Dall’incipit del libro:
Quella notte il bambino non voleva addormentarsi. La madre l’aveva cullato per un pezzo fra le braccia cantandogli con monotona cadenza la ninna nanna di Gesù Bambino, seduta con la spalle al focolare, perchè gli occhi del figliuoletto non fossero feriti dalla rossa fiammella dei tizzi accesi e dal tremolio della lucerna appesa alla sporgenza della cappa.
Poi, quando il bambino smise di poppare e parve addormentato, ella ricompose lo sparato del corpetto, si alzò pianino, e sempre canticchiando sottovoce la ninna ninna e battendo con le dita su le spalle del bambino, si avviò verso la stanzuccia attigua a quella del focolare. Ivi era un letto di cui ella destramente, senza deporre il bambino, riversò le coltri, vi adagiò il figliuolo, lo coprì e canticchiando sempre, stette sospesa su lui: poscia giudicandolo addormentato dal respiro dolce ed eguale, tornò nell’altra stanza, sedè sulla scranna presso al focolare e trasse dalla tasca una coroncina:
— È tardi — pensava. — Pietro non verrà per questa sera. Salvochè non gli sia capitato qualche guaio… Se la Madonna del Carmine me lo farà rivedere, domani dobbiamo venirci… ha da pensare sul serio a suo figlio.
E intanto faceva scorrere tra le dita i paternostri della corona. Poi si diè a biascicare il rosario, con uno strascico di parole latine e un frequente chinar del capo. Però il suo pensiero era altrove; mentre le labbra mormoravano macchinalmente le avemmarie ed i gloriapatri, lo sguardo era fisso sulla porta di strada e le orecchie eran tese agli indistinti rumori della notte. Ogni qual volta il vento scoteva la porta, ella trasaliva interrompendo a mezzo il rosario.


