Ambientato a Napoli, questo romanzo di Jarro (Giulio Piccini) prolifico romanziere del XIX secolo fu pubblicato nel 1894 da Treves, dopo essere comparso a puntate sul Corriere di Napoli, con il titolo La donna nuda.
La vicenda narrata ha risvolti delittuosi, e coinvolge in prima persona una giovane nobile, Enrica, protagonista dell’opera e femme fatale per non pochi uomini che nell’arco della vicenda la incontrano. Bella e sensuale, Enrica accetta il corteggiamento di Roberto Jannaccone, giovane intrepido di umili origini, e si spinge fino a sposarlo in un matrimonio segreto e ad avere una bambina da lui, Diana, che nasce mentre il padre è imbarcato, e quindi a sua insaputa. La doppia vita di Enrica è resa possibile dalla complicità di Cristina, sua cameriera ma vera e propria maestra di lascivia, che si incarica anche di mandare la bimba a balia; per una serie di vicende, la neonata viene però scambiata con la figlia del marchese Piero di Trapani, morta nel parto, crescendo quindi in un’altra nobile famiglia.
Quando Roberto ritorna, Enrica ha nel frattempo incontrato diversi corteggiatori, ed a causa di una lite avvenuta nel parco tra Roberto e uno di questi, il conte di Squirace, quest’ultimo muore precipitando da un ponte, e Roberto viene condannato all’ergastolo per omicidio, grazie alla testimonianza implacabile di Enrica, che in questo modo si ritrova sostanzialmente libera da un matrimonio che la impacciava. Può quindi sposare il principe Gorreso di Caprenne e ritrovarsi principessa, alla corte di Napoli. Come in ogni romanzo che si rispetti, da qui si dipartono tutte le vicende, caratteristiche di questa narrativa, che si concluderà circa vent’anni dopo il delitto, con la punizione dei colpevoli e la serenità che attende gli innocenti che molto hanno sofferto nel frattempo.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Nel pomeriggio del 30 luglio 18…. un uomo correva trafelato verso il parco di Montrone,
presso Napoli.
Aveva fiori e nastri rossi al cappello: i panni da festa: la faccia come infuocata.
– Domenico!… Domenico!… – Uomini, donne, ragazzi lo chiamavano, sghignazzando, facendosi beffe di lui, ma egli non si fermava.
– È tardi!… è tardi!… – aveva risposto due o tre volte a’ più importuni.
E aveva continuato nella sua corsa.
Domenico era ben noto per diecine di miglia intorno a Napoli.
Avea servito molti signori, in un anno mutava cinque, sei padroni; era stato cocchiere, cuoco, valletto; aveva pur servito in conventi, in locande, in osterie, sempre cacciato per la sua intemperanza.
Ora egli era giardiniere del duca di Montrone.
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