Attilio Momigliano nacque a Ceva in provincia di Cuneo il 7 marzo 1883. Era il primogenito di Felice e Sofia Debenedetti; ebbe tre sorelle: Clelia, Lidia e Michelina. La famiglia era di razza e religione ebraica.

Fece i suoi studi primari in scuole confessionali e si iscrisse poi alla facoltà di lettere dell’Università di Torino. Si laureò nel 1905 con una tesi su Pulci, relatore Arturo Graf. Tra i suoi insegnanti universitari si annovera anche Rodolfo Renier. Nel 1906 si laureò anche in filosofia. Nonostante le sue opinioni non siano state in linea negli anni successivi, ma anche già dagli anni di studio, con il metodo storico che era imperante all’università di Torino e di cui Arturo Graf era motore propulsore, con il Graf stesso mantenne sempre anche negli anni successivi ottimi rapporti. Nel 1907 conseguì il diploma di perfezionamento presso l’Istituto di studi superiori di Firenze e in questo caso fu allievo di Guido Mazzoni.

Fin dal 1906 iniziò l’attività di insegnamento nelle scuole medie superiori trasferendosi spesso da Saluzzo a Savona, Treviglio, Asti, Bologna, Nuoro, Catania e infine a Torino dove, insegnando al liceo Massimo D’Azeglio, ebbe tra i suoi allievi Sergio Solmi, Mario Gromo e Giacomo Debenedetti.

Nel 1920 vinse il concorso per la cattedra di Letteratura italiana all’Università di Catania che mantenne fino al 1924; dal 1925 al 1934 fu poi all’Università di Pisa, fino a insediarsi, succedendo a Guido Mazzoni, il 6 dicembre 1934 alla facoltà di lettere dell’Università di Firenze. Ebbe saldi legami di amicizia con il suo successore a Pisa, Luigi Russo. Nonostante anche il Russo fosse un tenace sostenitore del metodo storico, scrisse però che il Momigliano fu portatore di un «impressionismo stilistico-sentimentale» «fuori dalla comune linea di tutti i critici crociani».

Nel 1925 aveva firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, tuttavia nel 1931 si sottopose al giuramento di fedeltà imposto dal regime ai docenti universitari. Pur non avendo aderito al alcuna confessione religiosa fu partecipe delle iniziative della comunità ebraica fiorentina per aiutare gli ebrei profughi dalla Germania. In seguito alle leggi razziali del 1938 fu dispensato dal servizio di insegnamento dal 14 dicembre 1938 con comunicazione del rettore Arrigo Serpieri del 15 ottobre 1938. Già da luglio, prima ancora della promulgazione delle leggi razziali che è di settembre, era stato allontanato dalla collaborazione al “Corriere della sera” su sollecitazione di Dino Alfieri, ministro della Cultura popolare, alla quale il direttore Aldo Borelli aveva prontamente aderito.

La sua cattedra fiorentina fu offerta in sequenza a Massimo Bontempelli, Luigi Russo e Giovanni Papini. Tutti e tre rifiutarono. Avvenne quindi la designazione diretta da parte del ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai di Giuseppe De Robertis «per meriti eccezionali»; De Robertis prese il posto di Momigliano anche sulle colonne del “Corriere della Sera”; proprio con un articolo di questo giornale De Robertis attaccò l’edizione del Decamerone curata da Momigliano e la cosa – diretta verso uno studioso che era ormai nell’impossibilità di replicare e di difendersi – apparve particolarmente inopportuna e malevola. L’episodio fu stigmatizzato dal critico Pietro Pancrazi in una lettera al direttore, nella quale definì questo attacco del De Robertis «un’allusione obliqua e iniqua (e, per ragioni che non ti sto a dire, vigliacchissima) ad Attilio Momigliano». La polemica si era allargata e non era rimasta circoscritta a Firenze coinvolgendo anche Montale e Calamandrei. Il direttore del “Corriere della Sera” non poté esimersi dal rispondere dalle colonne del giornale, se pure in maniera sbrigativa e stringata, concordando sul fatto che «il “Corriere” attacca a viso aperto e non per vie traverse e con allusioni poco simpatiche».

Per scrivere su riviste specializzate come “Leonardo” Attilio Momigliano adottò lo pseudonimo di Giorgio Flores. In realtà non è esatto dire che lo adottò; scrive lui stesso nella premessa che antepose al volume Cinque saggi che nel 1945 raccolse questi scritti: «Nel “Leonardo” questi saggi erano firmati da Giorgio Flores. Lo pseudonimo mi fu imposto a mia insaputa, come il vero nome alquanto tempo prima; e io l’ho portato per quattro anni, con rassegnazione. Stavo anzi per riunire queste pagine col titolo Giorgio Flores, Primi saggi, quando sopravvennero tempi da togliere la voglia di fare lo spiritoso».

Nel tentativo di scongiurare danni peggiori dalle leggi razziali, Momigliano si rivolse a Gentile il quale, pur guardandosi bene dal prendere le distanze dalla politica razziale del regime fascista, non era mal disposto ad atti di generosità individuale. Alcune fonti parlano dei tentativi di trovare rifugio espatriando. Ma al momento dell’offerta di un’occupazione in Inghilterra o negli Stati Uniti sembra che sia stato costretto a rifiutare a causa delle condizioni di salute non ottimali della moglie Giustina Heidée Sacerdoti. Momigliano avrebbe preferito una sistemazione in un paese di lingua francese, spagnola o portoghese e caldeggiò una soluzione in quel senso chiedendo aiuto alla Society for the Protection of Science and Learning di Londra. Avrebbe accettato anche, oltre all’America latina, un espatrio verso il Nord America o nel Vicino Oriente.

Ma i rifugiati ebrei in Inghilterra – soprattutto provenienti dalla Germania – erano ormai molto numerosi ed era difficile trovare collocazione per tutti. Momigliano sperò che, richiamato in Italia per insegnare a Firenze Storia e dottrina del fascismo il fondatore del fascio di Londra Camillo Pellizzi, potesse essergli assegnata la cattedra rimasta vacante all’University College di Londra, dove aveva insegnato il Pellizzi. Ma la SPSL non aveva influenza su questa designazione e suggerì di seguire le normali procedure dell’Ateneo. Ugualmente senza risultato risultò essere il tentativo presso il “Emergency Commitee in Aid of Dispalced Foreign Scholars” di New York che pare sia stato sollecitato anche dalla sua ex allieva a Firenze Nelda A. Filippone. Ma anche negli Stati Uniti il mercato del lavoro intellettuale non trovava più troppi sbocchi a causa dell’arrivo di rifugiati dalla Germania.

Nonostante l’intervento di intellettuali di rilievo come Stanley A. Smith, Gustave Charlier, docente dell’Université Libre di Bruxelles, Georges Benson Weston di Harvard, Charles Singleton italianista a Baltimora, l’iniziativa era destinata comunque a naufragare. Momigliano si dichiarò disposto anche ad accettare un incarico presso una high school. Anche la Cornell University operò un infruttuoso tentativo di trovare per Momigliano una collocazione come critico dantista o insegnante. Anche un rifugiato “illustre” come Paul Oskar Kristeller fece un tentativo per garantirgli un posto anche temporaneo come “lettore”. Al momento dell’inizio del conflitto le possibilità di realizzare almeno uno dei vari progetti finirono per tramontare definitivamente, costringendo così il Momigliano ad affrontare in Italia difficoltà, persecuzione e pericoli che nel periodo bellico non furono certo minori.

Dal 1943 iniziarono poi le varie peregrinazioni. Nel primo semestre fu dapprima a Bologna e poi a Firenze. Avevano pensato di lasciare la città ma cambiarono idea dopo i bombardamenti di Pisa, Pontedera e Prato tra fine agosto e inizio settembre. A ottobre si trasferì sempre con la moglie malata a Città di Castello e a dicembre poterono rifugiarsi all’Ospedale di San Sepolcro, grazie all’aiuto di Raffaello Alessandri che ne era direttore e del medico Gino Franceschini. Rimasero lì fino ad agosto 1944, quando dopo la liberazione di Firenze e dell’Umbria poterono fare ritorno a Città di Castello e subito dopo a Perugia dove Aldo Capitini era diventato rettore pro tempore dell’Università per stranieri, cosa che gli consentì di insegnare presso quell’ateneo fino al rientro a Firenze dove, con qualche traversia, poté riprendere possesso del suo appartamento il 18 aprile 1945.

Il reintegro nei ranghi, per il quale aveva già presentato domanda nel novembre del 1944, domanda che fu accolta il 3 febbraio 1945, non fu comunque né semplice né lineare. Momigliano diede inizio già nel 1944-45 a un suo corso pur se il titolare della cattedra era ancora formalmente Giuseppe De Robertis. Una norma emanata nell’aprile 1945 dichiarava decaduti gli incarichi assegnati per chiara fama senza concorso. La commissione presieduta da Pancrazi confermava l’allontanamento dalla cattedra del De Robertis che rimaneva però al suo posto per diretto intervento del ministro Guido Gonella confermato dal consiglio di facoltà. Nel 1946 riprese anche la collaborazione con il “Corriere della Sera” di cui era adesso direttore Mario Borsa. Solo il 31 ottobre 1950 il ministero comunicò a Momigliano la sua assegnazione al grado 3° in soprannumero presso l’Università di Firenze. Nel 1950 era anche morta la moglie.

Negli anni dal 1946 fino alla morte Momigliano si dedicò intensamente a lavori critici, in particolare alla Divina Commedia e ai Promessi Sposi.

Morì il 2 aprile 1952. Solo nel 1987 fu apposta una targa commemorativa sulla sua abitazione in via Fra Giovanni Angelico 4.

Come si è detto, nonostante la sua formazione culturale si sia costruita in seno alla scuola del metodo storico, non ebbe mai l’interesse esclusivo per la ricerca erudita e per la ricostruzione filologica. Visse in pieno “crocianesimo” ma si tenne appartato rispetto alle problematiche teoretiche e alle preoccupazioni delle nuove impostazioni metodologiche. La sua critica è soprattutto un’impressionistica evocazione di poesia e una traduzione delle atmosfere di questa in linguaggio armonioso. Per questo fu sostanzialmente un isolato, persino dopo la morte. L’intitolazione a suo nome di un’aula della facoltà di lettere a Firenze fu accantonata per non dare adito a vecchi dissapori.

Fonti:

  • E. Ghidetti, Attilio Momigliano, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 75, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana.
    https://www.treccani.it/enciclopedia/attilio-momigliano_%28Dizionario-Biografico%29/
  • Renato Pasta, Attilio Momigliano in Intellettuali in fuga dall’Italia fascista. Migranti, esuli e rifugiati per motivi politici e razziali. Firenze 2019. Anche on line a questo indirizzo: https://intellettualinfuga.fupress.com/upload/3625.pdf
  • E. Collotti [a cura di], Razza e fascismo. La persecuzione contro gli ebrei in Toscana (1938-1943). Roma, 1999.
  • F. Cavarocchi e A. Minerbi, La politica razziale e la persecuzione antiebraica nell’Ateneo fiorentino, in Razza e fascismo. La persecuzione contro gli ebrei in Toscana (1938-1943) cit.
  • G. Marzot, Ricordando Attilio Momigliano. Firenze 1963.
  • V. Branca, Attilio Momigliano, Catania 1953.
  • A. Momigliano, Lettere scelte a cura di M. Scotti. Firenze 1969.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Carlo Porta
    Momigliano in questo saggio sottolinea la volontà di Porta di inserirsi nella tradizione della grande poesia in dialetto milanese. La peculiarità di Carlo Porta risiede nella raffinatezza stilistica abbinata a strutture narrative solide, insieme con un forte impegno civile e sociale. Il poeta milanese va annoverato certamente tra i massimi poeti italiani della sua epoca.
  • L'Innominato
    L’analisi dell’episodio dell’Innominato nei Promessi sposi è fatta in maniera circostanziata e interessante, ma la sezione più importante del saggio è probabilmente nelle parti nelle quali il Momigliano traccia il parallelo tra la conversione dell’Innominato e quella dello stesso Manzoni.
 
autore:
Attilio Momigliano
ordinamento:
Momigliano, Attilio
elenco:
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