Dall’incipit del libro:
Come un vulcano che dopo una forte eruzione durata più giorni, manda ancora per un po’ di tempo boati e faville, che tengono in allarme gli abitatori dei paesi circostanti, la rivoluzione che nel 1848 aveva scossa e sconvolta tanta parte d’Europa, ebbe l’anno appresso in parecchi paesi nuovi sussulti, e in Italia e in Ungaria nuove battaglie seguite da nuove catastrofi. Dei moti insurrezionali ritentati nel 1849 in Germania, già si parlò in capitoli precedenti. In Italia, laddove il movimento delle riforme aveva avuto i suoi inizii più fecondi e gloriosi, come a Roma e in Toscana, e dove le popolazioni erano state le prime ad assaporare i frutti della libertà, il mutato contegno dei principi, che non era stato l’ultima causa degli avvenuti disastri militari di Lombardia, esasperando il patriottismo, produsse tali agitazioni e convulsioni, che portarono al predominio idee e uomini radicali, i quali, se discordavano su parecchi punti, erano però d’accordo su un principio fondamentale, quello della sovranità popolare. Era quanto bastava per decidere il Pontefice e il Granduca di Toscana a romperla definitivamente colla rivoluzione italiana, contro la quale Pio IX, non avendo altre armi, lanciava da Gaeta, dove si era rifugiato, i suoi anatemi, e il Granduca Leopoldo, messosi in salvo a Porto San Stefano, invocava i battaglioni dell’Austria per essere liberato ad un tempo da democratici e da costituzionali, da federalisti e da convenzionali, dall’egemonia piemontese e dalla dittatura di Guerrazzi.


