Dall’incipit del libro:
Per discorrere di Vincenzo Monti mi par necessario prendere le mosse da alcuni fatti e da alcune considerazioni di ordine generale. La letteratura italiana, non dirò moderna (perchè a costruir questa stiamo affaticandoci ancora, sempre un po’ a tastoni, come in tutto il resto) ma dirò, la letteratura italiana contemporanea procede dal Parini e dall’Alfieri. Sono due novatori il Parini e l’Alfieri? E chi lo sarebbe, se non lo sono essi, che si crearono di nuovo l’inspirazione, la materia, lo stile, persino il pubblico, a cui rivolgersi? Ma l’uno e l’altro sono altresì essenzialmente classici, e generatori di quel neoclassicismo nazionale, in cui consiste tutta la letteratura nostra, che vien dietro a loro e sino al Manzoni. Questa considerazione ne richiama un’altra, che rientra nella prima, slargandola, ed è che in tutta la letteratura italiana contemporanea v’ha due fatti di suprema importanza, da una parte il Manzoni (non dico il romanticismo del Manzoni, ma il Manzoni), dall’altra la tradizione classica, che permane, rammodernandosi bensì, ma sempre costante, e non come reminiscenza di scuola, d’accademia o di biblioteca, ma come forma viva, vivissima, e va dal Parini e dall’Alfieri al Monti, al Leopardi, al Giordani, al Botta, al Colletta, al Niccolini e sino al Carducci.
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