Mariano Maresca nacque a Piano di Sorrento il 23 maggio 1884 da Pasquale e da Angela De Gennaro.
Nel 1912 si laureò in filosofia all’Università di Napoli, dove fu allievo di F. Masci. Iniziò l’attività di insegnante con vari incarichi di supplenza per pedagogia e filosofia in scuole superiori a Napoli, Lucca e Mondovì tra il 1913 e il 1915.
Nel 1914 aveva intanto conseguito la libera docenza in pedagogia presso l’Università di Torino. La sua attività filosofica era iniziata con una comunicazione, presentata al IV congresso internazionale di filosofia tenutosi a Bologna nel 1911, su Il valore dell’elemento conoscitivo della religione (Ascoli Piceno 1911).
Negli anni giovanili ebbe una esperienza come sacerdote, presto conclusasi. Infatti tra il 1913 e il 1917 collaborò con «La Nuova Riforma» di G. Avolio, e avvicinatosi ai circoli modernistici napoletani entrò in conflitto con la Chiesa ed abbandonò la scelta sacerdotale. Ottenuta, dopo la guerra, la reductio in statum laicalem e la dispensa dal celibato, sposò, nel 1919, Maria Felicia Cappiello dalla quale ebbe sette figli (Angela, Glauco, Iride, Ovidio, Renata, Clara, Ottavia) tutti ancora minorenni quando la moglie morì, il 18 sett. 1936.
L’esperienza sacerdotale, se pur conclusa, influenzerà senza dubbio il pensiero e gli interessi culturali dell’autore. Le sue concezioni in materia religiosa, svolte in numerosi saggi pubblicati in riviste scientifiche di varia ispirazione, trovarono organica e compiuta espressione nel volume Il problema della religione nella filosofia contemporanea (Roma-Città di Castello 1932).
L’attenzione e l’impegno scientifico del M. appaiono comunque inizialmente concentrarsi attorno alla pedagogia, a partire dall’Appendice sul pensiero di J.F. Herbart pubblicata negli Scritti herbartiani di N. Fornelli (Roma 1913, corredato anche da note del M.). In questo ambito si collocano anche altri importanti lavori: Fatto etico e fatto pedagogico, Lucca 1914; Il problema gnoseologico della pedagogia e il fine dell’educazione: appunti critici, ibid. 1914; Introduzione alla didattica, Catania 1915; Le antinomie dell’educazione, Torino 1916; La lezione, Roma 1919; La pedagogia sta da sé? Saggio critico sulle correnti della pedagogia contemporanea, ibid. 1920.
Fu critico sia nei confronti dello scientismo pedagogico di ispirazione positivista che riguardo all’idealismo pedagogico, particolarmente verso la totale risoluzione compiuta da G. Gentile della pedagogia nella filosofia; al centro della sua attenzione fu lo stretto rapporto tra filosofia e pedagogia, sottolineando egli sempre il tema dell’«autonomia» e dell’«identità» di quest’ultima.
Nel marzo del 1916 fu chiamato alle armi come sottotenente nel XXXVI battaglione della milizia territoriale a Fossano e inviato, il 15 dicembre, in zona di guerra «alle dirette dipendenze del comando supremo». Tenente nel 6° reggimento mitraglieri della 6ª armata, nel giugno 1918, fu insignito con la croce al merito di guerra.
Nel 1920 avendo optato per la sede di Genova dopo aver vinto il concorso per i licei, si trovò tuttavia in difficoltà nel trovare un alloggio e la cosa lo spinse ad accettare un posto di professore di filosofia nel liceo di Tunisi, dove rimase fino al 1923 e dove ebbe modo di toccare con mano le gravi deficienze del governo italiano nella politica scolastica in quel Paese (cfr. M. Maresca, Attività scolastica del governo italiano in Tunisia, in L’Africa italiana. Boll. della Soc. africana d’Italia, XL [1921], 3, pp. 102-109).
Nel 1923 conseguì l’idoneità nel concorso alla cattedra di pedagogia dell’Università di Messina, e fu chiamato, dal 16 ottobre, a coprire in qualità di straordinario tale insegnamento presso la facoltà di lettere e filosofia dell’ateneo di Pavia. Pronunciò la sua prima lezione universitaria il 26 novembre con una prolusione dal titolo Il valore della conoscenza pedagogica (Milano-Roma-Napoli 1924), inizialmente apparsa nella «Rivista pedagogica», con la quale iniziò uno stretto rapporto collaborazione, non mancando di sottolineare nei suoi articoli il proprio dissenso nei confronti della riforma della scuola voluta da Gentile.
Nel 1925 fu tra i firmatari Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, ma si adattò nel 1931 a prestare giuramento al regime rifiutando tuttavia l’iscrizione al Partito nazionale fascista sino al 1940 quando, in seguito a una circolare relativa alla riapertura delle iscrizioni per gli ex combattenti, dovette rassegnarsi a chiedere la tessera.
In alcuni suoi scritti – Realismo ed idealismo nel problema gnoseologico della realtà esterna ed il loro valore per la pedagogia, Tunisi 1922; La sensazione (Analisi gnoseologica), in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, LVII (1921-22), 10-11, pp. 435-473; La percezione sensoriale (appunti di critica gnoseologica), in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, LV (1922), 11-15, pp. 355-378 – emerge la sua evoluzione da seguace del neocriticismo a una posizione neokantiana e idealista, originale tuttavia in particolare in relazione al problema della conoscenza.
Scritti di questo periodo: Principî di una teoria dell’educazione come redenzione totale dell’uomo, in «Rivista di filosofia», XXI [1930], 2, pp. 94-114; I fondamenti filosofici dell’attività educativa, in «Rivista pedagogica», XXVII [1934], 2, pp. 161-177; Introduzione generale alla pedagogia, Roma 1937.
Nell’ottobre 1936 il M. fu trasferito alla neoistituita cattedra di filosofia morale per passare, dal 1° dicembre 1938, a quella di filosofia teoretica, conservando comunque l’incarico, periodicamente rinnovato, per l’insegnamento della pedagogia. Il 16 novembre 1940 sposò in seconde nozze Margherita Marini.
Nominato il 10 agosto 1943, durante il governo Badoglio, dal prefetto G. Vitelli di Pavia, preside della locale amministrazione provinciale, ricoprì tale incarico fino al 22 ottobre, data dell’occupazione di Pavia da parte delle forze nazifasciste. Fermato dai nazifascisti il 19 agosto 1944, fu scagionato da ogni imputazione e rilasciato il 29 dello stesso mese. Dal 28 aprile al giugno del 1945 tenne la presidenza del Comitato di liberazione nazionale (CLN) provinciale in rappresentanza del Partito d’azione. Nell’anno accademico 1945-46 fu eletto preside della facoltà di lettere e filosofia dell’ateneo pavese.
La condanna in contumacia del figlio Glauco a 14 anni di carcere per aver partecipato all’uccisione, il 1° genn. 1946, di un giovane già militante delle Brigate nere, e dell’altro figlio Ovidio, per il ferimento, qualche tempo dopo, di un altro pavese, nonché il sospetto, risultato poi infondato, di un suo diretto coinvolgimento nella progettazione di un’azione tesa a liberarli, insieme con altri partigiani detenuti, utilizzando armi nascoste all’interno dell’Università – azione in cui risultò implicata la figlia Iride –, segnarono drammaticamente l’ultimo periodo della vita del Maresca, provocandogli uno stato di profonda prostrazione.
Nel 1946 scrisse una serie di articoli apparsi ne «La Cittadella di Bergamo». Nel 1947, fra le pagine del suo ultimo libro (Libertà e scuola nello Stato democratico, Milano 1947), difese l’urgenza di una radicale riforma della scuola, quale strumento per promuovere, diffondere e consolidare i valori della libertà e della democrazia. Proponeva una riforma progettualmente centrata sulla difesa dell’autonomia della scuola dall’ingerenza politica o religiosa, sulla sua apertura a una dimensione culturale di respiro internazionale, sul principio dell’obbligatorietà del triennio postelementare per tutti, sulla scuola media unica e conseguente sostituzione del latino con una lingua moderna, sul principio dell’aconfessionalità dell’insegnamento religioso.
Morì a Pavia il 21 marzo 1948.
Fonti:
- Maresca, Mariano, Dizionario biografico degli Italiani, voce a cura di Ignazio Volpicelli.
http://www.treccani.it/enciclopedia/mariano-maresca_(Dizionario-Biografico)/
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Giovanni Vidari
Commemorazione letta da Mariano Maresca
La sintesi della biografia intellettuale del noto pedagogista Vidari è tracciata, come commemorazione in occasione della morte, da Mariano Maresca, a sua volta valente studioso di pedagogia, accomunato al Vidari nella consapevolezza dei pesanti limiti dell’idealismo pedagogico.