Il testo è pubblicato in collaborazione con la Associazione Mazziniana Italiana (http://www.associazionemazziniana.it/) che ringraziamo per aver concesso la pubblicazione nell’ambito del Progetto Manuzio.
Dall’incipit del libro:
Chi scrive non sa di musica, se non quanto gli insegna il cuore, o poco più; ma nato in Italia, ove la musica ha patria, e la natura è un concento, e l’armonia s’insinua nell’anima colla prima canzone che le madri cantano alla culla dei figli, egli sente il suo diritto, e scrive senza studio, come il core gli detta, quelle cose che a lui paiono vere e non avvertite finora, pure urgenti a far sì che la musica e il dramma musicale si levino a nuova vita dal cerchio d’imitazioni ove il genio s’aggira in oggi costretto, inceppato dai maestri e dai trafficatori di note. E i maestri e i trafficatori di note s’astengano da queste sue pagine. Non sono per essi. Sono pei pochi che nell’Arte sentono il ministero, e intendono la immensa influenza che s’eserciterebbe per essa sulle società, se la pedanteria e la venalità non l’avessero ridotta a meccanismo servile, e a trastullo di ricchi svogliati: — per chi v’intravvede più che non una sterile combinazione di suoni, senza intento, senza unità, senza concetto morale: — per gli intelletti, se pur ve n’ha, che non hanno rinegato il pensiero pel materialismo, l’idea per la forma, e sanno che v’è una filosofia per la musica, come per tutte le altre espressioni dell’intima vita e degli affetti che la governano: — per le anime vergini che sperano e amano, che s’accostano venerando alle opere dei grandi davvero, che gemono sull’ultimo pensiero di Weber, e fremono al duetto tra Faliero e Israello Bertucci, che cercano un rifugio nell’armonia quando hanno l’anima in pianto, e un conforto, una fede quando il dubbio le preme: — al giovine ignoto, che forse in qualche angolo del nostro terreno, s’agita, mentr’io scrivo, sotto l’ispirazione, e ravvolge dentro sè il segreto d’un’epoca musicale.

