Maurice MaeterlinckMaurice Maeterlinck nacque a Gand il 29 agosto del 1862.

Compiuti i suoi studi nella città natale presso i gesuiti e laureatosi poi in giurisprudenza, esercitò per un certo tempo nel suo paese la professione di avvocato.

Nel 1886 venne a Parigi – senza tuttavia abbandonare definitivamente la residenza belga – , dove frequentò gli ambienti simbolisti, ma già l’anno precedente aveva pubblicato brani di suoi romanzi sulla rivista letteraria «Le Jeune Belgique».

Esordì nel 1889 con una raccolta di versi, Les serres chaudes (Le serre calde), e con un’opera teatrale, La princesse Maleine (La principessa Maleine), che lo rivelò al pubblico, grazie anche all’entusiastica recensione di Octave Mirbeau su «Le Figaro» che lo definì “il nuovo Shakespeare belga”. In queste opere è evidente l’influenza di Stéphane Mallarmé e di Villers de L’Isle Adam con i quali era entrato in contatto.

Come poeta si collocò sin dalla prima raccolta in quel gruppo che più tardi verrà definito di «simbolisti spiritualisti», poeti ispirati da motivi religiosi e per i quali l’esperienza religiosa, fuori tuttavia da ogni dogma, assunse una decisiva importanza ai fini dell’ispirazione poetica. Maeterlinck fu a lungo il rappresentante più famoso di questo tipo di simbolismo. Egli, come dirà Clouard, «ha indubbiamente il senso di una vita profonda e nascosta, in cui tremuli stati di coscienza non arrivano né all’idea, né a un sentimento definito, né alla schietta emozione; galleggiano con lui nell’acque dormenti sotto cui si apre il subcosciente. Per questo egli ha una voce piena di mistero e d’assenza: riflette nei suoi occhi immagini strane, visioni fugaci e concordanze turbanti».

Raffina ancor più la sua poesia in Douze chansons (Dodici canzoni, 1897), nelle quali sviluppa un ritmo molto più personale. Non a torto la critica moderna individua nel suo canto uno dei punti di partenza di tutta la lirica contemporanea, da Apollinaire a Prévert.

Instaura in questi anni una relazione sentimentale con la cantante Georgette Leblanc, relazione che si protrarrà per oltre un ventennio. Il trasferimento definitivo a Parigi avviene nel 1897.

Ma Maeterlinck fu soprattutto scrittore di teatro, nel quale, per primo, riuscì a trasportare gli elementi più validi del simbolismo, l’atmosfera poetica, la forza delle suggestioni, con uno stile sicuramente artificiale ma volutamente ingenuo e seducente. Dà corpo e consistenza alle sue personali fantasticherie tramite personaggi evanescenti ma impressionanti, che hanno contribuito a rompere la pesante atmosfera creata sulla scena francese dal teatro naturalista. Il nucleo drammatico è minimo, ma, molto spesso, portatore di una forza tragica del tutto peculiare.

Alla Princesse Maleine fecero seguito L’intruse (L’intrusa, 1890), che presenta la morte imminente nella camera di un’ammalata, «sentita» dal vecchio nonno cieco, il quale, appunto perché tale, è in grado di presentire i segni invisibili, e Les aveugles (I ciechi, 1890), costruita attorno alla simbologia di due ciechi sperduti in una foresta che dovrebbero insegnare agli uomini – che pur vivendo in società si ignorano – a capirsi meglio.

Pelléas et Mélisande (1892), che la musica di Debussy ha reso celebre, è forse il più noto dei drammi di Maeterlinck. Questa cupa storia d’amore e di morte, che ha per scenario fisso una profonda foresta e che ricorda la leggenda di Tristano e di Isotta, è uno dei prodotti più rappresentativi di tutto il simbolismo europeo.

Ariane et Barbe-Bleue” fu invece musicata da Paul Dukas.

Nel 1894 furono rappresentati Intérieur e La mort de Tintagiles che, accolti con vivo successo, sottolineavano nel contempo come il suo teatro si basasse su un assunto assai semplice: la ricerca dell’orrore talvolta gratuito espresso con un linguaggio volutamente simbolico, che per questo sconfina spesso nell’oscurità. Nel 1896 apparve Aglavaine et Sélysette, nel 1902 Monna Vanna, quasi un affresco storico nella Pisa quattrocentesca assediata dai fiorentini.

Nel 1907 si trasferisce in Normandia stabilendosi in una abbazia e scrive nel 1908 L’oiseau bleu (L’uccello azzurro) chefu senza dubbio il più apprezzato dal pubblico, specialmente anglosassone, per la freschezza di favola che lo pervade.

Nel 1911 gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura.

Più tardi, nel 1919 – anno nel quale sposa l’attrice Renée Dahon, nizzarda – scrive Le bourgmestre de Stilmonde.

Moltissima fortuna, probabilmente sproporzionata al loro valore scientifico, che tuttavia non rappresentava lo scopo dell’autore che resta sempre e soprattutto un letterato, ebbero le opere di storia naturale di Maeterlinck (La vie des abeilles, La vita delle api, 1901; L’intelligence des fleurs, L’intelligenza dei fiori, 1907; La vie des termites, La vita delle termiti, 1926; La vie des fourmis, La vita delle formiche, 1930; L’araignée de verre, 1932, etc.)

Su La vita delle termiti pesa anche l’accusa, probabilmente non del tutto infondata, di plagio di uno studio precedente dello scienziato e poeta sudafricano Eugene Marais.

Dal 1896 aveva iniziato, con il Trésor des humbles (Tesoro degli umili), una lunga serie di trattati morali poetico-filosofici, oggi quasi completamente, e forse ingiustamente, dimenticati, ma che ebbero notevole risonanza al momento della loro prima pubblicazione. Il più celebre e il più efficace resta La sagesse et la destinée (La saggezza e il destino, 1898), in cui l’autore illustra, sotto il nome di «saggezza», una specie di illuminazione mistica che va oltre la ragione e nella quale stanno la bontà, il sacrificio, la tenerezza e l’amore, mentre il «destino» sarebbe il quadro storico in cui ogni uomo deve muoversi. Ne abbiamo adesso la bella traduzione italiana di Giulio Martone – grazie alle edizioni Eliot – che contiene anche i due capitoli inediti in Francia e pubblicati solo nell’edizione in lingua tedesca, e in appendice un interessante saggio di Rainer Maria Rilke.

Dopo il matrimonio acquista un castello a Nizza e nel 1932 viene nominato conte dal re del Belgio Alberto I.

Nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti dove rimane fino al 1947. Torna a Nizza nel suo castello che aveva chiamato Orlamonde, ispirandosi al suo dramma Quinze chansons, dove muore il 6 maggio del 1949.

Il valore, l’importanza storica e soprattutto la fama dell’opera di Maeterlinck sono senza dubbio grandi e sono legati in particolar modo alla sua opera drammatica, che ha dominato le scene francesi ed europee all’inizio del secolo, aprendo la strada sia a Ibsen, sia a Shaw.

Fonti:

  • G. HARRY, La vie et l’œuvre de Maeterlinck, Parigi 1932.
  • M. LECAT, Bibliographie de Maeterlinck, Bruxelles 1939.
  • G. BENELLI, Le figure della ripetizione nella poesia di M. Maeterlinck, Ravenna 1984.
  • S. ZOPPI, voce Maeterlinck Maurice in GDE, Torino 1985.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Arianna e Barbe-Bleue
    Leggenda in tre atti
    Celebre fiaba di Perrault riletta da Maeterlinck in chiave mitologico-simbolista.
  • Pelléas et Mélisande
    Dramma lirico
    Si tratta del dramma teatrale più tipicamente rappresentativo dell’estetica simbolista di fine Ottocento. L’atmosfera poetica e la potenza delle suggestioni, che avevano caratterizzato la poesia simbolista della quale l’autore fu a lungo il rappresentante più famoso, vengono qua trasportate in teatro. Lo stile è artificiale e volutamente ingenuo, ma di grande suggestione. Il nucleo drammatico è minimo, attraversato da personaggi evanescenti ma impressionanti che imprimono all’opera una singolare forza tragica.
  • L'uccello azzurro
    Fiaba in sei atti e dodici quadri
    Storia del viaggio fantastico di due bambini alla ricerca dell’uccellino azzurro della felicità, che potrebbe guarire una bimba malata. Nel volume è contenuto anche il drammatico atto unico 'Interno'.
  • La vita delle api
    Descrizione appassionata degli insetti, oggetto di interesse e di amore nato in Maeterlinck fin da bambino. La prosa limpida e poetica del non-trattato tocca temi etici e filosofici.
 
autore:
Maurice Maeterlinck
ordinamento:
Maeterlinck, Maurice
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