Francesco Negri nacque a Ravenna nel 1623 da una famiglia dell’aristocrazia cittadina. Ricevette una completa educazione umanistica, ma oltre alla precoce propensione per la vita sacerdotale, ben presto rivelò anche doti non comuni nel campo delle scienze naturali e astronomiche che, unite a innate curiosità geografiche e a un personale gusto per l’avventura, lo portarono a interessarsi delle regioni settentrionali dell’Europa, tra le meno note e perciò maggiormente aperte ai progetti esplorativi. Invogliato dalla lettura dell’Historia de gentibus septentrionalibus, un libro pubblicato nel 1555 dall’umanista svedese Olaus Magno (1490-1557) e allora considerato la bibbia sulla Lapponia, benché non più giovanissimo si cimentò in un impegnativo tour, organizzato da lui stesso e a proprie spese (ma agevolato dai supporti logistici conseguenti alla sua nomina a prete missionario in Svezia), con lo scopo di giungere al Capo Nord. L’itinerario fu tortuoso: giunto a Danzica nel giugno del 1663, proseguì per Stoccolma attraverso il Baltico, risalì le coste svedesi insinuandosi nel golfo di Botnia, e continuò via terra fino a Tornio e poi nell’area di Kiruna in Lapponia; non riuscì però ad arrivare alla meta, e rientrò allora a Stoccolma, dove rimase un anno in qualità di cappellano dell’ambasciatore di Francia; sceso quindi a Copenhagen, e reimbarcatosi a Helsingør nell’ottobre del 1665, da Bergen riprese il viaggio dapprima per mare lungo le coste norvegesi, e poi per terra attraverso la regione di Finnmark, toccando infine l’agognato Capo Nord sugli sci: fu il primo viaggiatore italiano a raggiungere questo estremo lembo dell’Europa. Il viaggio gli diede un’ampia notorietà, e al rientro a Copenhagen venne ricevuto dal re Federico III di Danimarca.
Quando sul finire del 1666 tornò a Ravenna, da allora e fino alla morte il Negri fu attivo su due fronti: quello inerente alle attività ecclesiastiche come prete secolare, e quello finalizzato alla pubblicazione del resoconto del suo viaggio. Le incombenze più gravose e assorbenti furono connesse col sacerdozio: uomo di fede sincera e di disinteressata carità, divenuto nel 1678 titolare della parrocchia di Santa Maria in Coelos-eo nella città natale, si segnalò per numerosi interventi benefici a vantaggio dei poveri e dei concittadini, assistendoli financo nelle pratiche legali, e in specie nelle controversie relative alla caducità dei beni enfiteutici, materia nella quale divenne competente conoscitore. L’esperienza trascorsa nei paesi protestanti lo convinse anche a farsi promotore di iniziative volte a introdurre un più rispettoso contegno dei fedeli in chiesa e un più adeguato comportamento morale fra le gerarchie del clero, argomenti di cui trattò in vari memoriali oltre che nel discorso Della riverenza dovuta a’ sacri tempii, e del modo più facile, et efficace per conseguirla (Venezia 1688), suo unico lavoro a stampa pubblicato lui vivente.
Durante e subito dopo il viaggio non aveva scritto nulla sull’impresa in Finmarchia, a parte un certo numero di lettere indirizzate a vari amici e superiori nel corso delle esplorazioni. Queste epistole però finirono col circolare in un ambiente più vasto, riscossero un ampio interesse, e, debitamente riviste a ritorno avvenuto, lo indussero a predisporre un resoconto completo. Vi si accinse di buon grado, intrattenendo o approfondendo i rapporti con i personaggi svedesi e norvegesi che scendevano in quel tempo in Italia; con altri ancora mantenne proficui carteggi, e non mancò di farsi presentare alla regina Cristina di Svezia. Prese inoltre a documentarsi su libri e studi di geografia nordica per integrare le annotazioni appuntatesi nel viaggio, né tralasciò di visitare raccolte museali a Firenze e a Roma, entrando in relazione con Lorenzo Magalotti e, a Firenze, con Antonio Magliabechi, bibliotecario del granduca Cosimo III, nonché con lo stesso granduca, al quale nel 1679 illustrò le curiosità e i reperti portati dalla Scandinavia. E tuttavia mai fu capace di pianificare il lavoro in un disegno organico e con scadenze precise, un po’ per lo scrupolo perfezionistico sempre insoddisfatto, un po’ per l’esserne troppo spesso distolto da occupazioni non soltanto ecclesiastiche (fu tra l’altro uno dei fondatori della Biblioteca Classense), e un po’ per l’indole dispersiva e disordinata. Agli indugi non fu inizialmente estraneo il proposito di rendere l’opera ancora più esaustiva al compimento di un secondo progettato viaggio, dal quale infine fu distolto sia dall’età ormai avanzata sia per la difficoltà di ottenere sussidi che gli consentissero di realizzarlo, dopo aver cercato invano di concretizzare un fattivo appoggio del granduca. Nemmeno sulla struttura da dare al libro il Negri fino all’ultimo ebbe chiare le idee: dapprima pensò che sarebbe stato meglio suddividerlo in due tomi, uno dedicato alla Lapponia e alla Svezia, l’altro alla Norvegia e alla Finmarchia, salvo poi tornare all’idea di un volume unico, su consiglio unanime dei corrispondenti e amici ai quali premeva che il Viaggio venisse comunque pubblicato. Dopo vari e frustranti tentativi di cercare un editore non troppo esoso e sfumata la possibilità di farlo uscire a Bologna, da ultimo la scelta cadde sulla stamperia del seminario vescovile di Padova di recente istituita, e nel 1696 il Negri si adoperò per ottenere dalle autorità ecclesiastiche i permessi per la stampa del volume, dedicato a Cosimo III: troppo tardi, poiché sul finire del 1698 morì, e il libro avrebbe visto la luce solo due anni dopo per cura degli eredi.
Intitolata Viaggio settentrionale. Fatto, e descritto dal molto rev.do sig.r D. Francesco Negri da Ravenna, e scritta nello stile limpido di un osservatore acuto e insieme bonario che non rifuggì dal tradurre le citazioni latine in una esposizione intenzionalmente rivolta anche ai non eruditi, l’opera consta di otto lunghe lettere dirette a vari destinatari: la prima è dedicata alla Lapponia e si sofferma sugli usi e costumi del suo popolo; la seconda riguarda la Svezia e i suoi abitanti, e illustra la cerimonia inaugurale della Dieta degli Stati generali, cui l’autore fu ammesso mentre soggiornava a Stoccolma; la terza si sofferma sulla caccia alla foca (il “cane marino”); la quarta, sempre sulla Svezia, descrive alcune sconosciute manifestazioni naturali; sulla parte meridionale della Norvegia si appuntano invece le due lettere successive, che si intrattengono sulle usanze dei mercanti tedeschi di Bergen e su certe curiosità marine; la settima, ancora sulla stessa nazione, concerne le isole Lofoten e il fenomeno del maelström; l’ultima contiene il resoconto del viaggio in Finnmark fino al Capo Nord e informa sulla caccia alla balena.
Il libro, dalla critica valutato come la più significativa relazione odeporica apparsa tra il XVII e il XVIII secolo in Italia, è costantemente percorso da un sentimento di ammirata simpatia per gli abitanti dei paesi scandinavi e soprattutto dei Lapponi. Sottolineando più volte la generosa accoglienza che malgrado la sua povertà esistenziale questa popolazione non gli aveva tuttavia lesinato, il Negri ne delineò il carattere semplice ma forte e dignitoso, morigerato e temprato dalle durissime condizioni di vita nel proprio habitat, non senza rilevare come il Lappone fosse esente dalle più gravi malattie grazie a un’alimentazione sobria e al clima freddo, che a proprio parere contribuiva a mantenerlo tranquillo e raramente litigioso; sancendo implicitamente la sua superiorità per resistenza fisica e qualità morali rispetto a chi viveva nei paesi mediterranei, lo elevò a una reputazione che ribaltava radicalmente il giudizio assai poco lusinghiero espresso dal già ricordato Olao Magno (del quale contraddisse diverse affermazioni fantasiose e stravaganti sotto forma di ben argomentate Annotazioni in appendice al Viaggio), e in seguito in buona misura ripreso da Jean Scheffer, nel 1673 autore del libro Lapponia, seu gentis regionisque Lapponicae descriptio, tradotto in varie lingue.
Vissuto quando ormai la cultura seicentesca cominciava a soccombere alle nuove istanze razionalistiche, il Negri poté dimostrare l’erroneità di molte credenze suscitate da terre ancora misteriose e spaventevoli; ma, pur sempre figlio del suo tempo, continuò ad accreditare l’autorità delle fonti classiche o, in loro mancanza, le dichiarazioni di testimoni reputati attendibili per validare la verosimiglianza di quei fenomeni che esulavano dalle proprie risorse cognitive, e ritenne veritiere non poche dicerie bizzarre o assurde: come, per esempio, i volatili nati da conchiglie marine, le rondini svernanti sul fondo di laghi ghiacciati, o gli annegati tornati a vivere dopo giorni di immersione nell’acqua gelata. Sul piano narrativo prese forma, così, un’affabulazione sospesa tra il vero e il fantastico che nelle sue alternanze non infastidiva, ma anzi tanto più intrigava il lettore, ora coinvolgendolo nei rischi di inaudite avventure marine (quali la caccia alla foca e alle balene o le prospezioni di palombari ingabbiati in pionieristiche campane batiscopiche), ora catturandolo nell’arcano di taluni spettacoli naturali (come l’impressionante voragine del maelström, peraltro ridimensionato nella sua leggendaria spettacolarità), e ora proponendogli aspetti inediti di vita quotidiana (la gustosa descrizione della renna è da antologia): il tutto raccontato con un candore emozionale che riusciva a essere persuasivo, e invitava a credere reali anche le mordaci insidie di un serpente di mare “di prodigiosa grandezza” e un po’ giocherellone, o le invadenti apparizioni di “spiriti folletti” che sotto varie sembianze sopraggiungevano in diversi periodi dell’anno a complicare la vita degli svedesi.
Da parte sua, l’insolita e suggestiva ambientazione nordica, molto distante dalla sempre più consueta geografia di viaggio nei paesi del centro Europa e dell’impero ottomano, contribuiva a conferire alla sostanza del racconto un valore aggiunto di singolare efficacia, che dall’area mediterranea spostava il baricentro odeporico nell’Europa settentrionale e metteva a contatto con popoli che la letteratura romantica avrebbe riscoperto quasi due secoli dopo.
Bibliografia:
L’editio princeps del Viaggio è stata da non molto riedita in versione anastatica (Bergamo, 2000), ma continua a essere di riferimento fondamentale l’edizione critica curata da Carlo Gargiolli, benché priva delle tavole illustrative (Il Viaggio settentrionale di Francesco Negri nuovamente pubblicato a cura di Francesco Gargiolli, Bologna 1883): è la stessa qui riprodotta nella versione elettronica del progetto Manuzio, e dalla cui dettagliata introduzione si è tratto questo profilo, che ha pure tenuto conto degli aggiornamenti nella voce di M. Catucci nel Dizionario Biografico degli Italiani, 78 (2013), pp. 124-126 (consultabile anche in Internet), oltre che nel lavoro di S. Magni, Il viaggio settentrionale di Francesco Negri. La scoperta di Capo Nord e della Lapponia da parte di un italiano del XVII secolo, in “Italies, litterature, civilisation, societé”, 17-18 (2014), pp. 77-96 (pur esso disponibile in rete). Dall’opera del Gargiolli dipendono in pratica tutti coloro che si sono in seguito occupati della figura del Negri, comprese le voci enciclopediche e le meno stringate note introduttive nella successiva edizione del Viaggio settentrionale proposta da Enrico Falqui (Milano, 1929). Adeguate scelte sono nelle antologie Viaggiatori del Seicento, a cura di M. Guglielminetti, Torino 1967, pp. 49-52, 567-603, e in Scrittori italiani di viaggio, I (1700-1861), a cura di L. Clerici, Milano 2008, pp. 495-539. Per un giudizio sul valore letterario dell’opera, vd. E. Raimondi nella Storia della Letteratura Italiana diretta da E. Cecchi e N. Sapegno, V, Il Seicento, Milano 1967, pp. 301-305, oltre al profilo tracciato da M. Scotti, in Storia della letteratura italiana diretta da E. Malato, V, La fine del Cinquecento e il Seicento, Roma 1997, pp. 1154-1155. Sulle vicende editoriali dell’opera è illuminante il saggio di A. Aresti e V. Nigrisoli Wärnhielm, Per una nuova edizione del Viaggio settentrionale (1700) di Francesco Negri, in Italianistica 2.0. Tradizione e innovazione, “Atti del XII Congresso Internazionale degli Italianisti della Scandinavia”, Helsinki – Tallin 13-14 giugno 2019”, Helsinki 2020, specie pp. 83-91 (presente pure in internet).
Biografia e bibliografia riviste e accresciute – aprile 2024
Note biografiche a cura di Giovanni Mennella
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Il viaggio settentrionale
Pubblicata postuma nel 1700, quest’opera di Francesco Negri (1623-1698), il primo viaggiatore italiano a raggiungere Capo Nord, è considerata il più significativo libro italiano di argomento odeporico apparso fra il XVII e il XVIII secolo.