Dall’incipit del libro:
– Non è possibile. – Ma quando te lo dico io, ci puoi credere, caro Marco. Orsù, prendi il tuo fucile in ispalla e buona guardia. – Questo breve dialogo aveva luogo la sera de l 15 febbraio dell’anno 1821, alle ore undici, fra due soldati di linea che si cambiavano di fazione sulla piattaforma della fortezza vecchia in Livorno. Questa fortezza dà, colle sue mura costrutte nel secolo decimosesto, sul mare dalla parte di ponente. Quelle mura, corrose dal tempo e dai venti marini, presentavano all’epoca di questo racconto alcune fessure del diametro di un sesto di braccio; ed essendo formate a scarpa, non sarebbe stato difficile lo scalarle, quando non custodite da vigili scolte. A destra del posto ove passeggiava la sentinella si vedeva, alta dal livello del mare poco più di due braccia, un’opera di fortificazione che, mezzo diruta, tuffava i suoi fondamenti nell’acqua marina dalla parte di ponente e nel fosso della così detta Venezia nuova, canale che serve di veicolo alla introduzione delle merci in quel quartiere della città. Il bisogno di provvedere alle esigenze sanitarie e d’impedire più specialmente il contrabbando del tabacco faceva sì che nella consegna del posto armato di sopra menzionato vi fosse l’obbligo di sorvegliare sul bastione sottoposto e particolarmente sull’opera semidiruta, la quale, separando con semplice e basso muro il mare dal fosso dello scalo di Santa Trinità, rendeva assai facile l’introdursi di contrabbando nella città stessa. Livorno all’epoca da noi accennata non aveva risentito nulla dì quello sviluppo che sì maravigliosamente nel suo materiale ha conseguito di poi. Essa serbava ancora le sue medicee mura, di là delle quali erano vasti e popolosi sobborghi.


