Giuseppe Lipparini nacque a Bologna il 2 settembre 1877.
Discepolo del Carducci e Panzacchi, insegnò letteratura italiana a Urbino, Matera e Palermo. Ancora studente appena ventenne fondò con altri allievi del Carducci, come Valgimigli e Federzoni, la rivista “Il Tesoro” che durò però solo otto numeri obbligando i giovani entusiasti a sanare faticosamente il debito con la tipografia.
Rappresentò, nella letteratura italiana del Novecento l’estrema ala classicistica; ma il suo fu un classicismo fortemente imbevuto di caratteristiche decadenti, di ispirazione alessandrina e parnassiana insieme, costellato da fantasie sensuali ed eleganze formali, preziosità di immagini, dove la nota più sincera è rappresentata da un impressionismo limpido; gli aspetti dell’ornamento che appare quasi sempre artificiale e falso, rispecchiano la moda instaurata da Pierre Louys.
Dopo i primi anni di insegnamento già ricordati stabilizzò la sua attività come insegnante dapprima al liceo Galvani di Bologna e succedendo poi al Panzacchi nella cattedra di Storia dell’Arte all’Accademia di belle arti della sua città.
Della sua attività giornalistica ricordiamo le collaborazioni con “Il Corriere della Sera”, l’“Italiano” di Longanesi, “Il Messaggero” e “Athena” e soprattutto col quotidiano della sua città “Il Resto del Carlino” del quale fu collaboratore assiduo per più di sessant’anni firmando talvolta con gli pseudonimi di Calandrino e Peppino il Superuomo. Nei primi anni del ’900 fu redattore della “Patria” di Roma e pubblicò i suoi primi saggi letterari sulla rivista dell’“Olio di Oliva” dei Fratelli Sasso.
I suoi versi migliori sono compresi in I canti di Melitta (1910); ricordiamo inoltre le raccolte: Lo specchio delle rose (1898); Idilli (1901); Nuove poesie (1903); Poemi ed elegie (1908); L’ansia (1913); Le foglie dell’albero (1916) che comprende i versi scritti fra il 1898 e il 1913; Stati d’animo ed altre poesie (1918); la tragedia in versi Ermione (1937). L’anacronismo stilistico più evidente è presente nelle sue prose narrative che usano un artificioso linguaggio arcaicizzante: L’ombrosa (1900); Il signore del tempo (1905) – romanzo, pubblicato dapprima in appendice su “Il resto del Carlino”, che è ricordato soprattutto per essere un esempio significativo della cosiddetta protofantascienza italiana –; L’osteria delle tre gore (1911); La donna che simulò (1915); Le fantasie della giovane Aurora (1920); Cap. Martin (1924).
Ha scritto pure di critica letteraria: Cercando la grazia (1906); Passeggiate (1923) – contiene articoli di varia cultura pubblicati sui vari giornali dei quali fu collaboratore –; Divertimenti (1930) – anche questo testo è una raccolta di articoli e brevi saggi –; Boccaccio (1927); Oriani (1931); Pascoli (1938); Convito (1939); e di critica d’arte: Urbino (1908); Francesco Francia (1913).
Da ricordare anche la sua attività come curatore di testi scolastici e di traduttore di classici latini e greci ma non solo: tradusse anche il Capitan Fracassa di Théophile Gautier.
Diresse, per l’editore Le Monnier, la collana “Le Vite”. Certamente fu uno dei personaggi più attivi nella vita culturale bolognese durante il ventennio fascista. Dapprima consigliere comunale, fu anche, dal 1930, vice podestà. Per trent’anni fu presidente dell’Associazione per le arti “Francesco Francia” e vicepresidente per lungo tempo del Circolo della Stampa.
Morì a Bologna il 5 marzo 1951.
Fonti:
- G. Barberi Squarotti, Lipparini Giuseppe in GDE Torino 1992.
- “Ausonia” maggio 1951, numero interamente dedicato a Giuseppe Lipparini.
- S. Gotta, Giuseppe Lipparini: commemorazione. Bologna 1961.
- I giornalisti italiani. Profili e smorfie. Roma 1904.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- I 4 fanti
Romanzo del dopoguerra
Il testo, del 1921, che reca nel sottotitolo Romanzo del dopoguerra, vuole riassumere i residui entusiasmi post-bellici e, forse soprattutto, le prime ma profonde e definitive delusioni. - I canti di Mèlitta
In questa raccolta, probabilmente la parte migliore della sua attività di poeta, l’autore fonde nel suo classicismo un nucleo di motivi decadenti, di ispirazione alessandrina e parnassiana, ottenendo fantasie sensuali, eleganze formali, preziosità di immagini, non mancando tuttavia la nota sincera derivata da un vivace impressionismo. - Idilli
All’inizio del Novecento era viva l’attesa di nuove forme e stili, di nuove immagini che sarebbero state i cardini della poesia italiana del secolo. In questo quadro anche il contributo di Lipparini ha la sua ragion d’essere, come eloquente indice di un possibile risveglio classico. - Nuove poesie
Questa raccolta contiene attimi di poetica felicità, dove gli elementi della natura e dell’uomo si amalgano e si confondono, formano un tutto inscindibile; gli uni con gli altri si integrano e si completano. - Poemi ed elegie
Scorgiamo in questi versi gli elementi di panteismo che diverranno il tema portante della poesia di Lipparini degli anni successivi. Il percorso creativo lo porta ad amalgamare, tuffare e confondere la sensibilità propria con quella della natura tutta. - I racconti di Cutigliano
I racconti, in cui l’autore offre il meglio di sé fondendo in maniera armonica la sua vena di narratore erudito con quella di giornalista, sono dedicati all’area appenninica a confine tra Toscana ed Emilia Romagna, piena di fascino, di quiete e ricca di una natura spesso ancora oggi intatta. - Il signore del tempo
In questo libro di ‘letteratura d’anticipazione’ è condensata un’ampia quantità di temi: dalla riflessione su come il concetto di “privacy” possa essere azzerato da un’invenzione in grado di svelare il passato, alla tendenza all’ipocrisia della comunità scientifica e non solo. Nella narrativa fantascientifica quest'opera porta la sua piccola ma interessante testimonianza. - La visita pastorale ed altre novelle
L'opera raccoglie otto brevi racconti caratterizzati da un prosa spontanea, non caricata, nei quali sono presenti personaggi femminili emancipati, a volte spregiudicati, sfondi di vita agreste, cari all'autore, atmosfere a volte cupe.