Dall’incipit del libro:
Si può dire, invertendo una frase celebre, che quando Cavour si mise all’opera, gli italiani erano fatti, ma mancava ancora di fare l’Italia. C’erano già, cioè, una coscienza nazionale, una diffusa e profonda irrequietezza contro gli antichi regimi, giovani e uomini, in ogni parte del paese, risoluti a fare quanto era da essi, per la conquista dell’unità politica, una vasta cospirazione di sforzi, che rompeva di quando in quando qua e là l’ordine costituito e ne minava coraggiosamente le basi.
Questo lavorio profondo di ricostituzione della coscienza nazionale italiana, al quale dà il primo impulso la rivoluzione francese, che le vicende dell’Italia sotto Napoleone I avvivano e che, dopo il ritorno all’antico, incomincia a concretarsi nelle congiure e nei moti dei carbonari, si accelera poi nell’opera meravigliosa di Mazzini e della Giovane Italia e, negli anni che precedono il 1848, si espande in una magnifica fioritura di pensiero, e di propaganda, di propositi e piani d’ogni genere. Lo nutrono innanzi tutto i ricordi storici e letterarii; mai forse nella storia il passato, i morti, le rovine e le meraviglie d’arte che erano come la viva gloria di questi, ebbero tanta efficacia ideale di rinnovazione storica. Lo nutrono anche l’assolutismo dei principi, la crescente cultura economica e politica, la sete ardente di libertà religiosa, le necessità pratiche di rinnovazioni tecniche, economiche e sociali d’ogni genere.

