Dall’incipit del libro:
Poi che da’ granchi a rintegrar venuti
Delle ranocchie le fugate squadre,
Che non gli aveano ancor mai conosciuti,
Come volle colui ch’a tutti è padre,
Del topo vincitor furo abbattuti
Gli ordini, e volte invan l’opre leggiadre,
Sparse l’aste pel campo e le berrette
E le code topesche e le basette;
Sanguinosi fuggian per ogni villa
I topi galoppando in su la sera,
Tal che veduto avresti anzi la squilla
Tutta farsi di lor la piaggia nera:
Quale spesso in parete, ove più brilla
Del Sol d’autunno la dorata sfera,
Vedi un nugol di mosche atro, importuno,
Il bel raggio del ciel velare a bruno.
Come l’oste papal cui l’alemanno
Colli il Franco a ferir guidava il volto,
Da Faenza, onde pria videro il panno
Delle insegne francesi all’aria sciolto,
Mosso il tallon, dopo infinito affanno,
Prima il fiato in Ancona ebbe raccolto;
Cui precedeva in fervide, volanti
Rote il Colli, gridando, avanti avanti;
O come dianzi la fiamminga gente,
Che Napoli infelice avea schernita,
Viste l’armi d’Olanda, immantinente
La via ricominciò ch’avea fornita,
Né fermo prima il piè, che finalmente
Giunse invocata la francese aita;
Tale i topi al destin, di valle in valle,
Per più di cento miglia offrir le spalle.


