suo affetto per i personaggi, l’ironia maliziosa e l’alternarsi di allegria, saggezza e tristezza, uno sguardo ironico ma sempre caritatevole. Il suo stile era naturale, semplice, toccante. Scrive Washington Irving che le opere di Godsmith:
«addolciscono i nostri temperamenti e armonizzano i nostri pensieri; ci mettono di buon umore con noi stessi e con il mondo, e così facendo ci rendono uomini più felici e migliori.» (Oliver Goldsmith : A Biography.)
Nel 1761 egli incontrò e divenne amico di Samuel Johnson, (1709-1784), importante intellettuale, ancora oggi considerato come il letterato più illustre nella storia inglese (cfr. P. Rogers, Johnson, Samuel in Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2009). Grazie anche alla fama e all’autorità di Johnson, Goldsmith fu acconto nel “The Club” come uno dei nove membri fondatori. Questo sodalizio molto esclusivo venne fondato nel 1764 da Joshua Reynolds (1723 -1792), il grande pittore inglese – autore anche del ritratto di Goldsmith che presentiamo in questa pagina. Data la sua grande notorietà come ritrattista, Reynolds era perfettamente introdotto nel mondo dei personaggi più famosi della sua epoca, aristocratici ed intellettuali. Tra i primi membri del gruppo sono da annoverare il filosofo ed economista Edmund Burke, lo scrittore Bennet Langton, il citato Samuel Johnson, Oliver Goldsmith ed altri notevoli rappresentanti dell’intellighenzia britannica. The Club si riuniva ogni lunedì per cena e l’intensa conversazione proseguiva in genere fino al primo mattino del giorno successivo.
Goldsmith finalmente cominciò a pubblicare con il suo nome: fu uno scrittore molto prolifico e pubblicò romanzi, opere teatrali e numerosi saggi su vari temi, dalla storia antica alle scienze naturali, alla filosofia, e fece anche varie traduzioni. A lui è attribuito anche un libro per bambini, History of Little Goody Two-Shoe, pubblicata da John Newbery nel 1765. La storia narra di una bimba povera, che possiede una sola scarpa e che è tanto riconoscente al filantropo che gliene regala un’altra, da manifestare a tutti la sua gioia. È forse da qui che nasce il modo di dire “Goody Two-Shoes”, come santarellina o persona esageratamente buona. Nel 1765 fu pubblicato il suo poema The Traveller, or A Prospect of Society che fu giudicato un capolavoro da Johnson ed ebbe grande successo. Goldsmith, con la sua esperienza di viaggiatore inglese, mette a confronto abitanti ed istituzioni di Italia, Svizzera, Francia e Olanda con quelli dell’Inghilterra. Rileva le diverse condizioni sociali ma conclude che la felicità dipende sempre dal proprio equilibrio:
«Still to ourselves in every place consign’d,
Our own felicity we make or find:
With secret course, which no loud storms annoy,
Glides the smooth current of domestic joy.»(3)
Goldsmith fu fedele alla rima, tuttavia nel contenuto cercò di trattare temi che fossero semplici e comprensibili per tutti. Poco dopo apparve l’opera che ha reso Goldsmith famoso in tutti i tempi: il romanzo The vicar of Wakefield (Il vicario di Wakefield), pubblicato nel 1766, uno dei romanzi più noti della letteratura inglese. L’opera si ritiene sia ricca di spunti tratti dalla vita dell’autore. L’autore si dedicò anche al teatro con le commedie The Good Natur’d Man (1768), che non ebbe un gran successo a teatro, ma fu molto letta, e She S**toops to Conquer, or the Mistakes of a Night (Ella si umilia per vincere, ovvero gli equivoci di una notte), uno dei maggiori successi del teatro inglese del Settecento, rappresentata per la prima volta a Londra nel 1773. Il teatro di Goldsmith è fatto di un umorismo vivace, di colpi di scena, di giochi di equivoci, tipici del modelli francesi a cui l’autore si ispirava. Nella riedizione (Boston, 1911) di The Good-Natur’d Man e She Stoops to Conquer**, sono riportate alcune interessanti pagine di Goldsmith sulla sua idea del teatro con un confronto tra commedia ‘comica’ e commedia sentimentale.
Nell’estate 1768 giunse la tragica notizia della morte del fratello Henry, di soli quarantacinque anni. L’affetto profondo di Oliver per lui traspare da tutte le sue lettere e le sue opere, nelle quali il fratello maggiore incarna un modello di tutte le virtù. Nel 1769, Goldsmith fu nominato professore di storia antica alla Royal Academy su suggerimento di Reynolds. Del 1770 è un altro suo poema, The Deserted Village, in cui viene descritto un villaggio prima nella prosperità poi nella disgregazione e dove dominano le due figure del parroco e del maestro. In questo scritto Goldsmith denunciava gli sgomberi dei poveri del paese per mano di facoltosi proprietari terrieri. Nello stesso anno Goldsmith ricevette la triste notizia della morte della madre. Nonostante la fama raggiunta dal figlio, lei sembra fosse rimasta delusa nelle sue iniziali aspettative su di lui. Nonostante la posizione nel mondo, la madre si doleva dalla sua incapacità ad avere una vita ordinata e sicura. Ma fu comunque un figlio affettuoso, e negli ultimi anni della sua vita, ormai divenuta cieca, egli l’assistette pur con le sue precarie risorse. Dedicò alcune opere alla storia della Grecia, di Roma e dell’Inghilterra e compose una History of the earth and animated nature,… For the use of schools, and youth of both sexes (1774). Il poema Retaliation, ricco di epigrammi e facezie, amichevolmente diretti agli amici del The Club, è rimasto incompiuto.
Morì a Londra nel 1774 intorno ai quarantasei anni e fu sepolto nella Temple Church di Londra. La sua vita disordinata lo aveva portato inesorabilmente ad un generale stato di prostrazione. La sua morte fu un duro colpo per il mondo letterario e un’ampia cerchia di amici ne fu profondamente addolorato: nonostante le sue debolezze e stranezze, era persona amabile e stimata, generoso, nonostante la sua povertà, con chi era più in difficoltà di lui. Scrisse Samuel Johnson:
«Aveva raccolto denaro e lo aveva sperperato, con ogni artificio per guadagnarlo e ogni follia nel spenderlo. Ma non ricordiamo le sue fragilità: era un uomo molto grande.»
Un monumento gli fu innalzato nel luogo della sua sepoltura, ma questo fu distrutto in un raid aereo nel 1941. Rimane un monumento a lui dedicato nel centro di Ballymahon, e nell’Abbazia di Westminster un epitaffio composto da Samuel Johnson, nel quale si legge:
«non ha lasciato quasi nessun tipo di scrittura senza la sua impronta e non ha toccato nulla che non abbia adornato»
Goldsmith è citato nel saggio di Pirandello L’umorismo (1908) come uno degli scrittori ‘umoristici’ riportati da William Makepeace Thackeray in The english Humourists of the eighteenth century (Leipzig, Taucknitz, 1853), insieme con Jonathan Swift, John Gay, Tobias Smollett, Henry Fielding, Laurence Sterne ed altri. Parla di Goldsmith anche Francesco De Sanctis nel suo La giovinezza : frammento autobiografico, curato da Pasquale Villari, e pubblicato postumo nel 1889. Andando a scuola presso lo zio Carlo, il giovane Francesco aveva da imparare a memoria, tra la grammatica del filosofo Francesco Soave, la retorica di Ottavio Falconieri, la Gerusalemme del Tasso, le “ariette” del Metastasio, anche le storie di Goldsmith:
«Ciò che c’entrava e mi commoveva molto era il dramma in se stesso, la parte poetica, soprattutto le descrizioni delle battaglie e le catastrofi finali, e mi piaceva molto il Goldsmith, ch’era eccellente in queste rappresentazioni.»
Giacomo Leopardi, nei suoi Pensieri, mette a fuoco un aspetto del carattere di Goldsmith, persona tendenzialmente modesta e conscia sempre dei propri limiti:
«Grande studio degli uomini finché sono immaturi, è di parere uomini fatti, e poiché sono tali, di parere immaturi. Oliviero Goldsmith, l’autore del romanzo The Vicar of Wakefield, giunto all’etá di quarant’anni, tolse dal suo indirizzo il titolo di dottore, divenutagli odiosa in quel tempo tale dimostrazione di gravitá, che gli era stata cara nei primi anni.»
Tra i numerosissimi riconoscimenti all’autore (monumenti, intitolazioni di vie ed istituti scolastici, …), dal 1985 si tiene ogni anno a Ballymahon The Oliver Goldsmith Summer School, festival letterario con letture e incontri e un contest di poesia. William Black chiude così la sua biografia:
«Ha scelto di vivere la propria vita a modo suo, e ora abbiamo gli splendidi e straordinari risultati del suo lavoro; e il mondo – guardandoli con una costante ammirazione e con un grande e indulgente amore per il loro autore – non è ansioso di sapere cosa ha fatto con le sue ghinee.» (Goldsmith.)
(1) Esistono due correnti nella critica: secondo alcuni critici tutta la vita di Goldsmith è stata un vero e proprio romanzo; secondo altri, invece, quello che egli sembra raccontare di sé stesso nei suoi romanzi è solo frutto della sua immensa fantasia. Credo che entrambe le ipotesi non sminuiscano affatto il valore delle sue opere.
(2) In occasione della celebrazione degli 800 anni (1222-2022) dell’Università di Padova è stato restaurato l’affresco della Sala dei Quaranta di Palazzo Bo, che prende il nome dai 40 ritratti degli illustri universitari stranieri provenienti da tutti i paesi d’Europa che studiarono all’Università di Padova. La sala, che ospita anche la celebre Cattedra di Galileo, conduce alla storica Aula Magna. I ritratti furono realizzati nel 1942 da Gian Giacomo Dal Forno, nell’ambito della ristrutturazione del palazzo affidata al designer milanese Gio Ponti.
(3) [Noi stessi, in qualsiasi luogo confinati, / ostruiamo o troviamo la nostra felicità: / Con un corso nascosto, che nessun temporale può turbare, / Scorre la dolce corrente della gioia domestica.]
Fonti e Sitografia:
- Oliver Goldsmith, An Essay on the Theatre; or, A Comparison Between Laughing and Sentimental Comedy, 1772. https://www.theatredatabase.com/18th_century/essay_on_the_theatre_001.html
- James Prior, Life of Oliver Goldsmith From a Variety of Original Sources. Londra, 1837. Si tratta di un’opera in sei volumi, due dei quali contenenti la biografia e quattro con una scelta delle opere di Goldsmith.
- Washington Irving, Oliver Goldsmith : A Biography. New-York, 1840, 2. ed. 1849. Irving, nella prima ed. riconosce il suo debito all’opera di James Prior, e, per la seconda ed., al lavoro di John Forster The Life and adventures of Oliver Goldsmith (Londra, 1848).
- William Black, Goldsmith. Londra, 1878. Il libro fa parte della Collana “English Men of Letters”, serie di biografie scritte da importanti personaggi letterari dell’epoca e pubblicate da Macmillan.
- Brander Matthews. The Drama in the 18th Century in The Development of the Drama. New York, 1912. pp. 263-295. http://www.imagi-nation.com/moonstruck/clsc20w1.html
- Barrett H. Clark, European Theories of the Drama. Cincinnati, 1918. https://www.theatredatabase.com/18th_century/oliver_goldsmith_001.html
- Ernest de Sélincourt, GOLDSMITH, Oliver, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1933. https://www.treccani.it/enciclopedia/oliver-goldsmith_(Enciclopedia-Italiana)/
- Alice B. Fort e Herbert S. Kates, Minute History of the Drama. New York, 1935. p. 62. L’articolo è ricco di aneddoti sulla vita di Goldsmith. http://www.theatrehistory.com/british/goldsmith001.html
- Robert Mahony, Goldsmith, Oliver. In Dictionary of Irish Biography. 2009 https://www.dib.ie/biography/goldsmith-oliver-a3516
- https://en.wikipedia.org/wiki/Oliver_Goldsmith
- https://en.wikipedia.org/wiki/Joshua_Reynolds#The_Club
- https://en.wikisource.org/wiki/Author:Oliver_Goldsmith
- https://www.eighteenthcenturypoetry.org/authors/pers00174.shtml
- Oliver Goldsmith, su Encyclopædia Britannica. https://www.britannica.com/biography/Oliver-Goldsmith-Anglo-Irish-author
- J. H. Plumb, Dr Oliver Goldsmith. L’articolo cerca di approfondire il carattere di Goldsmith. https://www.ourcivilisation.com/smartboard/shop/goldsmth/about.htm
- https://web.archive.org/web/20061023020932/http://www.irelandliteratureguide.com/oliver_goldsmith.html contiene ulteriori rimandi alla vita e all’opera di Goldsmith.
- https://it.wikipedia.org/wiki/Oliver_Goldsmith
- Goldsmith, Oliver, su Treccani.it – Enciclopedia on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana. https://www.treccani.it/enciclopedia/oliver-goldsmith
- https://olivergoldsmithfestival.com/ Informazioni sul Festival che si tiene ogni anno nella contea natale di Goldsmith.
- Oliver Goldsmith, su Internet Movie Database, IMDb.com https://www.imdb.com/name/nm0326117/
- Oliver Goldsmith, su Internet Broadway Database, The Broadway League https://www.ibdb.com/broadway-cast-staff/oliver-goldsmith-7953
- Oliver Goldsmith at Find a Grave https://it.findagrave.com/memorial/1943/oliver-goldsmith
(1) Esistono due correnti nella critica: secondo alcuni critici tutta la vita di Goldsmith è stata un vero e proprio romanzo; secondo altri, invece, quello che egli sembra raccontare di sé stesso nei suoi romanzi è solo frutto della sua immensa fantasia. Credo che entrambe le ipotesi non sminuiscano affatto il valore delle sue opere.
(2) In occasione della celebrazione degli 800 anni (1222-2022) dell’Università di Padova è stato restaurato l’affresco della Sala dei Quaranta di Palazzo Bo, che prende il nome dai 40 ritratti degli illustri universitari stranieri provenienti da tutti i paesi d’Europa che studiarono all’Università di Padova. La sala, che ospita anche la celebre Cattedra di Galileo, conduce alla storica Aula Magna. I ritratti furono realizzati nel 1942 da Gian Giacomo Dal Forno, nell’ambito della ristrutturazione del palazzo affidata al designer milanese Gio Ponti.
(3) [Noi stessi, in qualsiasi luogo confinati, / ostruiamo o troviamo la nostra felicità: / Con un corso nascosto, che nessun temporale può turbare, / Scorre la dolce corrente della gioia domestica.]
Note biografiche a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
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- Il vicario di Wakefield
L’opera, che conquista per la vicenda avventurosa e l’ottimismo, il candore e la bonarietà del protagonista, è un classico della letteratura inglese, amato da Goethe, Jane Austen, Stendhal, Schopenhauer, Mary Shelley, Dickens, Charlotte Brontë, George Eliot, Louisa May Alcott, da un infinito pubblico di lettrici e lettori di ogni epoca e di ogni paese.