Prima edizione di questo testo: in: Rivista filosofica, Fusi, Pavia, 1907
Dall’incipit del libro:
L’Economia pura assume, come è noto, l’ipotesi che gli uomini nel produrre, consumare, distribuirsi e far circolare la ricchezza siano mossi esclusivamente dal desiderio di conseguire la maggior possibile soddisfazione dei loro bisogni mediante il minore possibile sacrificio individuale. Alla costruzione deduttiva, che se ne ricava, dei teoremi economici, ossia delle leggi della condotta dell’homo oeconomicus, è indifferente la questione se il postulato edonistico esprima veramente una condizione di fatto; ossia se l’ipotesi — da cui si deduce ogni verità economica — coincida o diverga ed in quale misura dai motivi che effettivamente determinano le azioni umane; come è indifferente qualsiasi valutazione che e del postulato assunto, e della condotta dell’uomo economico, e degli effetti di questa condotta, si possa fare da un punto di vista morale. In effetto il giudizio sul valore di giustizia o di bontà del motivo economico e delle leggi che ne discendono, variò, come tutti sanno, da un illimitato ottimismo al pessimismo più radicale; e il giudizio sulla corrispondenza dell’ipotesi colla realtà varia del pari, da quelli che riconoscono nel motivo assunto l’unico motivo di tutta quanta l’attività umana, a quelli che lo considerano come uno dei fattori, non l’unico, nel campo stesso dell’economia; i quali, appunto perché l’economia così intesa studia soltanto l’azione di un fattore, isolato per astrazione dal complesso degli altri la cui efficacia si esercita in realtà simultaneamente, non riconoscono alle sue leggi che un valore ipotetico, correlativo al carattere ipotetico dell’uomo economico e dello stato economico.


