Veronica Gàmbara

Veronica Gàmbara (Pralboino, 30 novembre 1485 – Correggio, 13 giugno 1550) è stata una poetessa italiana.

Veronica Gambara nacque nel vecchio castello di Pratalboino, (oggi Pralboino), la notte tra il 29 e il 30 novembre 1485, da nobile famiglia. Era figlia di Alda dei Pio di Carpi e di Gianfrancesco Gambara, titolare del feudo di Pratalboino. La coppia ebbe sette figli: Uberto, Ippolito, Brunoro, Camillo, Veronica, Violante e Isotta. La famiglia Gambara vantava un’importante tradizione umanistica: Pietro, il fratello di Gianfrancesco, era un erudito che aveva in casa una tipografia, mentre Ginevra Nogarola, la loro madre, era stata lodata per il proprio sapere da Francesco Sansovino.

Anche nella famiglia materna ci fu un’eminente umanista, quell’Emilia Pio che Baldassarre Castiglione considererà, assieme a Isabella d’Este e a Elisabetta Gonzaga, come emblema della donna di cultura quale si era venuta affermando nel Rinascimento. Gianfrancesco, amante della letteratura, permise alla figlia di ricevere un’ottima educazione umanistica comprendente lo studio della filosofia, della teologia, del greco, del latino. È probabile che i figli di Gianfrancesco – e quindi anche Veronica – avessero come insegnante un famoso maestro di grammatica, Tomaso Ferante, che aveva introdotto la stampa a Ferrara e lavorato con Pietro Gambara, quando nel 1493 lo zio di Veronica aveva fatto stampare a Brescia un saggio di Ferante sui cavalli. La ragazza visse l’adolescenza tra Pratalboino e Brescia.

Brescia era al tempo una città molto ricca con fermenti culturali in piena espansione. Per le famiglie nobili era d’obbligo cimentarsi con la poesia e la conversazione letteraria. In questo contesto Veronica cominciò a scrivere versi già nell’adolescenza, obbedendo da un lato alla maniera petrarchesca che le Prose bembesche canonizzeranno di lì a qualche anno – ma già modello imprescindibile -, e mostrando, contemporaneamente, un notevole talento e un accento personale, spesso soffocato, nella letteratura coeva, dall’imitazione tutta esteriore dei lamenti d’amore cari al poeta di Laura. Con Pietro Bembo, conosciuto dal padre nella sua attività diplomatica, avvierà una corrispondenza di lettere e sonetti già nel 1502, continuandola fino alla morte del futuro cardinale. Il primo testo di Veronica che sia giunto sino a noi è una lettera a Isabella d’Este del 1º febbraio 1503, nell’ambito di una corrispondenza che ebbe modo di avvicinarla ulteriormente ai valori umanistici.

Raggiunta l’età maritale, i genitori si misero alla ricerca di un uomo che per rango e ricchezze rappresentasse un degno partito. La scelta cadde su Giberto VII (o Giberto), signore di Correggio, vedovo di Violante Pico, nipote del celebre umanista neoplatonico Giovanni Pico della Mirandola, da cui aveva avuto la figlia Costanza. Nel 1506 Francesco Munari, procuratore di Giberto, si recò a Brescia per concludere l'”affare”, ma per le nozze era necessaria la dispensa papale, in quanto la madre di Veronica era imparentata con il promesso sposo. Il matrimonio civile fu celebrato per procura il 6 ottobre 1508 a Brescia, mentre quello religioso – ricevuta la dispensa – ebbe luogo in forma privata ad Amalfi l’anno successivo.

Prima del matrimonio religioso i due si incontrarono per la prima volta a marzo, in un contesto solenne. La sposa partì da Pralboino per raggiungere Correggio, dove fu ricevuta da Giberto e da vari esponenti delle più influenti famiglie locali, tra cui erano presenti illustri personalità quali la figlia di Bartolomeo Colleoni, Cassandra, Ginevra Rangoni (che accompagnava il marito Giangaleazzo da Correggio, figlio di Niccolò II) e il giovane pittore Antonio Allegri, poi assurto a fama internazionale con lo pseudonimo di Correggio.

Veronica, donna eccellente, mise a frutto la libertà data al proprio intelletto e al proprio talento poetico scrivendo versi raffinati ed eleganti che ricevettero giusto riconoscimento dai letterati suoi contemporanei e che brillano tra i migliori versi della letteratura italiana. In particolare nelle stanze «l’accento moralistico, che le era naturale, addolciva la sua severità, i pensieri si snodavano con la grazia di un pacato ragionare, cui la lingua nobile ma non artefatta riusciva a conferire un accento aristocratico».

Dal 1518, infatti, dopo la morte del marito, si occupò degli affari dello stato di Correggio che resse con notevole abilità e determinazione fino alla sua morte, avvenuta nel 1550.

Note biografiche tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Veronica_Gambara

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autore:
Veronica Gàmbara
ordinamento:
Gàmbara, Veronica
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