Dall’incipit del libro:
La casa del signor Còppola, che, di primavera, restava quasi nascosta dalle grandi robinie del piazzale, aveva un aspetto grazioso e pieno di gaiezza.
Era una casa a due piani, sapientemente divisa in quattro simmetrici appartamentini, assai piccoli, che si guardavano a coppie nella scala e aprivano due file di balconi sul piazzale. Nella scala, i due terrazzini gemelli del secondo piano sporgevano come tettoie sulle bussole a vetri del primo piano, le quali – simmetriche e velate d’ombra – si facevano riscontro nel lungo pianerottolo dove i giallo-verdognoli cardellini, i dorati canerini, e due malinconici merli, trillavano e fischiavano invano, chiedendo che un po’ di sole entrasse nelle gabbie sospese alle cupe mensole dei terrazzi.
Quanti uccelli nel pianerottolo, quanti fiori in due balconi del primo piano, davanti le robinie odorose!
Uccelli e fiori erano del signor Bàrtoli, impiegato presso la Banca d’Italia.
Ciascuna stagione portava fiori nei due balconi dove sbocciavano margherite doppie, vividi gerani color di ceralacca e gerani bianchi purissimi; giunchiglie dorate, garofani meravigliosi e grandi viole dalla faccia di donnine invecchiate; e poi rose e rose: rose in tutte le sfumature dell’avorio che si arrampicavano fin sotto la ringhiera del balcone del verificatore di pesi e misure, e che lui contava ogni sera nel timore che le bimbe ne strappassero qualcuna.

