Bernd Heinrich Wilhelm von Kleist nacque a Francoforte sull’Oder il 18 ottobre 1777, (benché lui credesse e affermasse di essere nato il 10 ottobre). Il padre Joachim Friedrich era capitano di un reggimento prussiano. Aveva avuto due figlie dalla prima moglie e, vedovo, si era risposato con una donna di diciotto anni più giovane, Juliane Ulrique von Pannwitz. Heinrich fu il primogenito di questa seconda unione e a lui seguirono tre sorelle e un fratello. Tra le due sorellastre ebbe sempre una predilezione per Ulrike.
La famiglia aveva lunga tradizione di carriera militare e numerosi erano i parenti di Heinrich che militavano nell’esercito. Franz Kasimir von Kleist rimase noto per aver consegnato Magdeburgo ai francesi nel 1806 senza opporre resistenza. Tra gli antenati troviamo Ewald von Kleist, poeta ricordato per il poema La Primavera e per numerose liriche di stampo agreste, anche lui comunque militare di carriera, se pur contro voglia; morì in conseguenza di ferite riportate nella battaglia di Kunersdorf che vide la più cocente sconfitta di Federico il Grande. Nella commedia Minna von Barnhelm (la Commedia del Soldato) di Gotthold Ephraim Lessing, che è ambientata nella guerra dei sette anni, il personaggio del Maggiore Tellheim è modellato sulla figura proprio di Ewald von Kleis del quale Lessing fu amico.
Il 18 giugno 1788 muore il padre di Heinrich; il ragazzo fino a quel momento aveva avuto la sua istruzione elementare in casa, istruzione che era improntata agli schemi rigidi della tradizione religiosa luterano-ortodossa. Alla morte del padre la zia che si era assunta le responsabilità familiari decise di inviarlo a Berlino per completare l’istruzione elementare presso il predicatore Catel.
Il primo giugno 1792 entrò nel reggimento della guardia di Potsdam col grado di caporale. Il 3 febbraio dell’anno successivo morì sua madre. Successivamente prese parte alla campagna del Reno e rientrò a Potsdam con il grado di alfiere dopo la pace di Basilea del 1795.
Come ricordò in diversi suoi scritti, la vita militare con «elementi del tutto dissimili dalla mia indole» gli era tutt’altro che congeniale. Tuttavia raggiunse il grado di sottotenente il 7 marzo 1797. Nello stesso anno insieme allo scrittore Rühle von Lilienstern si recò in viaggio nello Harz. Iniziò in questo periodo a dedicarsi a studi scientifici e a studiare matematica; prese a interessarsi anche alla musica e a imparare a suonare il clarinetto. Iniziò altresì nel 1797 a scrivere il suo saggio Del modo di trovare la sicura via della felicità e di goderla indisturbati, anche nelle maggiori calamità della vita. Strinse solida e duratura amicizia con Adolphine von Werdeck e conobbe la cugina, di sedici anni più anziana di lui, Marie von Kleist, nata von Gualtieri; anche con quest’ultima il rapporto intellettuale fu particolarmente intenso.
È possibile ricostruire molte fasi della vita di Heinrich von Kleist tramite le sue lettere (almeno quelle che si sono salvate da occultamenti e distruzioni varie). Del suo travaglio interiore in questi anni tra il 1797 e il 1799 apprendiamo da una lettera al suo ex insegnante Ernst Martini e da quella alla sorellastra Ulrike. Ma le sue aspirazioni vennero considerate con stupore dalla famiglia che però accettò l’abbandono della carriera militare e l’iscrizione all’università di Francoforte sull’Oder. Frequentò le lezioni – matematica, fisica, filosofia e lingue antiche ma anche giurisprudenza e scienza delle finanze – per tre semestri. Affiancò all’attività di studio una sorta di insegnamento che teneva nella sua camera invitando le giovani ragazze del vicinato ad assistervi. Conobbe in questo modo e si innamorò, fidanzandosi segretamente, di Wilhelmine von Zenge, figlia di un militare di stanza a Francoforte. L’epistolario che scaturì da questo amore è davvero molto interessante per apprendere qualcosa sulla figura di Heinrich von Kleist.
Portò a termine il saggio Sulla via della felicità di cui abbiamo accennato sopra, e da questo saggio si evince che aveva letto certamente le Simpatie di Wieland e il Don Carlos di Schiller, dal quale attinse ampie citazioni.
Nel 1800, sempre pervaso da insoddisfazione per le proprie attività, si recò a Berlino in cerca di un impiego. Ma verso il mese d’agosto, intraprese un viaggio in compagnia del vecchio commilitone Ludwig Brockes; viaggio che attraverso varie tappe lo vide poi sostare fino a ottobre a Würzburg. Le ragioni di questo viaggio possono essere ricostruite da alcune lettere alla fidanzata. Si può supporre una malformazione che lo sconsigliasse a intraprendere una vita matrimoniale. Scrisse infatti a Wilhelmine che al ritorno avrebbe potuto «soddisfare le sacrosante esigenze» di lei. Ervino Pocar considera più probabile, anche in base alla sua profonda conoscenza dell’opera di von Kleist, che egli fosse soggetto a problemi di natura soprattutto psichica e che fossero questi problemi psichici a procurargli limitazioni di tipo fisico.
Durante la permanenza a Würzburg, oltre a sentirsi guarito dal suo male, iniziò a scrivere delle liriche. Sia della guarigione che del concretizzarsi della vocazione alla poesia apprendiamo ancora una volta dalle lettere a Wilhelmine.
Tornò a Berlino per impiegarsi, dal primo novembre, presso il ministero prussiano dell’economia. Impiego che per la mentalità burocratica che occorrerebbe era ben lontano dalle sue aspirazioni. Iniziò quindi la lettura di Rousseau e Kant e diede vita ai primi abbozzi sia di La famiglia Ghonorez (che diverrà poi Schroffenstein) che di Pentesilea. Soprattutto la lettura di Kant risultò per lui sconvolgente. Ne scrisse contemporaneamente sia alla sorella Ulrike che alla fidanzata Wilhelmine. «Noi non possiamo decidere se ciò che chiamiamo verità sia veramente verità o soltanto così ci appaia. In questo secondo caso, la verità che qui raccogliamo non c’è più dopo la morte – e ogni sforzo per acquistare una proprietà che ci segua anche nella tomba è vano… Il mio unico, il mio più alto scopo è crollato e non ne ho più alcuno».
Intraprese insieme alla sorella Ulrike un altro viaggio che li condusse fino a Parigi dove iniziò a lavorare a Roberto il Guiscardo. Ma è sempre inquieto, non gli piacciono né Parigi né tantomeno i francesi e sorgono anche dissidi con Ulrike, definita da von Kleist «un essere che non è né maschio né femmina e che, per così dire, quasi come un anfibio, esita tra i due sessi. Sorprendente è, in questa creatura, il contrasto tra volontà e forza.». Siamo nel novembre 1801 e mentre Ulrike fa ritorno a Francoforte sull’Oder, von Kleist si reca in Svizzera, sul lago di Thun dove conosce Ludwig Wieland e Heinrich Gessner.
Nel 1802 scioglie il fidanzamento con Wilhelmine la quale non si era sentita di seguirlo su un’isoletta del fiume Aar sulla quale Heinrich si era stabilito per vivere del lavoro di contadino, in aderenza agli ideali roussoiani, e soprattutto per trovare la tranquillità che gli permettesse di dedicarsi alla poesia.
Ma il proponimento non dura a lungo: si reca a Berna, dove si ammala, e poi a Jena dove conosce Schiller ed è da questi ben accolto. Non altrettanto accade a Weimar dove incontrò Goethe che non ebbe per von Klest alcuna simpatia. Si recò poi a Ossmannstedt da Wieland e la figlia tredicenne di quest’ultimo si innamorò di lui. Anche di questo ne scrisse a Ulrike.
La lettura a Wieland di alcune scene del Guiscardo riscossero l’entusiasmo del Wieland che sostenne che l’opera di Von Kleist veniva a colmare una lacuna nella letteratura drammatica tedesca che non era stata colmata neppure da Goethe e Schiller. Nel frattempo Von Kleist iniziò anche a lavorare a La brocca infranta, Anfitrione, Leopoldo d’Austria e Pietro l’eremita.
Nel luglio del 1803 intraprese, insieme a Ernst von Pfuel, del quale era molto amico, un viaggio a piedi raggiungendo Berna, Milano, Ginevra e Parigi. Nel febbraio dello stesso anno era stato pubblicato in forma anonima a Berna e Zurigo La famiglia Schroffenstein.
Stringe amicizia con Henriette Schlieben. Ma spesso le sue crisi hanno il sopravvento. Durante queste crisi, testimoniate da lettere alla sorella Ulrike, medita di abbandonare la scrittura, «un’opera che è troppo difficile per me». A Parigi distrusse il manoscritto incompiuto del Guiscardo e riprese il viaggio a piedi, da solo, in direzione di Boulogne sur Mer allo scopo di arruolarsi nell’esercito di Napoleone, che, si diceva, stava preparando lo sbarco in Inghilterra. Ne scrive così alla sorella: «A Parigi ho riletto, ripudiato e dato alle fiamme quanto della mia opera era stato portato a termine. Ed ora, per me, è finita. Il Cielo mi nega la gloria, il più grande dei beni terreni, ed io, come un ragazzo capriccioso, gli getto in faccia tutti gli altri. Vado incontro alla morte… alla bella morte di chi cade combattendo». Ma subito dopo ritornò in Germania, a Magonza dove venne preso in cura dal dottor Georg von Wedekind. A giugno del 1804 rientrò a Berlino ottenendo subito un impiego presso l’amministrazione del demanio.
Jean Paul nel frattempo si era così entusiasmato dopo aver letto la Famiglia Schroffenstein che la inserì tra le opere citate nei suoi Preliminari di Estetica accanto alle opere di Novalis e Brentano.
L’anno successivo l’amministrazione del demanio lo trasferì a Königsberg. Qui riprese gli studi economici e giuridici. L’ex fidanzata aveva nel frattempo sposato il professor Wilhelm Krug che era stato chiamato a sostituire Kant – morto nel 1804 – all’università di Königsberg. Von Kleist fu spesso ospite in casa Krug. In questo periodo intensificò la sua attività di narratore scrivendo La marchesa di O. e Il terremoto nel Cile; ma iniziò anche altri lavori e riprese il tema delle amazzoni mettendo mano a Pentesilea.
Nel 1806 ebbe nuovamente problemi di salute. Chiese dapprima una licenza, ma ad agosto diede le dimissioni dall’amministrazione statale. Apprendiamo ancora una volta da una lettera alla sorella Ulrike che intendeva trarre il proprio reddito dai suoi lavori drammatici.
Nel 1807 venne arrestato, forse come spia durante l’occupazione francese di Berlino, dove si era recato abbandonando Königsberg che era diventata sede della corte di Prussia. Fu detenuto, assieme a due amici al forte di Joux, fino alla pace. Venne dunque trasferito con gli altri prigionieri di guerra a Châlons sur Marne fino a che da Berlino non giunse l’ordine di rilascio.
A Dresda uscì, sempre nel corso del 1807, Anfitrione a cura di Adam Müller. Sulla stampa si parlò di von Kleist come uno dei migliori poeti tedeschi viventi. Portò a termine Pentesilea. Compose anche il dramma in cinque atti Käthchen von Heilbrönn che lui vede come strettamente legato a Pentesilea, «il suo rovescio, il suo altro polo, una creatura altrettanto potente per totale dedizione, come quella per l’azione».
Sempre da una lettera alla sorella Ulrike si apprende che aveva iniziato la pubblicazione della rivista d’arte “Phöbus” in collaborazione con Adam Müller che certamente seppe avere la sensibilità giusta per stimolare il genio di von Kleist e sopportarne al meglio gli sbalzi d’umore e la volubilità. La rivista uscì per tutto il 1808 ma la sua vita terminò dopo un anno. Von Kleist inviò il primo numero – che conteneva tra l’altro degli estratti di Pentesilea che l’editore Cotta di Tubinga avrebbe pubblicato pochi mesi dopo – a Goethe che così rispose: «Non riesco ancora a sentirmi a mio agio… si muove in una regione talmente a me lontana che mi occorrerà del tempo… E poi permettetemi di dirvi (perché, se non si deve essere sinceri, sarebbe meglio tacere) che mi turba e impensierisce sempre vedere giovani di grande intelligenza e talento aspettare un teatro che è ancora di là da venire». Come spesso accade Goethe non seppe riconoscere il più grande drammaturgo della sua epoca. D’altra parte Lessing si era dimostrato ostile a Goethe, Schiller a Hölderlein.
Frattanto nel 1806 Napoleone aveva inflitto una severa sconfitta ai prussiani nella battaglia di Jena e in Von Kleist l’avversione per i francesi crebbe enormemente. Entro l’anno concluse la Battaglia di Arminio nel quale i risvolti di questa sua presa di coscienza politica appaiono evidenti. Quando l’Austria dichiarò guerra alla Francia si entusiasmò: insieme all’amico Dahlmann decise di partire per l’Austria. Si fermò tuttavia a Praga e visitò il campo di battaglia di Aspern che aveva visto la sconfitta di Napoleone. Scrisse Il catechismo dei tedeschi denso di appelli contro il tiranno francese e progettò una nuova rivista che si sarebbe intitolata “Germania”. Tanta era stata l’euforia quanto maggiore la depressione dopo la vittoria napoleonica nella battaglia di Wagram all’inizio del luglio 1809. Anche di questo scrive a Ulrike prima di rifugiarsi in un monastero a Praga per cercare di recuperare la salute. In questi mesi fino quasi alla fine del 1809 non fece giungere a nessuno sue notizie, ma scrisse alcune delle liriche sue più famose: L’Inno a Palafox, L’Inno a Francesco Primo, La Germania ai suoi figli, l’Ode per il ritorno del re a Berlino. Sempre di questi mesi sono le Lettere satiriche che avrebbero dovuto essere pubblicate su “Germania”. Non c’è dubbio che le sue liriche rappresentino un punto di discontinuità rispetto alla poesia tedesca a lui contemporanea. Rimangono infatti un caso artistico isolato. Fece ritorno a Francoforte sull’Oder alla fine del 1809.
Nel gennaio 1810 si recò a Berlino dove strinse amicizia con Clemens Brentano e Achim von Arnim. In questo anno l’editore Reimer pubblicò il primo volume dei racconti. Nonostante siano uno dei punti più alti della narrativa tedesca del periodo, Von Kleist pare che non fosse contento di questa pubblicazione, poiché si autoconsiderava autore soprattutto teatrale.
A suggello della pace di Vienna avvennero le nozze, il 1 aprile 1810, tra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo-Lorena. Per celebrare queste nozze il 17 marzo si era tenuta la prima rappresentazione al “Theater an der Wien” di Käthchen von Heilbronn. Negli stessi giorni Von Kleist scrisse al suo editore a proposito di un romanzo in due volumi la cui stesura sarebbe stata in fase avanzata. Il manoscritto di tale romanzo non fu mai trovato.
Dal 1 ottobre 1810 iniziò a uscire “Berliner Abendblätter” quotidiano della sera che fondò insieme ad Adam Müller. Era un quotidiano bizzarro persino nel formato, in ottavo. Finché diede spazio alla cronaca nera – e questa scelta veniva favorita dal fatto che poteva raccogliere i bollettini della polizia del pomeriggio – le vendite furono buone. Ma diminuirono sensibilmente quando fu aumentato lo spazio dedicato alla letteratura. Numerosi i testi pubblicati di cui fu autore Von Kleist: il Nuovissimo disegno educativo, la Preghiera di Zoroastro, La mendicante di Locarno, Santa Cecilia e il saggio Sul teatro di marionette. Nonostante la ricerca di sovvenzioni che potessero permettere la sopravvivenza del giornale, gli articoli politici di Von Kleist critici nei confronti del governo liberale di Hardenberg furono determinanti per la chiusura del giornale. Erano stati soppressi gli articoli politici e la critica teatrale affidata ad un avversario di von Kleist, August Iffland; ma nonostante questo il giornale cessò le pubblicazioni con il n. 72 del 22 dicembre 1810. Parzialmente rinnovato riprese le pubblicazioni poco dopo, ormai trasformato in una sorta di gazzetta burocratica, per cessare definitivamente il 30 marzo 1811.
È in quest’anno che portò a termine la sua ultima opera Il principe di Homburg, forse la sua opera teatrale più importante e riuscita, e venne pubblicato, dall’editore berlinese Reimer, il suo secondo volume di racconti che comprende tra gli altri La mendicante di Locarno, rivisto e modificato rispetto a come era stato pubblicato dal quotidiano l’anno precedente. Credo che sia in pratica il più noto dei racconti di Von Kleist, spessissimo ospitato nelle scelte antologiche di racconti di fantasmi. Per l’Italia da ricordare almeno le traduzioni di Riccardo Reim (Fantasmi per tutta la notte, 2005) e Ervino Pocar (Racconti del mistero, 2004).
Müller gli fece conoscere Henriette Vogel, giovane moglie trentunenne di un impiegato di banca. Henriette era affetta da un male incurabile. Anche questa vicenda è piuttosto nebulosa; Von Kleist ne parla in alcune lettere alla cugina Marie. Certamente trovarono tra loro due un’intesa che forse Von Kleist non aveva mai trovata con una donna. Assieme ad Henriette decisero quindi di porre fine alla propria esistenza. Affittarono una stanza in una locanda sul fiume Wannsee alla periferia di Berlino il 20 novembre. La mattina dopo si recarono sulla riva del fiume e con un colpo di pistola von Kleist uccise Henriette e subito dopo rivolse contro se stesso l’arma. Nella stessa mattinata poco prima del suicidio aveva scritto un’ultima volta alla sorella Ulrike. Vennero sepolti vicino nello stesso luogo del suicidio. La lettera termina con questa frase:
«In realtà, tu hai fatto per me non dico quanto stava nelle forze di una sorella, ma nelle forze di una creatura umana, al fine di salvarmi: la verità è che per me non c’era soccorso su questa terra. E ora addio; possa il Cielo donarti una morte soltanto a metà così gioiosa e indicibilmente tenera come la mia: questo è l’augurio più cordiale e più profondo che io possa concepire per te».
Nel 1821 Ludwig Tieck curò, con il titolo Hinterlassene Schriften [Scritti postumi], l’edizione delle opere di Kleist, in cui compaiono anche La battaglia di Arminio e Il principe di Homburg, fino ad allora inediti.
Fonti:
- Franco Monteforte: Nel segno di Kleist. I coniugi Lose e il paesaggio romantico lombardo in “Notiziario della Banca Popolare di Sondrio”, n. 124, 2012.
- A.M. Carpi: Un inquieto batter d’ali. Vita di Heinrich von Kleist. Milano 2005.
- G. Pulvirenti, R. Gambino: La mente narrativa di Heinrich von Kleist. Milano 2018.
- H. von Kleist; Lettere alla fidanzata [a cura di Ervino Pocar]. Milano 1985.
- E. Pocar: Nota sull’autore, in H. von Kleist, Sul teatro di marionette: aneddoti, saggi. Parma 1986.
- H.G. Schede: Heinrich von Kleist. Hamburg 2008.
- J. Schmidt: Heinrich von Kleist: Studien zu seiner poetischen Verfahrensweise. Tübingen 1974.
- H. von Kleist; Epistolario. Scelta, traduzione e introduzione di Giani Stuparich. Lanciano 1919.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
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- Pentesilea
Frutto di uno studio attento sul mito delle amazzoni, von Kleist in questo dramma rievoca la figura di Pentesilea, figlia di Ares e regina delle amazzoni, e il suo intervento nella guerra di Troia. L'autore sottolinea la rinuncia al sentimento individuale in favore di una “superiore” ragion di stato che fa da sfondo al tema del rapporto tra i sessi.