Salvatore MorelliSalvatore Morelli nacque a Carovigno in provincia di Brindisi il primo maggio 1824, primogenito di 11 fratelli. Il padre Casimiro era impiegato civile e la madre, Aurora Brandi, casalinga. Si trasferì a Napoli nel 1840, dopo aver studiato a Brindisi presso il Seminario, e frequentò la facoltà di Giurisprudenza conseguendo la laurea e iniziando immediatamente a esercitare l’attività di pubblicista.

A Napoli aveva nel frattempo preso a frequentare i salotti letterari e patriottici del tempo e in particolare ebbe modo di conoscere, nell’ambito della cerchia delle frequentatrici e amiche di Giuseppina Guacci, donne attive nel campo letterario e artistico. Nel 1846 si trasferì a Lecce e, dopo un avvicinamento agli ambienti liberali, intraprese un’attività politica decisamente più radicale e di attiva opposizione al regime borbonico. In seguito ai fatti del 1848 – durante i quali Morelli era entrato a far parte della Guardia Nazionale di Carovigno che ebbe tuttavia vita brevissima – venne accusato insieme ad altri giovani di aver fomentato disordini strappando e bruciando i ritratti dei sovrani i cui frammenti aveva poi fumato nella pipa. Processato a Lecce venne condannato a otto anni di prigione nell’isola di Ponza. Le condizioni detentive erano barbare. William Gladstone – politico britannico, dapprima conservatore e successivamente approdato a posizioni liberali e all’adesione a importanti riforme sociali – che visitò le carceri borboniche nel 1851, le definì “la negazione di Dio eretta a sistema”.

Morelli durante la detenzioni conobbe reduci lombardi e altri detenuti politici tra i quali Luigi Settembrini. Subì altri processi e successive condanne (e persino una finta fucilazione) passando da un carcere all’altro (Ventotene, castello di Ischia etc.) fino agli arresti domiciliari a Lecce nel 1858. Quando, nel 1860, in seguito all’avanzata garibaldina il re decise di ripristinare la costituzione del 1848, aveva maturato condanne per dodici anni in nove processi diversi e conosciuto trenta differenti carceri. In quell’anno gli arresti domiciliari vennero sostituiti da domicilio coatto a Maglie dopo aver rifiutato un incontro con il re. A Lecce ebbe comunque modo di scrivere la sua opera più nota La donna e la scienza, considerate come mezzi atti a risolvere il problema dell’avvenire che, crollato il regime borbonico, fu data alle stampe nel 1861, ristampata nel 1862 e, nella sua versione definitiva e con il titolo La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale, nel 1869.

Nel 1863 evitò una nuova carcerazione conseguente a un mandato di cattura emesso in seguito a un articolo “sovversivo” apparso su “Il Popolo d’Italia” in quanto eletto nel consiglio comunale di Napoli. Fondò il giornale “Il Pensiero”. Nel 1864 venne iniziato nella Loggia Massonica I figli dell’Etna e nel 1865 nella loggia napoletana La Massoneria popolare ovvero La Vita Nuova che era animata da Saverio Friscia (https://liberliber.it/autori/autori-g/francesco-guardione/saverio-friscia/). Fu rieletto al consiglio comunale di Napoli nel 1865.

Nel 1867 il comitato elettorale per la sinistra lo indicò come candidato al Parlamento nel collegio di Sessa Aurunca e, pur partendo sfavorito contro il candidato di destra ex sindaco di Napoli Rodrigo Nolli, fu eletto deputato. Iniziò quindi una intensa attività che lo vide protagonista fin dal giugno 1867 con diversi disegni di legge incentrati sulla riforma della pubblica istruzione, la reintegrazione giuridica della donna, la limitazione del culto cattolico all’interno delle istituzioni ecclesiastiche con la cancellazione delle spese di culto, la progressiva estinzione dei cimiteri sostituiti dalla pratica di cremazione. I tre progetti di legge con i quali avanzò le sue idee non furono neppure ammessi alla lettura alla Camera né sono conservati negli archivi. Se ne può però prendere visione in quanto riportati in nota nell’opera già sopra citata. Morelli provvide comunque a farli stampare e a inviarli a diverse personalità della democrazia europea.

Nel gennaio del 1868 prese la parola per la prima volta durante il dibattito sul bilancio degli interni che al capitolo 18 bis parlava dei sifilicomi. Dopo che il deputato Corte aveva interpellato il ministro Cadorna in proposito alla proposta di provincializzazione degli stessi, Morelli intervenne proponendo senza mezzi termini la chiusura dei sifilicomi. Senza farsi condizionare dalle “statistiche” portò il dibattito sul terreno politico.

«Propongo alla Camera, la prima volta che ho l’onore di indirizzarle la parola, la cancellazione di questo capitolo di bilancio. Esso è ingiusto, perché in tempi di penuria sottrae una cospicua cifra alle casse dello Stato senza poterne constatare la utilità dell’uso, ed è indecoroso, perché è la prova legale della tolleranza della prostituzione. Un governo civile non deve portare la sua vigilanza fino al punto di violare quel che ha di più intimo e di segreto la natura umana. Se lo Statuto vuole rispettata la libertà individuale ed il domicilio del cittadino, con la fiscalità del sifilicomio si viola l’una e l’altra. […] I sostenitori di questa istituzione hanno potuto avere forse il caritativo pensiero di rendere un servizio alla pubblica salute, ma il mezzo non è adatto al fine: non sappiamo quanto vantaggio abbia esso recato all’igiene pubblica; alla moralità certamente ha prodotto gravissimo danno […] il meretricio è aumentato, e la donna, quell’essere da cui noi riceviamo la vita e le ispirazioni, quell’essere che la società ed i governi dovrebbero tenere più garantito degli altri ed in maggiore estimazione, la donna, dico, è soggetta non solo al dispotismo e alle prevaricazioni degli agenti di polizia, a certe ristrettezze ed insopportabili angustie, ma anche a deturpazioni, usufruite da immorali speculatori che non fanno onore né al paese, né alla civiltà del secolo».

Ovviamente il ministro Cadorna rispose che la somma stanziata per i sifilicomi non era tesa ad incoraggiare la prostituzione ma ad arginare le conseguenze di un male che non è possibile impedire. Il deputato Arrivabene sostenne che la condizione della donna era peggiore in Inghilterra e America dove non esistono i sifilicomi e che lì le morti per sifilide sono il 30% in più. Ma Morelli sostenne che i mezzi per combattere la prostituzione sono le scuole e lo sviluppo industriale e commerciale che diano a tutti i cittadini «luce di mente e lavoro produttivo; quando io non vedo dar mano a questi mezzi […] conchiudo che non si voglia veramente combattere il male.»

Ovviamente la proposta di Morelli fu respinta ma lo stesso tornò alla carica l’anno successivo e questa volta il ministro era Cantelli. Morelli, più esperto e già provato da oltre un anno di lavori legislativi disse:

«L’anno scorso io innalzai una protesta contro questa istituzione che offende la dignità non solo della donna ma anche del paese. Io chiesi che questa somma fosse cancellata, il ministro accennò alla necessità di doverla mantenere, ed io pure convengo che nelle condizioni attuali in cui oggi è l’Europa non si può governare senza postriboli e senza prigioni. Ma non per tanto questa protesta io la reitero a nome dei principi di libertà che vedo violati impunemente. Desidererei però, dovendo rimanere quel ludibrio, che l’onorevole ministro provvedesse acciò fosse esonerata dalla tassa vergognosa la sventura di quelle infelici, che io chiamo talvolta anche donne generose e non prostitute. La parola generose, che vi ha mosso a ridere, io l’adopro signori, per fare omaggio alla dignità della donna, la quale esigerebbe un po’ più di rispetto. Io stimo moltissimo la donna e m’interesso alla sua sorte, perché riconosco in lei la più potente leva della vita, l’arbitra dei destini del mondo, e sono convinto che lasciandola nell’abiezione non c’è possibilità di morale risorgimento. Questa vostra ilarità, o signori, quando parlo dello stato malagevole e dell’importanza della donna mi dice la causa dello scadimento in cui versa oggi il nostro paese, l’Europa e l’umanità intera.»

Il discorso di Morelli era stato interrotto e disturbato da scoppi di risa e di disapprovazione tanto che il Presidente dovette intervenire per richiedere il silenzio dell’aula. Il tentativo di Morelli era volto ad impedire che la discussione sul dare e avere della voce di bilancio fosse tesa ad evitare l’aspetto più importante della questione che era il controllo discrezionale e violento della “pubblica sicurezza” sulle donne e la sottomissione di queste a un codice speciale che oltre tutto erano loro stesse a dover sovvenzionare. Morelli voleva che i deputati si domandassero perché esistessero luoghi di segregazione come i sifilicomi e non limitarsi a constatare quanto sarebbero costati nell’anno corrente e a dibattere se dovessero essere amministrati dallo Stato o dagli enti locali.

Morelli metteva invece l’accento su quel che riguardava l’atteggiamento dello Stato verso la metà femminile dei suoi sudditi. È da sottolineare che in quegli anni Morelli era diventato amico di Anna Maria Mozzoni e aveva aderito al movimento Libertà e Giustizia fondato dagli anarchici Fanelli e Gambuzzi e alla cui fondazione aveva presenziato lo stesso Bakunin. Gambuzzi aveva partecipato alla sfortunata spedizione di Pisacane e fu proprio accanto a Gambuzzi che Morelli aveva partecipato nel 1862 a un’assemblea di democratici tenutasi a Genova all’interno della quale erano state sostenute dai due le posizioni, ispirate dalle idee appunto di Pisacane, tese al raggiungimento dell’autonomia degli ordinamenti amministrativi e alla decisa opposizione alla tendenza all’eccessivo centralismo. Insieme a Mozzoni e a Giovanna Garcèa (che a Parma dirigeva il giornale “La voce della donna”) Morelli aveva progettato di fondare un nuovo giornale femminile a Firenze, progetto che però non fu possibile realizzare.

Le proposte di Morelli al parlamento spaziavano su temi diversi, dalla bonifica delle terre paludose allo sviluppo delle ferrovie, alla sostituzione del ministero della guerra con quello della difesa e al ricorso all’arbitrato internazionale per la soluzione dei conflitti. Ma il centro della sua attività era sempre il miglioramento della condizione femminile: abolizione della patria potestà, pari diritti e doveri nel matrimonio, riconoscimento della prole nata fuori dal matrimonio e attribuzione alla prole del cognome materno, l’abolizione degli articoli sulla ricerca della paternità per i figli illegittimi ingiustamente discriminati, il diritto elettorale amministrativo e politico per donne e uomini. I suoi interventi erano certamente molto in anticipo sui tempi e suscitavano nella classe politica del tempo una stupita ilarità. Fuori contesto appare ancora oggi la sua inflessibile onestà. All’epoca i costi della politica gravavano sui diretti interessati e Morelli che spesso non poteva permettersi neppure la spesa di un modesto albergo quando si trovava a Roma per i lavori parlamentari trascorreva spesso la notte in treno, essendo l’unico privilegio parlamentare quello dei viaggi ferroviari gratuiti, invertendo nella notte la direzione per poter rientrare a Roma al mattino in tempo per la ripresa della seduta.

Morelli si rendeva perfettamente conto che la sua battaglia non avrebbe potuto produrre realizzazioni legislative immediate ma il suo obiettivo era di contribuire a creare il clima adatto per la penetrazione graduale di certe idee, facendo opera non tanto di proselitismo ma di educazione. Ne è consapevole anche Anna Maria Mozzoni che gli scrive nel 1876:

«Onorevole signore, mi venne fatto più volte di osservare come, in mezzo al cronico buon umore della Camera, vi accada spesso di lasciarvi cadere di bocca delle parole che racchiudono germi fecondi, o colpiscono mali incancreniti ai quali nessuno ha ancora posto mente, ed accennano a riforme, additando le quali voi precedete lo svegliarsi della coscienza pubblica.»

Morelli si batté anche per abrogare la norma che impediva alle impiegate dei telegrafi di potersi sposare. Solo nel 1877 poté vedere approvato uno tra i suoi progetti di legge: quello sulla ammissibilità delle donne a testimoniare negli atti pubblici. L’anno della sua morte, il 1880 presentò per la quarta volta la sua proposta di legge sul divorzio.

La sua elezione al Parlamento fu riconfermata alle elezioni del 1870, del 1874 e del 1876 in totale per quattro legislature sempre nel collegio di Sessa Aurunca, finché il collegio non gli viene portato via nel maggio 1880 dal De Sanctis, cosa per la quale Morelli stesso accusò le “consorterie locali”.

Morelli morì a Pozzuoli il 22 ottobre 1880 dove si era ritirato, in precarie condizioni economiche, dopo la sconfitta elettorale. Se l’eco mediatica in relazione alla sua morte non fu particolarmente vasta, tuttavia la sua figura venne ricordata su numerosi giornali tra quelli che propugnavano l’emancipazione femminile. Il 30 aprile 1908 a conclusione del I congresso nazionale delle donne italiane svoltosi a Roma al Campidoglio la suffragista Irma Melany Scodnik ricordò la figura e il pensiero di Salvatore Morelli.

Fonti:

  • G. Conti Odorisio – F. Taricone, Per filo e per segno. Torino, 2008.
  • R. Macrelli, L’indegna schiavitù. Anna Maria Mozzoni e la lotta contro la prostituzione di Stato. Roma, 1980.
  • F. Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia 1848-1892. Torino, 1975.
  • V. Fiorino, voce Morelli, Salvatore in Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 76.
    https://www.treccani.it/enciclopedia/salvatore-morelli_(Dizionario-Biografico)/

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • La donna e la scienza, o La soluzione del problema sociale
    Tema dell’opera è la necessità di riorganizzare e rigenerare la famiglia facendo perno sull’elemento femminile, oggetto di una diseguaglianza che nasce dall’egoismo del patriarca; alla base deve essere la scienza, intesa come fattore cardine del progresso umano, e la donna, considerata potenzialmente progressista, è il mezzo per valorizzare questo fattore. È la scienza che, per l’autore, spiega con semplicità le leggi fondamentali della vita e ci indirizza verso “il fine ultimo della nostra destinazione”.
 
autore:
Salvatore Morelli [1824-1880]
ordinamento:
Morelli, Salvatore [1824-1880]
elenco:
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