Paul Lafargue nacque a Santiago di Cuba il 1842. Si trasferì presto ad Haiti dove la famiglia era dedita alla coltivazione del caffè, cosa che consentiva una certa agiatezza.
Trasferitosi in Francia, della quale il padre era originario, con la famiglia nel 1851, studiò a Bordeaux e a Tolosa; si iscrisse poi alla facoltà di medicina a Parigi, dovendo però interrompere gli studi per due anni a causa di un’espulsione da tutte le università francesi rimediata in seguito a discorsi pubblici violentemente anticlericali; potrà finire i suoi studi e laurearsi solo successivamente a Londra.
Si avvicinò alle idee di Proudhon e anche aderendo alla prima internazionale, dopo un periodo di appartenenza alla loggia massonica di ispirazione blanquista Avenir, mantenne inizialmente posizioni essenzialmente proudhoniane.
Nel 1865 conobbe Marx, essendo relatore al Consiglio generale londinese sulla situazione del movimento operaio francese. Tre anni dopo sposò la figlia di Marx, Laura, e si trasferirono a Bordeaux a settembre dello stesso anno. Ebbero tre figli tutti morti in età precocissima.
Nel 1869 riuscì finalmente a laurearsi in medicina poco dopo aver fatto la conoscenza, fondamentale nella sua formazione intellettuale, di Blanqui. Invece di dedicarsi alla professione medica intraprese quella di fotolitografo grazie anche all’aiuto economico di Engels.
Nel 1871 aderì alla Comune di Parigi, caduta la quale fu condannato in contumacia durante la successiva reazione borghese; riuscì quindi a riparare in Spagna facendosi promotore della diffusione delle idee marxiste in contrapposizione a quelle bakuniniane.
Nel 1880 poté rientrare in Francia e, insieme a Jules Guesde, fu tra i promotori della nascita del partito operaio francese all’interno del quale si pose all’ala sinistra anche successivamente alla fusione dello stesso partito con quello di Blanqui nel 1902.
Nell’aprile del 1883 fu condannato a sei mesi di prigione con l’accusa di aver tenuto discorsi e conferenze sovversive. Nel 1889 partecipò alla fondazione della II internazionale.
Tra il 1885 e il 1904 ebbe una intensa attività giornalistica partecipando alla redazione e scrivendo articoli su “Revue Socialiste”, “Le Socialiste” “L’Égalité”, “L’Émancipation” e “Le Cri du Peuple”. Nel 1891 fu nuovamente incarcerato, ma la carcerazione fu breve perché l’8 novembre di quell’anno fu eletto deputato a Lille.
In questo periodo Lafargue pubblicò successivamente La Religion du capital (1893) e vari saggi di critica letteraria dedicati a Chateaubriand, Émile Zola e un libello contro Victor Hugo: La légende de Victor Hugo (1885). Nel 1895 fondò insieme a Sorel, Bonnet e Deville la rivista “Le divenir Social”.
La sua interpretazione del marxismo era rigorosamente economicistica; ne fu sostenitore e divulgatore anche con traduzioni e volgarizzazioni delle opere di Marx e Engels. Fu avversario dei tentativi revisionistici opponendosi per esempio all’entrata del socialista Alexandre Millerand nel governo radicale di Waldeck-Rousseau.
Fu sempre fautore e interprete del libero pensiero, fino al punto di determinare da solo il momento della propria morte. Si suicidò insieme alla moglie il 26 novembre 1911.
La sua opera più nota, più volte tradotta e ristampata anche in italiano, è Il diritto all’ozio (o “alla pigrizia” in alcune traduzioni forse più aderenti all’originale che è Le Droit à la Paresse). Con sottile ironia ma contemporaneamente con rigore logico e analitico ripercorre la storia della maledizione del lavoro, maledizione sancita dalla Bibbia e dai poeti dell’antichità, attraverso il lavoro forzato fino al lavoro come virtù inventato dai capitalisti, che vedono ovviamente bene il lavoro degli altri, usato per arricchirsi.
È questa la grande scoperta dell’economia politica: la trasformazione di un problema sociale, quello della povertà, in una fonte di ricchezza – per pochi – tramite i poveri laboriosi. Ma Lafargue è sbigottito per il fatto che il proletariato sia cascato così ingenuamente nella trappola del “dogma del lavoro”. Nonostante spinga la sua satira fino a definire “passione morbosa” quella del proletariato per il lavoro, è chiaramente un altro il suo bersaglio: il mondo degli economisti, moralisti, filosofi e bigotti di ogni religione.
Fonti:
- L.A. Dale, Marxism and French Labor, New York 1956.
- C. Willard, Paul Lafargue e la critica della società borghese, in “Annali dell’Istituto G.G. Feltrinelli”, Milano 1973.
- M. Turchetto, Il lavoro senza fine, in Paul Lafargue, Il diritto alla pigrizia, Santa Maria Capua Vetere, 2004.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Il materialismo economico di Carlo Marx
Nel libro Lafargue analizza gli strumenti usati nell'oppressione delle classi subalterne, primo fra tutti la religione, e attribuisce a Darwin il tentativo di dimostrazione che le ineguaglianze sociali siano una conseguenza delle dinamiche naturali. - L’origine e l’evoluzione della proprietà
Questo lavoro di Lafargue si inserisce nell’importante campo di studi che si spalanca di fronte ad un’indagine materialistica della storiografia. L'opera, comunque interessante e ben documentata, va contestualizzata: l’autore sentiva l’esigenza di riproporre tematiche marxiste che sentiva particolarmente utili e attuali nell’ambiente socialista francese alla fine dell’800.