Dall’incipit del libro:
L’Istoria, che prendo io a scrivere del Regno di Napoli, non sarà per assordare i leggitori collo strepito delle battaglie, e col romor dell’armi, che per più secoli lo renderon miserabil teatro di guerra; e molto meno sarà per dilettar loro colle vaghe descrizioni degli ameni e deliziosi suoi luoghi, della benignità del suo clima, della fertilità de’ suoi campi, e di tutto ciò, che natura, per dimostrar suo potere e sua maggior pompa profusamente gli concedette: nè sarà per arrestargli nella contemplazione dell’antichità e magnificenza degli ampj e superbi edificj delle sue città, e di ciò, che l’arti meccaniche maravigliosamente vi operarono: altri quest’ufficio ha fornito; e forse se ne truova dato alla luce vie più assai, che non si converrebbe. Sarà quest’Istoria tutta civile; e perciò, se io non sono errato, tutta nuova, ove della politia di sì nobil Reame, delle sue leggi e costumi partitamente tratterassi: parte, la quale veniva disiderata per intero ornamento di questa sì illustre e preclara region d’Italia. Conterà, nel corso poco men di quindici secoli, i varj stati, ed i cambiamenti del suo governo civile sotto tanti Principi, che lo dominarono; e per quanti gradi giugnesse in fine a quello stato, in cui oggi ‘l veggiamo: come variossi per la politia ecclesiastica in esso introdotta, e per li suoi regolamenti: qual uso ed autorità ebbonvi le leggi romane, durante l’Imperio, e come poi dichinassero; le loro obblivioni, i ristoramenti, e la varia fortuna delle tant’altre leggi introdotte da poi da varie nazioni: l’accademie, i Tribunali, i Magistrati, i Giureconsulti, le Signorie, gli Ufficj, gli Ordini, in brieve, tutto ciò, che alla forma del suo governo, così politico e temporale, come ecclesiastico e spiritual s’appartiene.

