Influenzato anche dalle idee femministe della moglie Harriet Taylor e da quelle della figliastra Helen, Mill scrisse nel 1869 La servitù delle donne, in cui rivendica la parità dei sessi nel diritto di famiglia e il suffragio universale, sostenendo che ciò migliorerà anche gli uomini, i quali smetteranno di sentirsi superiori solo per il fatto di essere maschi e metterà fine all’ultimo residuo di schiavitù legale esistente dopo l’abolizione della schiavitù dei neri negli Stati Uniti.
Sinossi tratta da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/John_Stuart_Mill
Dall’incipit del libro:
Non appena mi capitò sotto gli occhi questo libro e n’ebbi gustato i pregi e tosto mi promisi di volgerlo nel nostro idioma e farlo così conoscere e diffondere in Italia, dove, sgraziatamente, i fecondi principii della illuminata opinione moderna procedono tanto a rilento nelle applicazioni. Uscito da una penna autorevole, forte di una argomentazione stringente, calzante, basata sopra principii inconcussi ed universalmente accettati; scritto colla profonda convinzione del filosofo, colla scrupolosa giustizia dell’uomo onesto, colla forma temperata di chi non vuol esagerare e non ne ha bisogno, questo libro mi par destinato a scapezzare definitivamente la tesi propugnatrice delle incapacità femminili, e a demolire presso gli avversarii di buona fede fino all’ultimo dei pregiudizii che l’hanno fino ad oggi appoggiata. Le difficoltà straordinarie ed affatto eccezionali che incontra questo argomento per la coalizione delle istituzioni, delle consuetudini e del pregiudizio, le altre difficoltà non superabili che da una mente altamente filosofica che presenta la donna stessa, nell’attuale stato di servitù demoralizzatrice, sviluppata qual’è forzatamente in talune sue facoltà, ed atrofizzata e compressa in altre, sicchè mal si può, senza una finissima osservazione ed una analisi profonda, scoprirne o presumerne le armoniche proporzioni nel suo stato di normalità, tutte queste difficoltà sono antivedute e trionfalmente superate dallo scrittore, senza sforzo, senza sofisma, senza sottigliezza, sibbene con un lavoro logico così semplice e naturale da porre la tesi contraria fra l’uscio ed il muro e costringere il sofista a darsi per vinto. In una tesi che, in virtù del vetusto pregiudizio, sembra in sè stessa esagerata per quanto vesta misurate le forme, spingere il principio fino all’ultime sue deduzioni teoriche, ed affrontare fino all’ultima delle sue pratiche applicazioni, è tale ginnastica, che reclama tutta la gagliardia del pensatore e tutta l’abilità del diplomatico; e l’una e l’altra ha l’Autore posta al servizio della sua tesi di simpatia, e con un successo del quale nutriamo salda fiducia che le donne dovranno applaudirsi.

