Maternità è la terza raccolta di poesie di Ada Negri pubblicata nel 1904: in quest’opera l’autrice celebra le madri e la maternità.
Ada arriva a quest’opera in anni difficili, in cui vive in prima persona la maternità, ma non riesce a godere di un matrimonio felice.
I suoi versi sono sempre ricchi di elementi autobiografici, come quando ci restituisce il ricordo del canto della ninna nanna della madre, ma anche sempre pregni di una pulsione morale, come nelle stesse ninne nanne di speranza e come quando non manca di ricordarci il ruolo delle donne operaie che assolvono a due compiti: di madri e di lavoratrici.
Il suo linguaggio e il suo realismo sono sempre di un’immediatezza disarmante, ma in quest’opera spesso anche leggeri come l’innocenza dei figli.
“Per strappare dal silenzio le parole delle madri bisogna ritornare alla culla, alla filastrocca, al canto delle risaie e delle filande. Lì vivono i discorsi delle donne, lì arde il loro essere, si consuma la loro opera di madri e di lavoratrici. Ed è lì che nasce e si sviluppa la poetica della maternità, unica e straordinaria nel suo genere, della poetessa più femminile che io conosca.” (Alfia Milazzo)
Dall’incipit del libro:
MATERNITÀ
Io sento, dal profondo, un’esile voce chiamarmi:
sei tu, non nato ancora, che vieni nel sonno a destarmi?
O vita, o vita nova!… le viscere mie palpitanti
trasalgono in sussulti che sono i tuoi baci, i tuoi pianti.
Tu sei l’Ignoto.—Forse pel tuo disperato dolore
ti nutro col mio sangue, e formo il tuo cor col mio core;
pure io stendo le mani con gesto di lenta carezza,
io rido, ebra di vita, a un sogno di forza e bellezza:
t’amo e t’invoco, o figlio, in nome del bene e del male,
poi che ti chiama al mondo la sacra Natura immortale.
E penso a quante donne, ne l’ora che trepida avanza,
sale dal grembo al core la stessa devota speranza!…
Han tutte ne lo sguardo la gioia e il tremor del mistero
ch’apre il lor seno a un essere novello di carne e pensiero;
urne d’amore, in alto su l’uomo e la fredda scïenza,
come su altar, le pone del germe l’inconscia potenza.
È sacro il germe: è tutto: la forza, la luce, l’amore:
sia benedetto il ventre che il partorirà con dolore.

