Hendrik Antoon LorentzHendrik Antoon Lorentz nacque ad Arnhem il 18 luglio 1853.

Studiò matematica e fisica all’università di Leida. Fu professore di fisica teorica a Leida dal 1878 al 1912; fu poi curatore della fondazione Teyler, ad Haarlem, continuando però a mantenere una certa attività didattica a Leida.

Già nella tesi di dottorato, conseguita nel 1875 sotto la guida di Pieter Rijke, fece un importante lavoro trattando per la prima volta la riflessione e la rifrazione della luce su base puramente elettromagnetica.

Agli inizi degli anni ’90 del XIX secolo sviluppò la famosa teoria dell’elettrone, secondo la quale tutti i fenomeni elettromagnetici sono determinati dal moto di particelle cariche – gli elettroni appunto.

I risultati negativi dell’esperimento di Michelson e Morley per la rivelazione dell’etere lo condussero a sviluppare le sue famose trasformazioni per le grandezze spaziali e temporali fra sistemi di riferimento in moto relativo uniforme. Lorentz mise in evidenza l’errore di valutazione del cammino percorso da un raggio di luce che si spostava perpendicolarmente alla direzione del moto della terra. Tale errore causava il raddoppio dell’effetto osservabile previsto rispetto a quello indicato da una esatta base teorica.

Nel 1895 pubblicò Versuch Einer Theorie der Electrischen und Optischen Erscheinungen in Bewegten Körpern nelle cui pagine avanzò l’ipotesi della “contrazione” – esaminata contemporaneamente anche da Francis Fitzgerald – che riportava i risultati dell’esperimento di Michelson nell’ambito delle aspettative. “Il moto di un corpo solido attraverso l’etere in quiete esercita sulle dimensioni di quel corpo una influenza che varia in funzione dell’orientamento del corpo stesso rispetto alla direzione del moto”. Supponendo che le molecole siano ferme in posizione di equilibrio e che si influenzino con azioni di natura puramente elettrostatica, ne consegue che in un sistema in moto l’equilibrio continua a sussistere se tutte le distanze nella direzione del moto si contraggono secondo il fattore restando invariate le dimensioni trasversali. In questa direzione bisognava rivedere le interazioni tra molecole ed etere ponendo in analogia la propagazione nell’etere delle forze molecolari con quella delle forze elettromagnetiche.

Quella che oggi in generale è nota come “trasformazione di Lorentz” fu poi formalizzata con formule da Larmor nel 1900; lo stesso Larmor prese per primo in considerazione anche la variazione dell’unità di misura del tempo come conseguenza del movimento. Aveva già peraltro fin dal 1892 attribuito all’elettrone la funzione di mediatore tra materia ponderabile e etere in quiete nell’ambito delle equazione di campo elettromagnetico nella forma di Maxwell-Hertz, nell’articolo La théorie électromagnétique de Maxwell et son application aux corps mouvants. Si tratta dei capisaldi della trattazione matematica dei fenomeni elettrici e ottici nei corpi in moto. C’è da dire che in questi lavori del 1892 e 1895 Lorentz riprendeva valutazioni fatte da Voigt nel 1887 e passate praticamente inosservate, probabilmente perché ancora legate formalmente alla teoria elastica della luce.

Su questi temi Lorentz lavorava fin dal 1875 quando aveva sostenuto, nel suo studio Sur la Théorie de la réflexion et de la réfraction, la necessità di approfondire la posizione di Maxwell alla luce dell’ipotesi che ogni molecola sia sede di oscillazioni elettriche.

In un articolo del 1903 Lorentz sostenne che estendendo la variabilità della massa da quelle di natura elettromagnetica a tutte le masse ponderabili la teoria avrebbe potuto spiegare come, anche in presenza di moti molecolari, il movimento traslatorio non abbia altro effetto all’infuori della contrazione predetta.

Il concetto ancora sfuggente di “tempo locale” viene trattato nell’articolo del 1904 Electromagnetic Phenomena in a System Moving with any Velocity less then that of Light. Con l’ipotesi che anche gli elettroni subiscano per traslazione la deformazione e che tutte le masse e le forze dipendano dalla velocità, esattamente come ne dipendono le masse e le forze puramente elettromagnetiche, Lorentz spiega la contrazione dei corpi – tenendo anche conto dei moti molecolari – e i risultati negativi di tutte le esperienze escogitate per rivelare un influsso da parte del movimento della terra sui fenomeni ottici.

Tale articolo contiene le premesse di base per la svolta che sarà data pochi mesi dopo da Einstein. Infatti la teoria della relatività ristretta di Einstein veniva a fornire un significato fisico alle trasformazioni di Lorentz. È giusto ricordare che tra il lavoro di Lorentz e quello di Einstein (Zur Elektrodynamic bewegter Körper) si inserisce in maniera feconda quello di Poincaré, Sur la dynamique de l’électron dove abbiamo per altro per la prima volta la denominazione di “Trasformazioni di Lorentz” e di “Gruppo di Lorentz”

Nei rapporti tra i due grandi fisici val la pena ricordare il famoso telegramma che Lorentz inviò ad Einstein in occasione dell’eclissi di sole del 1919, quando gli osservatori britannici si attivarono per verificare le previsioni di Einstein; tale telegramma diceva: “Eddington ha trovato per lo spostamento delle stelle vicine all’orlo del sole un valore preliminare compreso tra nove decimi di secondo e il doppio di tale unità. Tanti saluti, Lorentz.”

Fin dal 1900 Planck aveva formulato l’ipotesi quantistica per spiegare i fenomeni della radiazione termica. L’attività di Lorentz in quegli anni ebbe una parte di primissimo piano nel chiarimento della reale portata della novità introdotta da Planck.

Nel 1902 si vide assegnato il premio Nobel per la fisica insieme a P. Zeeman. Quest’ultimo aveva condotto ricerche in merito all’influenza del campo magnetico sulla lunghezza d’onda della luce emessa da corpi incandescenti e i suoi risultati trovavano riscontro nella tesi di Lorentz secondo il quale l’emissione di luce dipendeva da cariche elettriche rotanti nelle strutture atomiche, il cui movimento veniva perturbato all’interno di un campo magnetico generando uno spostamento nella lunghezza d’onda emessa.

Morì ad Haarlem il 4 febbraio 1928.

Fonti:

  • E. Bellone, L’etere, l’elettrone e le nubi, in Storia della scienza moderna e contemporanea, diretta da Paolo Rossi; Volume secondo, tomo secondo. Torino, 1988.
  • A. Pais, «Sottile è il Signore…». La vita e la scienza di Albert Einstein. Torino, 1986.
  • W. Pauli, Teoria della relatività, (traduzione P. Gulmanelli) Torino, 1958.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

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  • Considerazioni elementari sul principio di relatività
    Negli ultimi anni dell’800 Lorentz sviluppò la nota teoria dell’elettrone e subito dopo, in seguito ai risultati negativi di Michelson e Morley per la rivelazione dell’etere, sviluppò le sue famose trasformazioni per le grandezze spaziali e temporali fra sistemi di riferimento in moto relativo uniforme. A queste trasformazioni Einstein potè fornire un significato fisico con la sua teoria della relatività ristretta. Nessuno meglio di Lorentz può quindi fornirci una propedeutica introduzione allo studio e alla comprensione della teoria della relatività.
 
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Hendrik Antoon Lorentz
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Lorentz, Hendrik Antoon
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