Nato a Fratta Polesine nel 1885, da una famiglia benestante, si laureò in Giurisprudenza a Bologna nel 1907. Si avvicinò alle idee socialiste seguendo il fratello maggiore Matteo, organizzò cooperative, Sindacati operai, Circoli socialisti e riorganizzò la Camera del Lavoro del Polesine. Fu a varie riprese consigliere comunale e sindaco di diversi comuni del Polesine. Si oppose alla guerra in Libia e successivamente fu contrario all’ingresso dell’Italia in guerra nel 1915. Fu richiamato nel 1916, ma ritenuto un agitatore, passò il periodo bellico fino al 1919 internato in un paese della Sicilia. Si era sposato nel 1916 con Velia Titta, da cui ebbe tre figli, Giancarlo, Gian Matteo (entrambi poi deputati nell’Italia repubblicana) e Isabella.
Riprese l’attività politica, partecipando al congresso socialista del 1919 e schierandosi a favore di posizioni riformiste, ma distinte da quelle di Turati, sostenendo il ruolo delle organizzazioni sindacali nell’agevolare la realizzazione di una società socialista. Fu quindi eletto deputato nel collegio di Rovigo-Ferrara, ed era presente all’avvio del congresso socialista di Livorno del 1921, ma fu costretto ad allontanarsi a causa di gravi disordini scoppiati a Ferrara. Inviò comunque un telegramma invitando a mantenere l’unità del movimento dei lavoratori, e ribadendo la sua estraneità alle dispute dottrinarie.
Matteotti, che aveva conosciuto Mussolini al congresso socialista del 1914, considerava il fascismo come un movimento violento nato in difesa degli interessi della borghesia agraria, quale in effetti era nel Polesine; e riteneva che non pochi borghesi avrebbero potuto invece appoggiare le istituzioni democratiche lottando insieme con i socialisti, se questi ultimi avessero abbandonato gli obiettivi rivoluzionari. Al congresso socialista di Milano dell’ottobre 1921, aderì alla corrente turatiana, in opposizione al massimalismo, ma era già convinto che la vera lotta politica fosse quella contro l’emergere del fascismo; al congresso socialista di Roma del 1922 abbandonò il PSI e diede vita al PSU (Partito Socialista Unitario), di cui divenne segretario. Anche all’interno del PSU dovette lottare per far comprendere che non era possibile una collaborazione con un movimento totalitario quale era il fascismo, e per questo motivo scrisse il saggio Un anno di dominazione fascista, pubblicato nel 1924 (disponibile su Liber Liber), in cui motiva la sua intransigenza con una dettagliata analisi del carattere decisamente anti-operaio del fascismo.
Prima delle elezioni del 1924, Matteotti si recò (clandestinamente, essendo stato privato del passaporto) in Francia ed in Inghilterra per stringere legami internazionali. Recenti studi hanno portato alla luce l’importanza degli incontri londinesi nel raccogliere elementi di prova circa una possibile corruzione di alti esponenti governativi ad opera della Sinclair Oil. Le elezioni dell’aprile 1924 premiarono il PSU e le sue posizioni intransigenti verso il fascismo, ma nel partito restavano numerosi coloro che avrebbero preferito invece un accordo. Il 30 maggio Matteotti intervenne con un discorso durissimo di denuncia di brogli ed irregolarità commesse dai fascisti; pochi giorni dopo, il 5 giugno, intervenne nella Giunta generale a proposito del bilancio, documentando un disavanzo di oltre 2 miliardi nascosto dal Governo. L’11 giugno era previsto un suo intervento parlamentare a proposito dell’esercizio provvisorio, e tra il 5 e il 10 giugno, Matteotti passava le giornate nella Biblioteca della Camera a documentarsi e preparare il suo intervento.
Il 10 giugno 1924 alle 16.30 un gruppetto di arditi fascisti milanesi lo aggredì sul Lungotevere e lo infilò a forza in un’autovettura. Il ritrovamento dell’auto, macchiata di sangue, aveva lasciato poche speranze di ritrovare il deputato ancora in vita; gli autori del sequestro furono arrestati, ed il suo cadavere fu infine scoperto in una boscaglia il 16 agosto.
Le indagini della magistratura in un primo tempo smascherarono una rete di collaborazioni tra squadristi, che erano organizzati in una specie di polizia segreta; affidata poi a magistrati più arrendevoli nei confronti del regime, l’ipotesi investigativa ripiegò su un delitto avvenuto accidentalmente nella colluttazione seguita al sequestro. Il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, in cui si assunse la responsabilità morale del delitto, e un successivo decreto di amnistia per i delitti politici, fecero sì che gli assassini di Matteotti, pur condannati, scontassero meno di 2 anni di carcere.
Circa il movente politico dell’omicidio, alcuni studiosi hanno pensato ad una “punizione” per il feroce attacco sferrato nel discorso del 30 maggio; altri pensano che si volesse impedire, nel discorso dell’11 giugno, di denunciare la corruzione avvenuta nel caso Sinclair Oil.
Fonti:
- Mauro Canali, Matteotti, Giacomo, in Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, vol. 72 2008
https://www.treccani.it/enciclopedia/giacomo-matteotti_(Dizionario-Biografico)/ - Piero Gobetti, Matteotti, Torino, 1924 (disponibile anche su LiberLiber)
Note biografiche a cura di Gabriella Dodero
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Un anno di dominazione fascista
Il poderoso saggio raccoglie, per l’opera paziente e sempre precisamente documentata, come era abitudine dell’autore, una impressionante sequenza di azioni compiute dal governo Mussolini nel suo primo anno di vita, cioè dall’ottobre 1922 al dicembre 1923. - La difesa della libertà
Ultimo discorso alla Camera dei deputati (30 Maggio 1924)
In questo opuscolo con il resoconto parlamentare dell’ultimo discorso di Matteotti alla Camera dei Deputati (30 maggio 1024), il deputato chiede alla Giunta delle elezioni di annullare il risultato elettorale: queste si sarebbero svolte in un forte clima di intimidazione e violenza. - Reliquie
Pubblicato nel 1946, il libro raccoglie gli scritti di Giacomo Matteotti, oltre alla relazione stenografica del suo ultimo discorso alla Camera dei deputati, a una breve nota biografica ed al ricordo di Filippo Turati.