Negli anni ’20 del ‘900 Ettore Romagnoli e l’editore Zanichelli affrontarono e vinsero una sfida importante: una collana di scrittori greci tradotti in prima persona da Romagnoli. Cominciarono naturalmente con Omero, e con l’Iliade. La collana è disponibile in formato immagine sul sito dell’Università di Torino (https://dl.unito.it/it/collezioni/collezione/moderni-biblioteca-graf/) ed è già stata digitalizzata da Wikimedia (https://it.wikisource.org/wiki/I_poeti_greci_tradotti_da_Ettore_Romagnoli). Il testo di Wikimedia è stato utilizzato come base per la revisione, e gli errori riscontrati sono già stati riportati anche nel loro sito.
In questa occasione ho letto per la prima volta integralmente l’Iliade, e sono rimasto sorpreso per quello che mi sarei aspettato di trovare e che invece non c’era: non c’erano le storie precedenti la guerra: il pomo d’oro e il ratto di Elena, la ritrosia di Achille e di Ulisse a partecipare alla guerra.
Non si parla del tallone di Achille e della sua invulnerabilità (Achille ha “soltanto” l’aiuto della dea Atena e della madre Teti, che deviano le frecce e le lance destinate a colpirlo, e gli procurano da Efesto delle armi difensive nettamente migliori di quelle dei rivali). Non si parla del cavallo e della distruzione di Troia. Sarà solo nell’Odissea che si accennerà due volte en passant alla vicenda: quando Menelao loda Ulisse a suo figlio Telemaco, e quando lo stesso Ulisse, che è in incognito alla corte del re dei Feaci Alcinoo, invita il poeta di corte a cantare la storia del cavallo.
Quello che invece c’è nel poema è il racconto di pochi giorni della guerra che durava da dieci anni tra i greci (gli Achei) e i troiani e i loro alleati, ma sono naturalmente i giorni decisivi:
Tutto incomincia (come tradusse Monti) con l’Ira del Pelide Achille, offeso da Agamennone, capo degli Achei che gli ha sottratto la schiava Briseide, amata da Achille. Achille decide di astenersi dalla battaglia insieme ai suoi Mirmidoni, mettendo in grossa difficoltà l’esercito greco. I troiani, capitanati da Ettore, a differenza dei giorni precedenti, hanno il sopravvento e respingono gli achei verso le loro navi, nel tentativo di incendiarle.
A questo punto Achille chiede al suo amico Patroclo di indossare le sue armi e la sua corazza per ingannare i troiani facendo credere che lui tornasse in battaglia, Patroclo ottiene alcune vittorie, ma quando affronta Ettore viene sconfitto ed ucciso.
Il dolore per la perdita dell’amico e la volontà di vendicarlo inducono Achille a ritornare in battaglia. Affronta ed uccide Ettore.
L’Iliade si conclude con il funerale di Ettore.
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
NOTE: Il testo è presente in formato immagine sul sito dell’Università di Torino (https://dl.unito.it/it/collezioni/collezione/moderni-biblioteca-graf/).
Realizzato in collaborazione con Wikisource (https://it.wikisource.org/wiki/Iliade_(Romagnoli)).
Dall’incipit del libro:
Cantami l’ira, o Diva, d’Achille figliuol di Pelèo
funesta, che agli Achei fu causa di doglie infinite,
e molte alme d’eroi gagliardi travolse nell’Orco,
e i corpi abbandonò preda ai cani, banchetto agli augelli.
Ebbe così compimento di Giove Croníde il volere,
dal dí che furon prima divisi da un’aspra contesa
l’Atríde re, signore di genti, ed Achille divino.
Quale or dei Numi alla lite li spinse, alla zuffa? Di Giove
fu, di Latona il figlio. Crucciato col re, su le schiere
un morbo ei suscitò maligno, e perivan le genti,
perché l’Atríde aveva lanciato l’oltraggio su Crise,
suo sacerdote.

