Leóš JanáčekLeóš Janáček, (Hukvaldy, 3 luglio 1854 – Ostrava, 12 agosto 1928), è stato un compositore ceco. È ritenuto uno dei massimi compositori dell’inizio del XX secolo ed è noto in particolare per la sua Sinfonietta e per i suoi lavori operistici.

Janáček trascorse una povera infanzia a Hukvaldy, in Moravia, ricevendo dal padre, maestro elementare, violinista e organista dilettante, le prime lezioni di musica. La sua formazione artistica procedette molto a rilento: dopo essersi diplomato a diciotto anni in magistero al convento di Brno, tra il 1874 e il 1875 proseguì i suoi studi musicali presso la scuola d’organo di Praga. Pur di studiare sopportò sacrifici durissimi: nei primi tempi, non potendo disporre di un pianoforte, fu costretto ad esercitarsi su una finta tastiera disegnata sopra un cartone.

In questo periodo conobbe Antonín Dvořák, il musicista cèco che avrebbe notevolmente influito sulle sue prime composizioni, col quale strinse un’amicizia destinata a durare negli anni. Contemporaneamente partecipò all’intensa vita culturale di Praga, animata da un gruppo di intellettuali chiamati ruchovici, che si raccoglievano attorno alla rivista Ruch nella quale si contestavano le tendenze cosmopolite e s’affermava l’ideale di una cultura nazionale e antiaustriaca. Già in questi anni Janácek cominciò dunque a lottare per il proprio paese, al quale sarà sempre profondamente legato. Nel 1876 le difficoltà economiche lo costrinsero a rientrare a Brno e ad assumere la direzione della società corale Svatopluk; dopo pochi mesi diede le dimissioni e passò a dirigere un altro coro, la Beseda brnenská, lavorando nel contempo come insegnante di musica presso il locale istituto magistrale.

A questo periodo risalgono i suoi primi lavori corali e strumentali. Nel contempo Janáček si stava dedicando ad approfondire la propria preparazione teorica attraverso la lettura dei testi di estetica di Josef Durdík e Zimmermann e quelli sulla psicologia musicale e la fisioacustica di Wilhelm Wundt e Hermann von Helmholtz, ricavando da queste letture la spiegazione scientifica di alcune sue intuizioni riguardo alla possibilità di affrancare l’armonia dalle rigide regole dell’armonia scolastica. Più tardi, nel suo diario, affermò d’aver studiato a fondo dal 1876 al 1879 questi testi e d’averne tratto la conclusione che ogni accordo può succedere ad un altro al di fuori delle regole codificate della concatenazione armonica a patto che questo procedimento risponda alle esigenze dell’espressione e della comunicazione sviluppatesi nel pubblico cui la musica è destinata.

Nel 1879 Janáček lasciò Brno e i suoi impegni di lavoro per recarsi a Lipsia e successivamente a Vienna, presso il cui Conservatorio frequentò i corsi di perfezionamento in composizione, direzione d’orchestra ed estetica, ampliando ulteriormente la sua già vasta conoscenza della musica europea, sulla quale si tenne sempre aggiornato (scrisse: «posso dire che nessun lavoro della letteratura musicale moderna mi sia sfuggito»).

Nel 1881 rientrò a Brno dove fondò la scuola d’organo e composizione che diresse fino al 1919. In questo periodo intensificò la sua attività di direttore di coro e d’orchestra, dedicandosi prevalentemente all’esecuzione di opere di autori moderni, approfondì gli studi sulla nuova armonia e proseguì una sistematica ricerca sul folklore moravo, raccogliendone ed analizzandone le melodie coll’amico e collaboratore František Bartoš. Tali ricerche attrassero l’attenzione dell’ambiente culturale cèco più della sua attività di compositore, che fu a lungo scarsamente considerata: quando nel 1891 fu rappresentato al teatro Nazionale di Praga il balletto Rákos Rákoczy, Janácek fu definito dalla stampa «un’autorità in fatto di canto popolare, come raccoglitore e arrangiatore, ma quanto a composizione e a teorie musicali, un innovatore troppo eccentrico.»

Il primo periodo della carriera artistica di Janáček – noto come il periodo romantico – è influenzato da Smetana e, soprattutto, da Dvořák. Esso si concluse con la nascita di un’opera in tre atti, Šárka, sullo stesso soggetto dell’omonimo poema sinfonico di Smetana. Composta nel 1887 e ispirata ad una leggenda popolare, Sarka venne rimaneggiata dal compositore molti anni dopo, per debuttare in una nuova versione a Praga nel 1924. Dal 1888 al 1906 Janáček si dedicò soprattutto alle ricerche folkloriche, che ispirarono anche il suo lavoro compositivo, profondamente legato ai canti e alle danze della Moravia. Nel contempo la sua formazione intellettuale e artistica andava completandosi proprio negli anni in cui, a cavallo del secolo, Thomas Masaryk stava alimentando, in chiave materialista e positivista, la lotta antimperialista della borghesia praghese, esercitando un forte influsso, in direzione realista e naturalista, sugli artisti della rinascita cèca, e aiutandoli ad emanciparsi dall’idealismo e dal romanticismo tedeschi.

L’adesione al movimento ideologico di Masaryk conferí dunque al lavoro di Janácek un più chiaro significato patriottico e democratico. Una decisiva influenza sul suo orientamento artistico venne esercitata inoltre da un viaggio ch’egli compié nel 1896 in Russia e Polonia: la sua passione per la musica russa è di vecchia data, ma finora egli s’era interessato soprattutto a Pëtr Il’ič Čajkovskij, pubblicando anche alcuni saggi critici; il soggiorno russo favorí il suo avvicinamento alla musica di Musorgskij, che lo colpí per la sua forte, autentica ispirazione nazionale, e il contatto coi nazionalisti russi e polacchi incrementò il suo interesse per lo slavofilismo populista e antiborghese di cui, per le dolorose vicende del suo paese, condivideva i principî e le attese.

Dal 1894 al 1903 Janáček compose Jenufa (La figliastra), una partitura teatrale che all’epoca della prima a Brno (21 gennaio 1904) non suscitò particolare interesse, ma che ebbe in seguito una clamorosa rivalutazione. La sua riscoperta avvenne per caso: dopo parecchî anni un tale, passeggiando per la campagna morava, fu colpito da certe melodie cantate da una voce femminile: s’informò, erano melodie di Jenufa. Telegrafò allora al direttore del Teatro Nazionale di Praga e finalmente nel 1916 l’opera fu data a Praga con esito trionfale.

È proprio con Jenufa che Janácek afferma decisamente il suo rifiuto delle concezioni romantiche e la volontà di appartenere invece ad un mondo ideale e morale nel quale vengano rispettati i diritti degli uomini, a partire dai più umili e indifesi. Allo stesso periodo appartengono altre composizioni di rilievo, tra cui Le danze di Lachi per orchestra (1889-90), nelle quali Janáček riproduce in chiave personale l’estro gioioso di un’esecuzione folklorica attraverso la ripetizione di alcune elementari figurazioni timbriche, armoniche e ritmiche contrastanti; e le due cantate: Amarus (per soli, coro e orchestra, 1897) e Padre nostro (per soli, coro e pianoforte, 1901), la prima delle quali racconta la storia di un giovane monaco che, rinchiuso fin da piccolo in un convento, osservando due innamorati in un giorno di primavera, scopre il senso dell’amore, della natura e della vita che gli è negata e, disperato, s’uccide sulla tomba della madre.

Sul finire del XIX secolo Janáček intensificò la sua attività di etnomusicologo ante-litteram. Nel 1894 organizzò la sezione musicale morava alla Mostra etnografica di Praga e nel 1901 curò l’edizione di una raccolta di 2057 canti moravi. Parallelamente si dedicò ai suoi prediletti studi sul linguaggio dei suoni, pubblicando alcuni saggi per l’Accademia Cèca delle Scienze e delle Arti e, nel 1897, il volume La composizione degli accordi e la loro risoluzione. Questo testo, in cui sono riassunti i risultati acquisiti attraverso anni di ricerche, sarà rielaborato dall’autore fino a dar vita, nel 1913, a quel vasto Trattato completo di armonia nel quale formulò in maniera organica le sue teorie innovative.

Nel 1906 Janácek chiuse di fatto il lungo periodo della ricerca folklorica pubblicando l’ampio saggio La raccolta di canti nazionali cechi in Slesia e Moravia. Da questo momento egli si dedicò quasi esclusivamente alla composizione. Ebbe inizio il periodo della maturità – che la critica colloca tra il 1906 e la fine della prima guerra mondiale nel 1918. In questo periodo, nel quale il suo spirito nazionalistico e il suo impegno sociale e politico si manifestarono con ancora maggior vigore, egli compose l’opera in quattro parti Il viaggio del signor Brouček sulla luna (completata nel 1917 e rappresentata nel 1920) che contiene una dura satira contro il conformismo della borghesia cèca. Ad essa seguirà una seconda parte: Il viaggio del signor Brouček nel sec. XV, rappresentata lo stesso anno. Ancora a temi patriottici sono ispirate due composizioni del 1918: una corale, La legione cèca, e una orchestrale, la rapsodia Taras Bulba tratta da Gogol.

Nel dopoguerra la visione del mondo, umanamente pessimista, di Janáček trovò la sua massima manifestazione in quattro opere teatrali che contengono, in maniera diversa, una forte carica di protesta: Kát’a Kabanová (1921), La volpe astuta (1924), L’affare Makropulos (1926) e Da una casa di morti (1930). L’immedesimazione del compositore con il materiale narrativo delle sue opere è sempre molto forte: durante la composizione di Una casa di morti, tratta da un lavoro di Dostoevskij nel quale il letterato russo rievoca le tragiche esperienze dell’esilio siberiano, egli confessa ad un amico: «mi sembra di scendere, gradino per gradino, sempre più in basso, e di camminare nei bassifondi più miserabili degli esseri umani. Ed è un cammino molto penoso.»

Se la vita artistica di Janáček non fu né facile né felice, e il successo arrivò molto tardi, la sua vita privata non fu migliore: un matrimonio sbagliato e la morte prematura dei due figli lo spinsero alla ricerca di legami che si rivelarono altrettanto deludenti. La relazione con la prima Jenufa di Praga, la cantante Gabriela Orvatova, spinse la moglie del musicista ad un tentativo di suicidio che segnò dolorosamente la vita della coppia. Il tardivo amore per una ragazza di Písek turberà i suoi ultimi anni e ispirerà parte del Quartetto n. 2, non a caso intitolato “Lettere intime”.

Gli ultimi anni furono un periodo particolarmente fertile. Pur dedicandosi soprattutto al teatro, il compositore affrontò lavori di vasta mole appartenenti a generi diversi, come la cantata Il diario di uno scomparso (composta tra il 1917 e il 1919), la Sinfonietta (1926), i due quartetti (1923 e 1928) e la celebre Messa glagolitica in cui fa rivivere drammaticamente la Passione di Cristo (1926). Finalmente cominciava a ricevere qualche gratificazione professionale: le sue partiture venivano eseguite nei teatri e nelle sale da concerto e la critica gli dimostrava maggiore attenzione e considerazione. Nel 1919 fu nominato professore al Conservatorio di Praga e nel 1926, durante un viaggio a Londra, gli furono tributati grandi onori. Le autorità ceche gli ordinarono alcuni lavori celebrativi, riconoscendo in lui il compositore più rappresentativo del paese.

Malgrado il successo, tuttavia, Janácek continuò a condurre la sua vita schiva e appartata. Morí il 5 agosto del 1928 ad Ostrava all’età di settantaquattro anni, dopo un breve periodo di riposo trascorso nella città natale di Hukvaldy. Secondo i suoi desideri, al funerale fu eseguita la scena del Guardiacaccia che conclude La volpe astuta.

Note biografiche tratte (e rielaborate) da Wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Leos_Janacek

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autore:
Leóš Janáček
ordinamento:
Janáček, Leóš
elenco:
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