Dall’incipit del libro:
Una dedicatoria a un becchino?
— E perchè no? Non è egli forse un uomo come un altro e — non ve l’abbiate a male — non può egli essere un galantuomo par vostro e mio? Anzi — e sarei pronto a giurarlo sul Vangelo —, ei valeva assai più di tanti e tanti che han titolo di baccelliere, e magari di dottore, i quali col nastrino all’occhiello dell’abito, sono saliti tant’alto da credere che gli onesti non li ravvisino più per quel ch’e’sono: barattieri solenni. Dico perciò che, se aveste conosciuto quel povero becchino, lo avreste, come me, amato e, aggiungo anche, onorato. Io, allora, ero quasi fanciullo; ma quando il brav’uomo morì, portavo già i peli del labbro superiore arricciati dispettosamente all’insù con quella boria de’ vent’anni, che sarebbe molto ridicola, se non fosse altrettanto innocente. Di quel tempo certi fumi si guardan con occhio benevolo, avvegnachè, più o meno, li abbiamo avuti tutti, quei fumi; e, invero, quella è proprio l’età delle leggerezze e delle scappatelle, le quali — ove non passino la misura o il segno — meritano sempre benevolo perdono.
A quei giorni io credo che Tomaso Giona, soprannominato il Griso, andasse oltre i sessant’anni; e tuttavia quel numero di pasque se le portava bene.


