Fra i primi idilli composti fra il 1819 e il 1821, (“La sera del dì di festa”, “Alla luna”, “Il sogno”, “La vita solitaria”) in cui gli oggetti e i paesaggi assumono una amplissima risonanza sentimentale, dove dominano i toni dell’evocazione e della memoria e il dolore per il cadere di dolci speranze e per l’inesorabile trascorrere del tempo si sublima nella composta contemplazione di una natura onnicomprensiva. Oltre al testo della poesia l’archivio contiene una immagine digitalizzata del secondo manoscritto autografo.
Dall’incipit del libro:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
De l’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminato
Spazio di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e ‘l suon di lei. Così tra questa
Infinità s’annega il pensier mio:
E ‘l naufragar m’è dolce in questo mare.
In foto: vista della campagna di Recanati, dal monte Tabor. Foto di Claudio Stanco.




