Maggior esponente della poesia concettista del Seicento, Giovambattista Marino nacque a Napoli nel 1569. I familiari lo avviarono agli studi giuridici, ma, intorno ai vent’anni, il poeta li abbandonò per dedicarsi a quelli letterari, decisione che spinse il padre a cacciarlo di casa. Lavorò in alcune tipografie della sua città, mirando però risolutamente a diventare cortigiano di qualche nobile (tutta la sua vita, del resto, rivela il suo essere portatore di un'”etica del successo”).
Nel 1596 riuscì ad entrare a far parte della corte di Matteo di Capua, principe di Conca, ma due anni dopo fu messo per qualche tempo in prigione con l’accusa di aver sedotto una giovane, poi morta di parto. Nel 1600 fu nuovamente imprigionato per aver falsificato dei documenti; riuscì però a fuggire di prigione e si recò prima a Roma, poi a Venezia, dove, presso Ciotti, pubblicò le Rime (1602).
Tornò in seguito a Roma al servizio del cardinale Piero Aldobrandini che nel 1605 seguirà a Ravenna, città nella quale non si troverà a suo agio, ma dove vivrà fino al 1607, spostandosi di tanto in tanto a Bologna (dove frequentò l’Accademia dei Carracci), Genova (dove, tra gli altri, conobbe Bernardo Castello), Venezia e Modena.
Nel 1608 fu a Torino, dove, ingraziatisi i Savoia con dei componimenti adulatori, riuscì a stabilirsi alla corte del duca Carlo Emanuele. É di questi anni la rivalità col poeta Gaspare Murtola che fu alla base della composizione della Murtoleide; Murtola cercò addirittura di ucciderlo, ma il Marino, sfuggito all’agguato, chiesta ed ottenuta la grazia per il rivale, ebbe l’ambito posto di poeta di corte; nel 1611 fu di nuovo imprigionato con l’accusa di aver scritto componimenti satirici offensivi nei confronti del duca; ottenne poi la libertà e restò nella città piemontese fino al 1615.
Questi anni furono intensissimi dal punto di vista artistico: nel 1614 pubblicò a Venezia la Lira, a Torino diede alle stampe le Dicerie sacre e continuò a lavorare alla stesura dell’Adone; a questo periodo risalgono anche gran parte dei testi poetici che poi confluiranno nella Sampogna.
Nel 1615 Marino si recò in Francia alla corte di Maria de’ Medici; l’agognato successo era finalmente raggiunto: onorato e celebrato, godette di una cospicua pensione senza alcun obbligo di servizio; a Parigi nel 1620 pubblicò la Sampogna e, nel 1623, l’Adone. Desideroso di tornare in patria, si recò prima a Roma, accolto trionfalmente, e in seguito a Napoli, dove morì nel marzo del 1625.
Le novità formali ed estetiche della sua poesia – finalizzata alla “meraviglia”, ottenuta con l’uso di metafore ardite, iperboli, immagini estrose e sensuali, virtuosismo descrittivo – influenzarono notevolmente il successivo sviluppo della poesia barocca.
Note biografiche a cura di Giuseppe D’Emilio.
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Adone
- Amori
- La strage degl'innocenti
La strage degli innocenti venne pubblicata postuma a Napoli nel 1632, a cura di Francesco Chiaro, nipote dell'autore. Il poema era diviso in due libri, avente per soggetto la famosa strage ordinata da Erode. La divisione in quattro libri appare con l'edizione curata da Giacomo Mascardi a Roma l'anno successivo.