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Dall’incipit del libro:

Così disse Ulisse in Omero in una publica concione. S’egli altro detto non avesse, se non che: Servire a più signori è gran follia: avrebbe detto a maraviglia bene. Ma in vece di dire, come per parlare ragionevolmente avrebbe dovuto, che la signoria di molti non può esser buona, da che anche l’impero d’un solo, tosto che acquista il titolo di signoria, diventa immantinente irragionevole e ferreo, egli volle anzi soggiungnere tutto al rovescio. Ch’un sol sia il re, ch’un sol signor vi sia. Pur tuttavia può per avventura Ulisse essere in ciò degno di scusa, perch’eragli forse mestieri allora di usare un tal linguaggio per servirsene ad acchetare qualche ribellione dell’esercito laonde io suppongo la di lui sentenza più conforme alla circostanza del tempo, che alla verità. Ma ragionando da senno è massima sventura l’essere sottoposto ad un padrone, il quale non v’è chi possa in conto alcuno assicurarsi, ch’ei, sia per esser buono, restando sempre in di lui balia l’essere malvagio quando il voglia. L’aver poi più d’un Padrone è quanto dire essere altrettante volte estremamente sventurato quanti Padroni s’hanno a servire.

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titolo:
Discorso di Stefano della Boetie, della schiavitù volontaria, o il Contra uno
titolo per ordinamento:
Discorso di Stefano della Boetie, della schiavitù volontaria, o il Contra uno
autore:
opera di riferimento:
"Discorso di Stefano della Boetie, della schiavitù volontaria, o il Contra uno", di Etienne de la Boetie; traduzione di Cesare Paribelli; In Napoli, anno settimo repubblicano [1799]
licenza:

data pubblicazione:
17 marzo 2005
opera elenco:
D
affidabilità:
affidabilità standard
digitalizzazione:
Giuseppe Bonghi, bonghi18@classicitaliani.it.
pubblicazione:
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it
Alberto Barberi, collaborare@liberliber.it
revisione:
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it
traduzione:
Cesare Paribelli