Dall’incipit del libro:
Assunse, colla vita ed il sangue materno, l’abito alla metafisica: il desiderio di crescere ambiziosamente in qualche cosa di più lo fece accostare al pericolo tedesco di Hegel. Ed ecco che ci appare come un napoletano ubriaco di quelli spiriti: donde una nojosa ed antipatica indigestione, in sul principio; poi, un permanente deposito al cervello.
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Lo udimmo dire, come un Germano esaltato: «Vado verso il pensatore della profonda astrazione». Sì; correva verso chi aveva anche lambiccato il buon senso. Gli si accostò e lo accettò in sintesi: lo fece, in quanto le deduzioni hegeliane non sono atte se non a lusingarlo, persuadendolo della sua personale vanità. Sapendo, il Croce, che il successo è l’essere in istato, può anche esclamare: «Io ho raggiunto la crisi di una sintesi illustre; e mi chiamo l’Orgoglio della Gioventù; il quale si appaga solamente nell’udire e nel far ripetere che l’Iddio vecchio dei nonni non è più relegato in Paradiso, ma che è lo Medesimo sulla Terra». Al contatto della coscienza crociana ogni cosa si divinizza.
Gli fu carissimo il presupporsi, contro il razionalismo di Giosuè Carducci, maestro alli Italianucoli di idealismo hegeliano.



