Il quale affligge et have afflitto questa città di Palermo, & molte altre città, e terre di questo Regno di Sicilia, nell’anno 1575 et 1576

L’opera, divisa in quattro parti, scritta in lingua volgare, con una parte in latino per i “dotti” presenta la cronaca attenta e puntuale degli eventi sanitari e socio-politici di quel momento storico e costituisce un valido documento del dramma vissuto dalla città di Palermo. La lingua non è sempre di facile lettura soprattutto per la presenza di molti neologismi tecnici, forse coniati dall’autore per l’esigenza di dare un nome a realtà prima sconosciute. In essa, Ingrassia innova i criteri epidemiologici del tempo avvicinandosi alle moderne teorie sulla trasmissione delle malattie legate alla trasmissione di “atomi” o “principi seminaria”, che molto probabilmente aveva appreso a Padova da Girolamo Fracastoro, intuendo che si tratti di una malattia di tipo contagioso.

Non risulta facile ad Ingrassia capire l’origine del male, che all’inizio mostra pochi casi a Palermo tra la gente “bassa”. La pericolosità del morbo viene infatti sottovalutata per l’iniziale scarsa contagiosità e perché i morti hanno relazioni parentali distanti. La “Galeotta”, un’imbarcazione proveniente dall’Africa, all’inizio non appare essere responsabile della trasmissione del morbo; neanche i tappeti che inizialmente sbarcano a Palermo sono sospettati di esserne veicolo, bensì i contatti con una prostituta. Ma indagini più approfondite rivelano che la “Galeotta” in Barbaria aveva potuto assumere dei “principi di infezione” tra panni e tappeti che, dopo incubazione, diffondono la malattia.

Individuando come cause facilitanti la malattia, la carenza di cibo a contenuto proteico e la corruzione di risorse idriche non adeguatamente separate da fogne e pozze di acqua stagnanti, Ingrassia esorta che si bonifichi la “palude del Papireto” e che si trovino fondi per l’alimentazione dei poveri: se non sono sufficienti le gabelle a sostenere le spese, bisogna intervenire con collette tra i ricchi e tassare i medici. Rilevante la descrizione dei luoghi dove scoppia l’epidemia: la Palermo sommersa dalla sporcizia e con vistose sperequazioni sociali, facendo trasparire le minori opportunità di salute e di cura del basso ceto rispetto all’aristocrazia. Ingrassia arriva alla conclusione che la peste non sia sorta spontaneamente in città ma provenuta da lontano e lì ha trovato cause facilitanti. Nell’opera egli mette a fuoco un concetto importante: a generare la patologia non è solo l’azione dell’agente infettivo, ma anche la predisposizione individuale che può essere di tipo costituzionale o familiare.

Le caratteristiche fenotipiche associate ad una maggiore predisposizione a contrarre la malattia vengono da lui identificate nell’età, nel sesso ed in genere nella costituzione dei corpi con tessuti più elastici, caldi e umidi. La simpatia degli umori diventa l’opportunità per sviluppare il legame tra male morale e male fisico; il contagio della malattia in Ingrassia si sviluppa proprio attorno agli eccessi della vita, alla prostituzione, all’infedeltà, all’adozione di comportamenti individuali non decorosi, alle errate abitudini alimentari.

Sinossi tratta e riassunta da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Gianfilippo_Ingrassia

Dall’incipit del libro:

Benche la commun, & general osservanza degli huomini, in tempo dell’acerba, e crudel peste, sia, pigliar, come si dice per un certo volgar proverbio, le pillole de tribus, cioè composte di tre cose chiamate, citò, longè, & tardè: che vuol dire, presto al fuggire, lontano paese ad habitare, e tardo al ritornare, Tanto che alcuni giurisconsulti meritamente chiamando questo male bellum Dei, cui humanæ vires nequeunt resistere, & dicendo, che, Deum nititur tentare, qui in loco contagioso contendit habitare, permettono, eziandio a’ consiliarij, che regnando vigorosamente pestilenza, possano liberamente senza licenza ancor di loro superiori assenti, dal luogo infetto, fuggirsene tuttoche in niun’altro caso lor fosse lecito: Nondimeno ritrovandomi io non solamente fedelissimo vassallo: Ma ancor ministro (benche indegno) di vostra Maestà nel mestiere della sanità, in questo suo Regno di Sicilia, mi parve molto più conveniente, anzi necessario, volentieri sottopormi, & obligarmi alla vera legge de’ suoi antecessori, laqual comanda, che «si miles armatæ militiæ in pace militiam deserat, gradu deponitur: At in bello idem admissum, capite puniendum est» E tanto più nella guerra della pestilenza, nellaquale è di bisogno di molto maggior cura, e diligenza. Laqual istessa legge ragionevolmente condanna ancor i prelati, nelle cui mani consiste la cura delle anime, quando essi, a guisa di non buoni, & veri pastori, anzi piu tosto, di mercennarij, in simil occasione sene fuggissero. Mi parve dico molto volentieri sottopormi, à questa legge, & abbracciarla poiche dalla cura del corpo sovente proviene anco quella dell’anima, tanto in generarle, perche si morrebbono disperati gli huomini, vedendosi abbandonati da ogni soccorso della medicina: Quanto ancor in particolare, dandosi a ciascheduno l’ordine, quando vi si conosce il pericolo, di confessarsi, e ricevere gli altri Sacramenti, e disporsi, non solo quanto alle cose appartenenti al corpo, ma principalmente quanto all’anima.

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titolo:
Informatione del pestifero, et contagioso morbo
sottotitolo:
Il quale affligge et have afflitto questa città di Palermo, & molte altre città, e terre di questo Regno di Sicilia, nell’anno 1575 et 1576
titolo per ordinamento:
Informatione del pestifero, et contagioso morbo
descrizione breve:
L'opera, divisa in quattro parti, presenta la cronaca attenta e puntuale degli eventi sanitari e socio-politici di quel momento storico e costituisce un valido documento del dramma vissuto dalla città di Palermo.
autore:
opera di riferimento:
Informatione del pestifero, et contagioso morbo: il quale affligge et haue afflitto questa città di Palermo, & molte altre città, e terre di questo Regno di Sicilia, nell’anno 1575 et 1576 ... col regimento preseruatiuo, & curatiuo, da Giouan Filippo Ingrassia .. - In Palermo : appresso Giouan Mattheo Mayda, 1576 - [8], 312, [32], 205, [15] p. : ill. ; 4º
licenza:

data pubblicazione:
15 dicembre 2016
opera elenco:
I
affidabilità:
affidabilità standard
digitalizzazione:
Ruggero Volpes, r.volpes@alice.it
pubblicazione:
Catia Righi, catia_righi@tin.it
revisione:
Giovanni Mennella, 3885@unige.it